(Italiano) Un mondo migliore ha meno violenza e guerra
ORIGINAL LANGUAGES, 12 Dec 2016
Johan Galtung | Centro Studi Sereno Regis – TRANSCEND Media Service
The National Society of High School Scholars, Premio per il Miglioramento del Mondo Claes Nobel, Centro Carter, 3 dicembre 2016
Sono molto grato per il Premio per il Miglioramento del Mondo Claes Nobel 2016 – intitolato a Claes, pro-pronipote di Alfred – e alla NSHSS (Associazione Nazionale per Studiosi di Scuole Superiori) con sede al Centro Carter qui ad Atlanta (Georgia, USA).
Inizio col lodarvi per la vostra dedizione all’Istruzione, con riguardo specifico all’istruzione superiore – centrale, dopo la scuola materna ed elementare e prima dell’università – a insegnanti e studenti in apprendimento e svolgimento di ricerche, trattandoli con rispetto e conferendo dignità.
La società ha istituzioni, come la famiglia, il lavoro e l’economia. Gli sport ottengono troppa attenzione; l’istruzione troppo poca.
La politica concerne il condurre e l’essere condotti, l’apparato militare riguarda l’uccidere per non essere uccisi. Questi due ambiti espongono a guai. Questo pomeriggio ho sentito molto su conduzione, condottieri, condotti. Führer e Duce sono termini rispettivamente tedesco e italiano per guida/condottiero, “duce” ha a che fare anche con educare. Hitler e Mussolini. Attenzione: si tratta di concetto verticale e gerarchico anche senza nazismo e fascismo. Oggi vogliamo scenari sociali orizzontali, in cui le persone intrattengono rapporti equi e armoniosi, mediante associazioni e reti condivise, orizzontali e inclusive. Per una reciproca inspirazione.
A proposito di uccisioni: gli USA hanno ucciso più di 20 milioni di persone in 37 paesi solo dopo la 2^ guerra mondiale, dal 1945; e sono intervenuti militarmente 248 volte in altri paesi dacché Thomas Jefferson inizio in Libia nel 1801. 20 milioni di persone uccise vuol dire 200 milioni di persone in lutto, “menomate” – famigliari, amici, vicini, colleghi. Che non si adattano tanto facilmente a questo tipo di leadership USA.
E neppure un secolo prima due gruppi di [nord]americani praticarono fra di loro quelle stesse competenze belliche e quel tipo di leadership: la Guerra Civile.
Così fu la storia. E la soluzione dei conflitti sottostanti?
Invece del compromesso della vergogna del 1850, “mantenere la schiavitù ma eliminare la confederazione”, se fosse stato magari “mantenere molta autonomia, ma eliminare la schiavitù”, per una Comunità degli Stati Americani, non U.S.A bensì C.A.S? E nel 1924, se si fosse lasciato perdere il Trattato di Versailles, togliendo di mezzo la miglior carta di Hitler?
Questo è il genere di cose su cui lavoro. Parlando con tutti i coinvolti, non criticando, non pontificando; semplicemente chiedendo “come sarebbero USA-Germania-Afghanistan-Medio Oriente-Europa-Ucraina-Occidente/Islam-mondo dove ti/vi piacerebbe vivere, che ti/vi piacerebbe vedere?” In termini più semplici, chiedere Che c’è (degno di nota)? facendosi dare risposte dettagliate.
Donald Trump: il New York Times ha chiesto al generale James Mattis (Segretario alla Difesa da lui designato): “Non vinciamo più guerre. Che ci voglia il waterboarding [tortura di ripetuto quasi-affogamento]?” Generale Mattis: “Non l’ho mai trovato utile. Datemi delle sigarette e bevande, e faremo di meglio”. Creare l’atmosfera, parlarci.
Farsi dare gli obiettivi di tutti i contendenti, verificarne la legittimità, e poi creare ponti fra gli obiettivi legittimi di tutti con creatività. Lavorando su 150 conflitti con innumerevoli dialoghi, non ho mai trovato alcun contendente senza almeno un punto ragionevole su cui poter costruire.
La prima volta fu nel 1958, a Charlottesville in Virginia. Ci arrivai coi miei studenti del mio corso di laurea sui conflitti alla Columbia University, in sociologia, e facemmo circa 2000 interviste sulla desegregazione, dal 1954 legge sovrana federale intesa a dividere “con tutta [la] velocità [intenzionale]” i neri dai segregazionisti bianchi dagli integrazionisti bianchi. La città voleva la desegregazione, ma in modo pacifico. Conoscevamo tutte le parti in causa, e ci venne in mente un’idea che rese compatibili quelli che parevano due obiettivi incompatibili.
Non mi sfugge che collaborate con la CIA per il reclutamento, possibili posti di lavoro. Non è la mia istituzione preferita, facendosi nemici col definirli tali, optando per le uccisioni extra-giudiziarie, rendendo gli USA il leader mondiale della tortura, praticandola, con le rendition [rapimenti d’indiziati stranieri per estorsione d’informazioni “sensibili” e/o ricatto/rappresaglia, ndt], insegnandole ad altri, oltre a contribuire a fare degli USA il paese più bellicoso al mondo.
E se si rendesse la CIA un’istituzione migliore, più positiva?
Non torturando i “terroristi” catturati, bensì chiedendogli che cosa vorrebbero veder realizzato, quali siano i loro obiettivi. Non cominciando a pretendere che abbassino le armi, che non ci siano più IED (= ordigni esplosivi improvvisati); cominciando invece chiedendogli perché pensino che gli servano le armi. È probabile che ci si trovi qualcosa di ragionevole; com’è successo a me con tre talibani in Afghanistan, con Al Qaeda da qualche parte, con il Dipartimento di Stato USA e un generale del Pentagono a Washington (DC); tutti molto violenti.
Non dire: ‘Fatelo! Non fatelo!’, fatelo o non fatelo voi stessi. Come diceva Gandhi: “Siate il futuro che volete vedere!” Non diceva: ‘Predicate’.
Forse pensate, come me, di aver scoperto qualcosa come, ‘Volendo ridurre la violenza e la guerra con uccisioni & violenza, si coltiva solo altra violenza; risolvere invece conflitti, guarire traumi’. Piuttosto identificare e risolvere i conflitti soggiacenti. Parlino le proprie azioni, gli atti, non le parole, gli ammonimenti. Sia il proprio stato di servizio a farsi sentire, anziché un disco.
Poi, quando qualcuno chiede come lo si faccia, o come la si pensava prima di risolversi a farlo, ebbene, lo si condivida, a cuore aperto, senza segreti in alcun ambito, sollecitando quesiti difficili, essendo grati, imparando dagli altri.
Stiamo potenzialmente parlando di risparmiare migliaia, milioni di vite umane – da moltiplicare per un fattore di almeno 10 tenendo conto dei menomati (le vittime indotte) e aggiungendo l’effetto promotore di culture e strutture di guerra e di violenza.
Manco a dirlo, non monetizzare mai. Le vite umane non hanno prezzo; recano in sé il più prezioso di tutti i doni, la vita. Non toglierla, crearla, preservarla, alla fine sarà la natura a porle fine.
L’impagabile non ha prezzo.
Così facendo, non competere con chicchessia. Anzi, meglio l’esortazione buddhista: competi con te stesso; chiedendoti come far meglio quel che fai.
E quando affronti la critica più aspra, chiediti sempre: “C’è qualcosa di rilevante in questo, qualcosa da cui posso imparare?”
È in arrivo Natale, la vostra A Cappella ha cantato di Rudi la renna dal naso rosso; rara in Georgia, ma non nel mio paese di renne, la Norvegia; a mandrie, a migliaia, con il manto stagionale, in armonia con la natura, corrono, nuotano. Hanno un leader? Oh sì, un qualche vecchio maschio riconosciuto dalle altre renne perché conosce e condivide le astuzie; praticandole.
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Titolo originale: A Better World Has Less Violence, War
Traduzione di Miki Lanza per il Centro Studi Sereno Regis
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