(Italiano) Riflessioni su “La rivoluzione disarmista” di Carlo Cassola (Rizzoli, 1983), a oltre trenta anni dalla sua pubblicazione
ORIGINAL LANGUAGES, 2 Jan 2017
Alberto L’Abate – Centro Studi Sereno Regis
12 dicembre 2016 – Il libro parte dai quattro cavalieri dell’apocalisse che, nella Bibbia, annunziano quattro flagelli per l’umanità: la fame, la peste, la guerra e la morte. Scrive, a questo proposito, Cassola: “I due flagelli biblici della peste e della fame sono stati domati in epoca moderna (quello della fame solo in Europa) con sollievo generale. Il flagello biblico della guerra continua ad esistere con sopportazione generale”(sottolineatura del recensore), malgrado il rischio di portarci, con una guerra atomica, alla fine del mondo. E’ per scuotere l’opinione pubblica del nostro, e di altri paesi del mondo, da questa “sopportazione generale”, ed invitare le persone a darsi da fare attivamente per evitare questo rischio che Cassola scrive questo libro, che è praticamente il suo testamento politico-intellettuale.
Trattando poi il tema delle rivoluzioni avvenute, quella cristiana, quella francese, e quella russa, e facendo una storia anche piuttosto dettagliata di queste, parla di “rivoluzioni incompiute”, in quanto tutte, pur partendo da scopi bellissimi, la prima per dare vita ad un mondo pieno di amore, la seconda per superare la società autoritaria e dar vita ad una vera democrazia, e la terza per dare vita ad una società socialista, basata sull’uguaglianza di tutti i cittadini, hanno tutte dimenticato i loro obbiettivi di fondo.
E questo perché il Cristianesimo, che era inizialmente contro tutte le guerre e rifiutava gli eserciti, a causa dell’accordo con l’imperatore Costantino, ha rinunciato a tale impostazione, accettando sia il potere statuale sia gli eserciti; la Rivoluzione francese, che si poneva gli obbiettivi di “Libertà, Uguaglianza, Fraternità” li ha dimenticati tutti, con Danton, per dar vita ad un regime dispotico che tagliava le teste a tutti coloro che non la pensavano come lui; e quella Russa, che voleva dar vita ad un regime socialista, basato sulla pace e la convivenza tra i popoli, perché, con Stalin, ha dimenticato l’internazionalismo proletario, cercando di creare il socialismo solo all’interno della Russia, ed usando anch’egli la violenza di stato per far fuori tutti i dissidenti politici del suo regime.
Da questo Cassola deduce che per portare avanti gli obbiettivi validi ma dimenticati di queste rivoluzioni perché tutte finite nell’accettazione della guerra e della violenza, è necessaria un’altra rivoluzione, quella disarmista (che definisce anche nonviolenta) che rimetta in auge un obbiettivo di fondo della rivoluzione comunista, e cioè l’”internazionalismo”, ovvero la “fratellanza fra i popoli” (vedi p. 52). A questo proposito scrive Cassola : ”la rivoluzione è la scopa della storia. Deve spezzare via il vecchiume in tutte le sue forme, cominciando dalla divisione del mondo in tanti Stati” (p. 54). E precisa, altrove, che per far questo una delle prime cose da mettere in atto è l’ abolizione di quegli strumenti che sono all’origine di tutte le guerre e di tutte le violenze, l’esercito e le armi, perché scrive:
” Due cose sono certissime: 1) armi = guerra; se vogliamo evitare la guerra, dobbiamo distruggere le armi: non esiste una terza possibilità; 2) armi atomiche = fine del mondo. Vogliamo stare con le mani in mano ad aspettare che gli statisti facciano i loro calcoli sbagliati? Dopo che il previsto sterminio parziale si sarà trasformato in sterminio totale, sarà troppo tardi per intervenire. Dobbiamo intervenire adesso, subito….Una volta tanto il senno del poi non sarà possibile. Dobbiamo avere il senno del prima” (p.116). E spera che il nostro paese, che lui ama profondamente, possa essere il primo ad iniziare questo processo, perché, scrive :”E’ certo che, disarmato, il nostro Paese non sarebbe soltanto molto più prospero e civile: anche molto più sicuro” (p. 136).
2) Fine del mondo a causa delle armi nucleari?
Prima di affrontare questo problema, e quello che si potrebbe e dovrebbe fare, nel nostro paese, dato che la nostra Costituzione, all’art. 11, “ripudia la guerra come arma di offesa”, per portare avanti quella rivoluzione nonviolenta e disarmista predicata da Cassola, ritengo importante affrontare un altro tema, anche questo sostenuto da Cassola, e cioè il rischio della fine del mondo a causa di una guerra nucleare.
Cassola, nel suo libro, non è molto ottimista, e facendo sue le previsioni di Robert Jungk, un famoso futurologo austriaco1, prevedeva che, se non fosse cambiata la politica a livello mondiale, la sopravvivenza del pianeta sarebbe stata di circa 30 anni; e cioè, non molto oltre il 2013. Li abbiamo già passati da qualche anno, e malgrado che la rivoluzione disarmista non sia avvenuta (tranne il caso del Costa Rica di cui parleremo più tardi), il pianeta è ancora vivo, anche se pieno di guerre (che Papa Francesco ha definito “la terza guerra mondiale a pezzi”). Hanno sbagliato Jungk e Cassola, o è avvenuto qualcosa che ha modificato la storia?
Quel qualcosa importante è stato sicuramente l’accordo INF tra Reagan e Gorbaciov che, nel 1987, ha deciso di eliminare i missili a media portata, puntati gli uni contro gli altri, sia dell’Est che dell’Ovest. E’ stato quest’accordo che ha portato anche allo smantellamento dei missili Cruise che erano stati impiantati a Comiso, e che il libro di Cassola ricorda riportando nella copertina, la foto di uno dei manifestanti ad una marcia contro questa installazione.
Ma sul come siamo arrivati a questo accordo c’è stato, e c’è tuttora, una polemica aperta tra i pacifisti, che rivendicano l’importanza delle loro lotte contro l’impianto di questi missili, ed i governi USA ed italiani, che rivendicano invece, come motivo principale dell’accordo, proprio l’impianto stesso di questi missili, polemica di cui cercheremo di rendere conto.
A sostenere l’importanza dell’installazione dei missili Cruise in Italia, e Pershing 2 in Germania, per il raggiungimento dell’accordo tra USA ed URSS per la riduzione dei missili a lunga gettata, è stato Richard N. Gardner, che era l’ambasciatore USA mandato in Italia proprio per fare accettare al nostro paese questi missili 2. La sua tesi è molto chiara: i sovietici, con Breznev, avevano superato i missili precedenti impiantandone dei nuovi, molto più potenti, gli SS20, che minacciavano l’Europa. L’impianto dei nuovi missili in Italia ed in Germania avevano ristabilito l’equilibrio e convinto i russi a trattare. Questa tesi è stata appoggiata, e sostenuta, anche da due importanti giornalisti italiani, Arrigo Levi e Adriano Sofri. Levi, che ha scritto anche l’introduzione al libro di Gardner, dice: “Il bilancio dei fautori degli euromissili è netto. Essi costrinsero i sovietici a tirarsi indietro, li portarono al negoziato sul disarmo ed alla fine allo smantellamento reciproco dei due sistemi, firmato nel 1987 da Reagan e Gorbaciov, vigilia dello sfaldamento dell’impero militare sovietico”. Anche Adriano Sofri, in un articolo su “La Repubblica”, del 28 settembre 2004, intitolato :”La grande illusione del pacifismo”, sostiene che l’installazione dei missili in Italia e Germania è stata fondamentale per arrivare a quell’accordo. Scrive Sofri, dopo aver tacciato di ingenuità i “pacifisti”, tra i quali annovera sé stesso: “Quella nostra decisione [cioè, quella del governo di accettare l’installazione dei missili] contribuì in modo straordinario, forse persino decisivo, alla caduta dell’impero sovietico ed alla fine del comunismo”.
La tesi opposta, a sostegno dell’efficacia delle lotte, non solo in Italia ma in tutto il mondo, contro l’impianto dei missili Cruise e Pershing2, per il raggiungimento di quell’accordo, è sostenuta invece da uno storico dell’Università di Stato di New York, Lawrence Wittner3 , che ha scritto tre volumi sull’importanza delle lotte antinucleari per la politica del suo paese. La tesi di Wittner è quella che la politica aggressiva di Reagan, ed il suo discorso del marzo 1983, che definiva l’Unione Sovietica “l’impero del male“, avevano portato ad un incremento degli armamenti atomici in Russia, anche perché, secondo un membro dello Stato Maggiore Sovietico: “ i militari, le Forze armate, lo utilizzarono come pretesto per iniziare una preparazione molto intensa ad un nuovo stato di guerra…iniziammo a fare importanti esercitazioni a carattere strategico…Potemmo anche sperimentare la situazione in cui una guerra convenzionale può trasformarsi in una guerra nucleare” 4. E Wittner accenna poi, come quel clima di scontro totale portò, nel novembre del 1983, durante l’esercitazione NATO definita “Able Archer”, vicina ai confini dell’Unione Sovietica, a far credere al governo sovietico: “che sotto le apparenze di una esercitazione si stava preparando un attacco militare americano contro l’Unione Sovietica. Di conseguenza, furono allertate le forze nucleari sovietiche… e furono preparate per l’azione”5. Perciò, in complesso, a causa della politica aggressiva verso L’Unione Sovietica tenuta fino a quel momento da Reagan il ”mondo fu esattamente sull’orlo dell’abisso nucleare”6. Per fortuna i servizi segreti inglesi si accorsero di quel fatto, avvisarono gli USA, le esercitazioni furono interrotte e la guerra nucleare fu evitata.
Ma a cosa si deve, allora, secondo Wittner, la fine della guerra fredda e la firma dell’accordo tra Reagan e Gorbaciov? Secondo lui i movimenti antinucleari occidentali hanno avuto un ruolo non secondario nel far modificare la linea dura del primo Reagan. Scrive: “colpito dalle proteste antinucleari, ostacolato dal Congresso, disturbato da alleati non facili, e confrontato con una ostinata leadership sovietica, Reagan finì per ammorbidire la sua linea dura. La sua amministrazione iniziò dei negoziati sul controllo degli armamenti, sostenne l’opzione zero per gli euromissili7, venne a compromessi sulle armi nucleari strategiche, e rispettò i limiti del mai ratificato trattato SALT II”8. Nel proseguo della sua argomentazione Wittner porta vari altri elementi, tra cui documenti da parte sovietica, a favore dell’importanza del movimento antinucleare ai fini della firma del trattato INF non solo per Reagan, ma anche per Gorbaciov stesso.
Personalmente concludo con questa frase il paragrafo, citato, da me scritto su questo tema: “Anche la partecipazione di Gorbaciov al funerale di Papa Woitila, che, come polacco, aveva molto contributo alla caduta del comunismo nel suo e negli altri paesi dell’ex Unione Sovietica, è una conferma di quanto scritto da Alex Langer che ‘Radio Free Europe o Radio Vaticana hanno fatto probabilmente di più per la destabilizzazione dei regimi dell’Est che non le divisioni della NATO’”9.
In complesso, dopo aver letto quanto scrive Wittner, e vista la sua documentazione, molto completa, che tiene conto anche di quella di parte sovietica, mi sembra del tutto confermato il ruolo importante, anche se non unico e decisivo, delle lotte nonviolente sia di Comiso, che di molte altre parti del mondo, contro l’impianto dei missili in Europa, per il raggiungimento dell’accordo INF tra Reagan e Gorbaciov.
3) L’impegno per la Pace di Cassola
Ma tornando a Cassola, questi è sicuramente uno dei grandi scrittori italiani del 900 (Roma, 1917- Montecarlo di Lucca, 1987) che, per i suoi racconti e romanzi, ha vinto quasi tutti i più importanti premi letterari del nostro paese, i cui i libri sono stati tradotti in molte lingue, alcuni dei quali hanno avuto un notevole successo di pubblico (oltre 100.000 vendute), e del quale vengono ristampati vari testi anche attualmente10. Ma è sicuramente meno noto per la sua attività di pacifista alla quale ha dedicato molto impegno, soprattutto dal 1976 alla morte. Nel 1976, il 2 novembre, invitato a Napoli al Congresso del Partito Radicale Italiano, fa un intervento su, Per il disarmo unilaterale dell’Italia; nel 1978, il 30 aprile, fonda a Firenze la “Lega per il Disarmo Unilaterale”. Di questa faranno parte anarchici come Mazzucchelli di Carrara, cattolici come Padre Ernesto Balducci, e membri del Movimento Nonviolento, come Pietro Pinna. Ma sull’argomento del disarmo, oltre alla Rivoluzione disarmista, di cui stiamo parlando, è stata pubblicato anche, a cura di D. Tarizzo, Carlo Cassola: letteratura e disarmo. Intervista e testi, Mondadori, Milano, 1978; C. Cassola, Contro le armi, Ciminiera, Marmirolo (Reggio Emilia), 1980; C. Cassola, Il diritto alla sopravvivenza, con introduzione di Roberto Guiducci, EurostudioPocket, Torino, 1982; C.Cassola e A.Gaccione, a cura di A.Zanotti, Disarmo o barbarie, New Magazine, Trento, 1984; C. Cassola, Letteratura e disarmo, atti di un convegno tenuto a Firenze, al Palazzo Vecchio, nel 1987, pubblicati dalla Lega per il Disarmo Unilaterale, Massarosa Offset, Lucca, 1988. Come si vede anche da questi scritti il suo è stato un impegno non episodico ma profondo, che ha avuto molto meno spazio ed attenzione – vedi gli editori spesso marginali di molti di questi testi – rispetto ai suoi scritti letterari. Ma questo non vuol dire affatto che siano di minor valore degli altri. Solo che il pubblico italiano era meno interessato a conoscere il suo pensiero su questi temi che a leggere i suoi racconti o i suoi romanzi. Questo, del resto, corrisponde molto bene ai risultati delle nostre ricerche dalle quali risulta che la maggior parte delle persone intervistate si dichiara, a parole, “nonviolenta”, ma se si va a vedere i loro reali comportamenti, la percentuale si restringe moltissimo, ed infine se si cerca di capire cosa la gente pensa della “nonviolenza”, si vede che c’è una grande confusione: molti la considerano l’equivalente del riformismo, cioè dell’accettazione delle regole della democrazia nella quale viviamo (o dovremmo vivere), e l’idea della “disobbedienza civile”, che è una delle armi più efficaci della lotta nonviolenta, non è per niente compresa; inoltre la maggioranza delle persone, giovani o anziani, alla domanda come si comporterebbero di fronte ad un avversario che agisse contro di loro con violenza, risponde che si sentirebbero costrette ad usare anche loro la violenza, altrimenti si sentirebbero vigliacche11. Come si vede, la lontananza del pensiero del pubblico normale rispetto alla proposta di Cassola di una rivoluzione disarmista e nonviolenta è molto elevata.
4) Il rischio di morte nucleare è sempre attuale?
Eppure, questo libro di Cassola sulla Rivoluzione disarmista, di cui stiamo parlando, è di una attualità spaventosa, come è emerso anche questa estate, a Comiso, in un incontro per riflettere sull’importanza delle lotte di Comiso per la situazione attuale del nostro paese. L’incontro, presso la Fondazione Bufalino, al centro di Comiso, si è svolto nelle ore serali rispetto all’assemblea dei comproprietari della Verde Vigna (svolta, di mattina, nel suo boschetto). La Verde Vigna è l’unico dei Campi per la Pace ancora esistente a Comiso: i gruppi locali che hanno partecipato alle lotte contro i missili, tra i quali sono anche dei comproprietari di questo terreno, hanno chiesto che non venga né smantellato né venduto, come era stato proposto, ma trasformato in un “Centro di Document/Azione e Form/Azione alla Nonviolenza e ad uno Sviluppo Eco-sostenibile”.12 Una delle relazioni agli incontri serali, molto informata e documentata, è stata quella di Alfonso Navarra (giornalista di Milano, comproprietario di questo terreno con alloggio)13 che è l’attuale segretario nazionale della Lega per il Disarmo Unilaterale. Essa si intitola: “La follia del nucleare. Come uscirne”. La relazione completa, in power point, può esser e scaricata dal link inserito nella nota. Dato però che questa ha una stretta attinenza al libro di Cassola, ed è una dimostrazione concreta della sua attualità, cercherò qui di darne, una sia pur veloce, presentazione14.
Tra i rischi di esplosione della guerra nucleare, Navarra cita, oltre al caso dell’esercitazione “Able Archer”, avvenuto nel novembre 1983, già visto nel testo di Wittner, anche un fatto, quasi del tutto sconosciuto fino a poco tempo fa , avvenuto prima, e cioè nel 26 settembre 1983. In quel giorno un colonnello russo, Stanislav Petrov, addetto ai sistemi di sorveglianza elettronica del suo paese, pur avendo visto nel computer cinque missili diretti contro Mosca, convinto che fosse un errore del computer stesso, non ne ha dato notizia ai suoi superiori. E così ha salvato il mondo da una catastrofe nucleare. Le Nazioni Unite sono venute a conoscenza di questo caso ed, in suo onore, hanno dedicato il 26 settembre di ogni anno alla prevenzione delle guerre. E sul caso Petrov è stato fatto anche un film, nel quale il colonnello è interpretato da Kevin Costner, intitolato: “The man who saved the world”15 .
Ma Navarra, nella sua relazione, fa vedere come il problema, malgrado l’accordo INF che ha portato alla eliminazione dei missili a raggio intermedio ed alla diminuzione delle testate da 100.000 a 20.000, sia sempre presente, e cita almeno altri quattro casi in cui il rischio di ecatombe nucleare si è ripetuto. Sostiene anche come il Trattato di Non Proliferazione (TNP) del 1 luglio 1968, non funzioni bene. Questo prevede che i paesi che hanno bombe nucleari (9 attualmente) si impegnino a non fornire aiuto ad altri paesi per farle, ma nello stesso dovrebbero darsi da fare per eliminare le loro, cosa che invece non fanno, preoccupati solo che non nascano altri paesi nucleari. Il trattato, inoltre, che si dovrebbe rivedere ogni 5 anni, ha visto l’ultimo incontro, del maggio 2015, fallire miseramente. E questa preoccupazione che si limita a cercare di evitare nuovi paesi nuclearizzati (malgrado il fatto che ne siano nati altri come il Bangladesh e l’India), senza darsi da fare per eliminare le proprie armi di questo tipo, aumenta il distacco tra chi ha la bomba e chi non l’ha ancora, e rende la situazione mondiale sempre incerta ed estremamente pericolosa. Infatti le bombe nucleari attuali, soprattutto le 2000 sempre in stato di allerta permanente, ognuna delle quali 30 volte più potenti di quelle di Hiroshima e Nagasaki, possono essere lanciate in meno di 15 minuti per ordine di un Capo di Stato, con l’idea prevalente che chi la lanci per primo vinca, lasciano il mondo in stato di continuo pericolo. La relazione di Navarra, come dice nel titolo, indica anche le strade per uscire dalla follia del nucleare, ma questo lo vedremo più tardi dopo aver accennato ad un’altra relazione, presentata quella stessa sera, da uno degli studiosi più accreditati della militarizzazione della Sicilia (e non solo di questa regione), Antonio Mazzeo. Questi, che è stato molto attivo anche nelle lotte contro i missili a Comiso, ne ha raccolta la documentazione principale: si veda di lui “Memoria Comiso”, un CD con foto, articoli di giornali, e documenti vari su quelle lotte16. Mazzeo ha fatto presente, che malgrado la vittoria contro i missili di Comiso, la militarizzazione della Sicilia è andata avanti tanto da rendere questa isola una “ immensa portaerei superarmata nel cuore del mediterraneo”.
Uno di questi nuovi insediamenti è la collocazione, a Niscemi, a circa 19 km da Comiso, di una stazione di telecomunicazioni satellitari della marina militare statunitense, il M.U.O.S. (Mobil User Objective System). Il Muos dovrà assicurare il collegamento tra le varie parti della rete militare USA (tra queste anche i droni , aerei senza piloti, che sono considerati le armi del futuro) moltiplicando per 10 la velocità e la quantità delle informazioni trasmesse nell’unità di tempo “rendendo sempre più automatizzati e disumanizzati i conflitti del XXI secolo. Con la conseguenza di accrescere sempre più il rischio di guerra …anche per un mero errore di elaborazione da parte dei computer”.
L’impianto è collocato all’interno della Riserva Naturale della Sughereta di Niscemi, un sito di interesse comunitario per la salvaguardia degli alberi da sughero in processo di estinzione. In questa, secondo il Piano territoriale della Provincia di Caltanisetta: “Non è concesso realizzare nuove costruzioni e infrastrutture, compresa l’installazione di antenne e tralicci”. La collocazione di questo impianto è considerato, dagli esperti, insostenibile per l’ambiente rischiando di provocare “danni gravi e permanenti alle persone incidentalmente esposte a distanze inferiori ai 20 Km.”, danneggiando anche gravemente la fauna del luogo. Inoltre le onde elettromagnetiche hanno pesantissimi effetti sul traffico aereo, in particolare su quello dell’aeroporto di Comiso, provocando : “gravi interferenze nella strumentazione di bordo di un aeromobile che dovesse essere investito accidentalmente”, e nei riguardi di aeroporti militari, non troppo distanti, dai quali partono aerei con missili ed altre bombe: “le interferenze generate dalle antenne del MUOS possono arrivare ad innescare accidentalmente gli ordigni trasportati”.
Anche grazie all’importante contributo di alcuni dei principali attori delle lotte di Comiso, come lo stesso Mazzeo (di Messina), Pippo Gurrieri (anarchico di Ragusa), e Turi Vaccaro (protagonista di tante spericolate iniziative non solo in questa zona) il movimento si è venuto organizzando fin dal 2008, ed ha dato vita, nel 2012, al Coordinamento dei vari comitati NoMuos, costituitisi in varie località siciliane, che hanno portato avanti una molteplicità di iniziative (organizzazione di un presidio di fronte alla base, manifestazioni di massa, marce, blocchi stradali, due invasioni della base in tempi diversi, ecc., che hanno suscitato reazioni molto diverse: da parte della polizia, botte ed arresti, da parte della magistratura : il TAR nel febbraio 2015, dichiara abusivo il MUOS per assenza di autorizzazione valide, e ne fa fermare i lavori; la Pretura di Caltagirone il 1 Aprile 2015, sequestra l’impianto della base, sequestro confermato dal Tribunale del Riesame di Catania, convalidato il 25 gennaio 2016 dalla Cassazione. Ma il Consiglio di Giustizia Amministrativa (CGA) della Regione Siciliana, il 6 maggio 2016, annulla di fatto la delibera del TAR, è riesce a fare riaprire il MUOS, mentre molti dei manifestanti (compreso Tury Vaccaro, che è addirittura salito in cima al MUOS martellandone alcune transenne) sono ancora sotto processo per le loro azioni. I legali del movimento si sono appellati contro la decisione del CGA, secondo loro molto lacunosa ed incompleta; quindi il problema è sempre aperto: potrà il movimento di base sconfiggere gli interessi militari degli USA di cui l’Italia è un alleata molto sottomessa e succube? I dubbi sono molto alti a meno di una forte ripresa delle lotte contro questo strumento di morte non solo da parte dei siciliani, ma anche a livello italiano , europeo e mondiale come è accaduto per la lotta contro i missili di Comiso. Come ha sottolineato, infatti, con forza Mazzeo nella sua relazione, questo strumento rende estremamente più rischioso il futuro dell’ intera umanità, visto i rischi già attuali ed i tanti errori verificatisi di elaborazione e trasmissione di dati informatici. Per queste ragioni i movimenti siciliani che hanno lottato, e stanno ancora lottando, contro questo “mostro” Usa nel loro territorio, chiedono l’aiuto del Movimento per la Pace Italiano, ed Europeo, che, finora, li hanno lasciati soli.
5) La lotta di Comiso e le altre lotte nonviolente italiane
Dall’incontro, e dalle mostre sulle lotte di Comiso, presentate in quella occasione, é emerso un collegamento molto stretto tra queste lotte e quelle portate avanti in altre parti d’ d’Italia, sia dai NOTAV della Val di Susa, e di altre parti d’Italia (come, ad esempio, a Firenze); sia per le lotte di Vicenza contro l’ampliamento della base militare USA (Dal Molin), sconfitte per il momento dato che la base USA si è ingrandita, ma che hanno ottenuto, almeno, una parte del territorio per dar vita ad un “Parco della Pace” all’interno del quale è prevista anche la costruzione e l’istituzione di un Centro per la Formazione di Corpi Civili di Pace, da utilizzare per la prevenzione dei conflitti armati; sia infine, la lotta contro il MUOS. Molti dei protagonisti sono gli stessi che lottavano a Comiso. Infatti molti comproprietari della Verde Vigna, sia individuali che collettivi, sono impegnati anche in queste altre lotte, inoltre i metodi nonviolenti utilizzati sono o simili a quelli di Comiso (ad esempio per l’acquisto di terreni a metro quadro, per la sorveglianza dei lavori, per il ruolo delle donne). L’importante ruolo avuto dalle donne della “Ragnatela” a Comiso, è simile a quello delle “Mamme NOMUOS”, ed a quello che a Firenze stanno portando avanti le “Mamme non inceneritore”. C’è inoltre una somiglianza tra gli obbiettivi di fondo di tutte queste lotte, non solo evitare un danno per il proprio territorio, ma anche rimettere in discussione tutto il modello di sviluppo del mondo occidentale che sta arricchendo i pochi, sia come persone che come paesi, ed impoverendo, ed affamando, tutti gli altri, e che è estremamente responsabile delle guerre perché considera “difesa”, non tanto l’evitare che altri invadano il proprio territorio, ma anche che venga reso difficile, o impedito, l’accesso a fonti energetiche dure (come il petrolio, il gas, il coltan – per gli strumenti informatici – ecc.) di cui l’attuale sviluppo occidentale (ormai non solo tale dato che sia l’India che la Cina l’hanno assunto come proprio) ha bisogno per mantenere il proprio stile di vita17.
6) Che fare?
La risposta alla domanda sul “che fare?” è sempre la più problematica. Si rischia di cadere o su affermazione banali, ormai scontate, oppure di lanciare proposte utopistiche, mai realizzabili. Per evitare questi due estremi cercherò di attenermi a quella “utopia concreta possibile” che ci ha insegnato Ernst Bloch18: la speranza è quella che ci apre la porta verso l’ “utopia possibile”, che ci indica la strada da percorrere per raggiungere un obbiettivo lontano ma conseguibile. Speranza quindi come creatrice della storia, anticipatrice di questa, ma soggetta al rischio, all’incertezza, perché deve continuamente lottare per un futuro “nuovo”, e stare sempre “al fronte”, basata, com’ è, sull’”ottimismo militante”.
Le considerazioni di questa parte si concretizzano in tre importanti asserzioni, ognuna delle quali cercherò di illustrare nei dettagli, per non lasciare, nel lettore, dubbi sulla possibilità, di realizzarle. Le tre asserzioni sono: 1) necessità di mettere in moto un processo che ci aiuti a superare la globalizzazione del Mercato e del Capitale, attraverso la globalizzazione delle lotte dei popoli del mondo che, dal basso, portino avanti una rivoluzione nonviolenta e disarmista; 2) possibilità di vivere senza esercito, concentrando i risparmi sull’istruzione e sull’ambiente, prosperando economicamente, e difendendosi, se necessario, con la Difesa Popolare Nonviolenta; 3) mantenere fede all’insegnamento del grande maestro Piero Calamandrei che ci invitava, non a modificare la nostra Costituzione, ma a realizzare concretamente i vari ed importanti diritti da questa riconosciuta. Ne deriva la necessità di dire NO nel referendum istituzionale che ci porterà a votare, ai primi di dicembre, sulle riforme volute da Renzi, che diminuiscono i poteri della popolazione per incrementare quelli del potere centrale.
Ma prima di illustrare queste tre asserzioni devo dar atto del processo che mi ha portato ad elaborarle. Tra i momenti più recenti, cui abbiamo già accennato, è stato il convegno di questa estate a Comiso: “Le lotte contro i missili a Comiso e in Europa insegnano qualcosa per la nostra situazione attuale?. Di questo convegno abbiamo già accennato alle relazioni di Navarra e di Mazzeo. Ma di Navarra dobbiamo ancora accennare alle proposte, fatte da lui con i “disarmisti esigenti”, sui modi come uscire dalla follia del nucleare. Altri contributi a questa riflessione sono venuti da Roberto Cotti, cittadino eletto al Parlamento (per il Movimento 5 stelle) che ha parlato su “Governo, Parlamento ed industrie: retroscena delle politiche di difesa”; Renato Accorinti, sindaco di Messina, che ci ha parlato, via telefono, sui problemi della gestione, da nonviolento, di un comune come il suo, incoraggiandoci nel nostro percorso; Luciano Benini, su ”La possibilità di superamento del nucleare e lo sviluppo delle energie alternative”; Fabio Bussonati, sul “Perché e come lavorare per la riduzione dei consumi energetici nelle nostre case”19 ; Enzo Sanfilippo, su “Superamento del sistema mafioso e costruzione di comunità: un percorso in costruzione”. L’ultima relazione prevista era la mia, intitolata “Che fare? Un tentativo di conclusione della nostra riflessione”. Ma non molto tempo dopo l’incontro di Comiso del 4-6 Luglio, i “Disarmisti Esigenti”, con la sezione del MIR di Palermo e varie altre organizzazioni pacifiste italiane, hanno organizzato, a Palermo, il 23 settembre 2016, un convegno su “Pace, Difesa e Sicurezza nel Mediterraneo: la proposta dei nonviolenti” che mi hanno chiesto di introdurre. E, pur non potendo partecipare all’incontro per ragioni di salute, ho scritto, ed inviato, una relazione, arredata di molti grafici, dal titolo: “Riflessioni del dopo Comiso: gli insegnamenti delle lotte nonviolente vincenti, e delle ricerche per la Pace, per un futuro meno pieno di guerre e di violenza”20. Infine la Fondazione Ernesto De Martino di Firenze, con l’ANPI fiorentino, la CGIL, il Comitato Fermiano la Guerra, e vari gruppi di cantanti, mi hanno chiesto di intervenire allo spettacolo “Canzoni contro la guerra”, il 6 novembre (ricordando il 4 novembre, cosiddetta festa delle Forze Armate) parlando della militarizzazione del nostro paese e di come superarla, dato che l’incontro vuole “riaffermare, senza se e senza ma,……il valore di un articolo della Carta Costituzionale troppo spesso dimenticato,l’art. 11 che ‘Ripudia la guerra’!”21. Sono tutte queste le basi più recenti di questa mia conclusione sul “Che Fare”.
Ma vediamo ora, una per una le tre asserzioni prima indicate:
- Che Fare I
necessità di mettere in moto un processo che ci aiuti a superare la globalizzazione del Mercato e del Capitale, attraverso la globalizzazione delle lotte dei popoli del mondo che, dal basso, portino avanti una rivoluzione nonviolenta e disarmista.22
7.1. I padroni del mondo?
Purtroppo la situazione non è affatto rosea, con un Consiglio di Sicurezza ristretto delle Nazioni Unite, che dovrebbe cercare la pace ed aborrire la guerra, come detto nella dichiarazione formale delle Nazioni Unite, che è, invece, formato dai cinque paesi del mondo (Stati Uniti, Russia, Cina, Inghilterra, Francia) che costruiscono e vendono circa l’ 80% delle armi pesanti mondiali, ed avendo il diritto di veto, impediscono l’attuazione di risoluzioni approvate dall’ONU, ad esempio su Israele, mai fatte applicare. Emerge pertanto il vizio dei “due pesi e due misure” che mina alla base il patto di convivenza tra i popoli.
E se si va a vedere la spesa militare del mondo, i paesi del G8, insieme alla Cina e all’India, (nazioni che stanno portando avanti, alla grande, un modello di sviluppo simile a quello occidentale), con l’aggiunta dei due paesi più militarizzati del mondo, Arabia Saudita ed Israele – pur contando solo circa la metà della popolazione mondiale – spendono per eserciti ed armamenti circa l’86% del totale mondiale! Invece tutti gli altri paesi, l’altra metà del mondo, messi insieme, spendono solo circa il 14 %. Non c’è da meravigliarsi se, in queste condizioni, questi ultimi, o gruppi particolari al loro interno (vedi Al Qaeda), qualora non accettino l’impero occidentale guidato dagli Stati Uniti, con migliaia di basi militari in tutto il mondo, e la pretesa di mantenersi armi nucleari di “primo colpo”, inventino armi nuove, più a buon mercato, come i kamikaze, o gli aerei civili trasformati in bombe (come successo alle torri gemelle di New York), o che alcuni terroristi di questi paesi mettano nelle linee dei treni, o nei luoghi di maggiore frequenza di pubblico, mine ed altri ordigni bellici rendendo la vita civile del mondo occidentale, e dei suoi alleati, sempre più insicura ed incerta23.
I paesi più ricchi, invece di provare altre strade, più pacifiche e basate sul dialogo e sul confronto, cercando di lavorare per prevenire le guerre, tendono ad armarsi sempre più, per cui aumentano gli squilibri attuali già fortissimi sul piano militare , col risultato di provocare gli avversari a fare lo stesso. Ma non è questo il solo problema, a livello internazionale, che rende difficile il raggiungimento di questo obbiettivo. L’altro è sicuramente quello del concentramento della ricchezza economica del mondo in pochissimi gruppi – le multinazionali dell’economia24 – che sono ormai più potenti degli stessi stati, e che sono riuscite a far approvare una serie di trattati internazionali che dovrebbero garantire il libero commercio, ma che, in realtà, tolgono la libertà di scelta a tutti i paesi che ne fanno parte (spesso anche degli altri), costringendoli a seguire le direttive dei trattati. Questo grazie all’essere riuscite a fare inserire, in questi trattati di cosiddetto “libero scambio”, delle clausole che aiutano le grandi industrie straniere, che investono in quei paesi, a fare causa agli Stati, o alle regioni o gli enti locali minori, per leggi, o loro iniziative, che gli facciano perdere introiti da loro previsti. E questo sia nel campo delle energie verdi rinnovabili, sia in quelli che riguardano la tutela dell’ambiente25, o per l’alimentazione, o la tutela dei lavoratori, ed altri settori simili, trasgredendo le legislazioni locali. Attraverso un tribunale, che risulta di “diritto pubblico internazionale”, ma che, in realtà, è del tutto privato26, le multinazionali sono riuscite a far condannare degli Stati per averle costrette, con loro leggi, a perdere guadagni che i trattati firmati avrebbero permesso loro di avere.
I due casi più eclatanti, riportati dalla letteratura, sono uno contro la Germania, e l’altro contro il Canada.
1) In seguito all’incidente alla centrale nucleare di Fukushima, in Giappone, nel 2011, la Germania ha approvato un piano di ridimensionamento della produzione di energia nucleare in tutto il paese che prevedeva l’interruzione della costruzione di nuovi impianti di questo tipo, e la chiusura di quelli in atto entro il 2022 . Il piano prevedeva, invece, per quello stesso periodo, un sensibile sviluppo delle energie rinnovabili. 6 industrie tedesche di impianti nucleari non hanno contestato questa decisione. Era invece coinvolta, per altre due centrali, una società svedese, la Vattenfall, che ha denunciato, tramite l’ISDS, il governo tedesco chiedendo una compensazione di 4,7 miliardi di dollari. Il piano del Governo Tedesco è stato considerato illegittimo, ed è stato stabilito che la società elettrica dovesse essere risarcita per i danni economici a lei causati. Ma c’era stato anche un precedente della stessa società contro la Germania per la costruzione di un impianto a carbone per la produzione di energia elettrica, presso la città di Amburgo. Quando l’Autorità per l’Ambiente del Comune di Amburgo aveva richiesto controlli di qualità delle acque di rifiuto immesse dall’impianto nel fiume Elba, la Vattenfall ha sostenuto, nel 2009, con una procedura ISDS, che quegli standard rendevano irrealizzabile quel progetto di investimento, ed ha richiesto alla Germania una compensazione di 1,4 miliardi di Euro. Il problema si è concluso quando il Comune di Amburgo ha accettato di abbassare i requisiti ambientali richiesti in antecedenza.
2) La Bilcon, una compagnia statunitense, voleva portare avanti un progetto minerario ed un pontale marittimo in una zona costiera del Canada, ma per ottenere l’approvazione dalle autorità provinciali e federali ha dovuto presentare un “studio di impatto ambientale” (SIA) sulle possibili conseguenze del progetto sull’ambiente naturale ed umano. A questo scopo è stato organizzato un panel di esperti per rivedere questo studio, raccogliere commenti pubblici, e dare una raccomandazione, non obbligatoria, sulla validità o meno dell’approvazione del progetto. Il panel di esperti, dopo aver esaminato la SIA, ha raccomandato di non approvarlo, dichiarando, tra l’altro, il progetto contrario a “valori comunitari importanti”. I funzionari federali e provinciali incaricati, sulla base di quella raccomandazione, hanno rifiutato il progetto. La Bilcon avrebbe potuto seguire la normale procedura ed appellarsi alla corte locale del Canada. Ma la compagnia, cercando un’opportunità per sorpassare il processo locale, ha fatto, invece, causa al Canada attraverso il processo ISDS del NAFTA27. Questa strategia si è dimostrata vincente. La maggioranza degli arbitri ha ritenuto che le considerazioni del panel dei consulenti sui “valori comunitari importanti” andavano oltre il loro dovere di considerare le conseguenze “sull’ambiente umano” perché tenevano conto anche “dell’economia, lo stile di vita, le tradizioni locali, e la qualità della vita” a livello locale. Perciò gli arbitri hanno deliberato che la decisione del Governo canadese di rigettare il progetto presentato dalla Bilcon, sulla base della raccomandazione degli esperti, era una violazione del NAFTA28.
Come scrive giustamente Matteo Bortolon, uno studioso italiano che ha analizzato a fondo i vari trattati di “libero scambio”, sia quelli già approvati, che quelli attualmente in discussione (anche se per questi ultimi ci sono dei miglioramenti nei sistemi processuali questi però non cambiano la sostanza del discorso perché, anche in questi, le clausole per la protezione del lavoro e dell’ambiente sono per lo più volontarie, mentre quelle per la protezione degli investitori sono rigide, vincolanti e pienamente esecutive), criticando il sistema ISDS: “- applicare esclusivamente diritto commerciale su questioni che hanno ricadute sostanziali sul piano sociale, ambientale, ecc. significa subordinare ogni tipo di diritti agli interessi economici dei soggetti coinvolti ;- mancanza di trasparenza in materie che impattano nella sfera pubblica; – sopravanzare i tribunali nazionali per una classe di soggetti privilegiati significa costruire un sistema giudiziario parallelo al servizio degli interessi dominanti;- vincolare gli Stati ad istanze arbitrali sovranazionali significa vulnerare la loro sovranità limitando le opzioni di governo future, non in nome dei diritti umani ma nel rispetto della proprietà privata.” (p. 96). Il titolo del libro di Bortolon: “La gabbia dei Trattati. Per una riconquista della sovranità democratica”29 è molto chiaro sia nel giudizio sui trattati, sulle loro principali funzioni, ed anche negli obbiettivi da riconquistare che, nelle parole di questo autore, sono “cercare di ricostruire una sovranità popolare democratica, cioè ridare forza e vigore alle assemblee legislative che riescano a vincolare i governi, senza ridursi ad essere i loro passacarte obbedienti. Per questo è necessario rivedere le istanze sovranazionali, in modo da vincolarle alle istituzioni democratiche veramente rappresentative…. Rivalorizzare l’apporto democratico e la base di diritti di cittadinanza. Solo ricostruendo un assetto dei poteri pubblici conforme ad essi si può dare una spallata al nuovo costituzionalismo…. che al momento tende a rendere le elezioni una gara per candidarsi a chi meglio applica i dettami dell’élite egemonica”(p. 178).
7.2 Necessità di porre fine all’attuale modello di sviluppo
Quanto visto nel paragrafo precedente, e cioè il forte intreccio tra l’attuale modello di sviluppo e gli interessi delle multinazionali (le padroni del mondo) è una conferma della necessità di non accontentarsi di leggeri, o anche meno leggeri, cambiamenti interni a questo stesso sviluppo, ma della necessità di portare avanti quella rivoluzione nonviolenta e disarmista di cui parla Cassola nel suo libro, e che sollecita, come abbiamo visto, anche la studiosa canadese Naomi Campbel nel libro “Una rivoluzione ci salverà “. D’altra parte il modello di sviluppo attuale, come scrive uno dei più importanti programmatori territoriali a livello mondiale, John Friedmann, si basa sulla teoria economica neoclassica che “è la riproposta attuale del liberismo ottocentesco di Manchester, comunemente noto come la teoria dello stato gendarme per la quale il ruolo dello stato è ridotto al suo potere poliziesco di mantenimento dell’ordine sociale e non è di intralcio al sistema dell’impresa privata lasciata libera di affermarsi in una accumulazione incontrastata”30. Ed infatti, se si va a vedere i risultati di questo modello di sviluppo, che si cerca di imporre a tutto il mondo, questi sono disastrosi31: 1) Dal grafico della distribuzione della ricchezza, cosiddetta a coppa di champagne, risulta che quasi tutta la ricchezza è in mano al quinto più ricco della popolazione, mentre tutti gli altri quinti ne hanno porzioni molto minori, fino al quinto più povero che ne ha una minima parte; e se si confrontano i dati dei calici del 1960, del 1989, e del 2007, si vede che la popolazione del quinto più povero è aumentata di quasi tre volte; 2) se si vede il grafico che riguarda proprio il periodo della crisi attuale, durante la quale molte famiglie non riescono ad arrivare alla fine del mese con le loro entrate usuali, il numero dei miliardari necessari per raggiungere lo stesso volume di ricchezza posseduto dal 50% più povero della popolazione mondiale, i dati sono terrificanti: mentre nel 2010 i miliardari necessari erano 388, nel 2014 ne bastano 80; 3) e se si va a vedere la mappa della malnutrizione elaborata dalla FAO nel 2009, si vede che le persone che soffrono la fame nel mondo erano, in quell’anno, 1,02 miliardi (collocati soprattutto in Asia e nel Pacifico, e nell’Africa subsahariana), e che questi, invece di diminuire, erano aumentati del 9% rispetto all’anno precedente ; 4) ed infine, se si va a vedere uno dei metodi più utilizzati dai nostri (ma non solo nostri) cosiddetti “industriali” per arricchirsi, si vede che il nostro paese risulta tra quelli con maggiori squilibri tra ricchi e poveri (al sesto posto nel mondo), ed un mezzo utilizzato dagli industriali per arricchirsi è la delocalizzazione delle loro industrie in paesi dove i sindacati sono inesistenti ed i salari molte volte anche 20 volte minori che da noi. Secondo i calcoli di uno storico italiano che ha analizzato questo fenomeno, Ignazio Masulli32, questa che lui chiama “la tragica scorciatoia” ci era costata, al momento della stesura del libro, la perdita, nel nostro paese, di 2,6 milioni di posti di lavoro. Ma la cosa tragica che risulta analizzando questo fenomeno è quella che il governo italiano, invece di studiare e mettere in atto soluzioni per risolvere questo problema, lo appoggia addirittura economicamente!. Credo che ci siano dati a sufficienza per lavorare e lottare per eliminare dal nostro paese, e dalla terra intera, questo modello di sviluppo.
7.3. Come portare avanti la rivoluzione nonviolenta e disarmista?
Ma gli autori che ci hanno insegnato la necessità ed i modi per portare avanti questo tipo di rivoluzione sono tanti che è possibile solo dare un rapido cenno ad alcuni di essi, ed agli elementi fondamentali che ci hanno insegnato : Gandhi, insegna che dobbiamo portare avanti sia il “Satyagraha”, (tradotto in italiano da un caro amico, prete operaio dei pescatori di Viareggio, Sirio Politi, come “lotta come amore”, perché è una lotta che non cerca di distruggere l’avversario ma di convertilo, e di liberarlo dal suo ruolo attuale di oppressore o di sfruttatore), sia il “progetto costruttivo”, e cioè il dar vita da subito al tipo di società che vogliamo costruire33. J.P.Narajan, uno dei più importanti continuatori dell’opera gandhiana, che ha anche organizzato e diretto gli “Shanti Sena”, l’esercito di pace indiano,34 ha parlato della necessità di una “rivoluzione totale”, e cioè sia dell’essere umano, che deve prendere coscienza dei suoi limiti e delle sue potenzialità di modificare l’ ambiente intorno a sé, che delle strutture sociali, economiche, politiche, e culturali che lo condizionano dall’esterno. Ma questo, secondo lui, andava fatto sia all’interno del Parlamento, sia a livello di base, organizzando dal basso la popolazione stessa. Capitini ha insistito sull’importanza di non accontentarsi della democrazia rappresentativa, basata sulla delega, ma di integrarla con un controllo, dal basso, dei nostri delegati negli organismi di potere (sia locali che nazionali) per dar vita ad una società “del potere di tutti”. Danilo Dolci, ci ha insegnato, tra l’altro, l’importanza di studiare e programmare la nuova società con la gente comune, con coloro che soffrono dei mali della società attuale. Don Milani e Padre Balducci, l’importanza della disobbedienza civile, e cioè di disubbidire da subito alle leggi ingiuste, subendo la condanna prevista, per dar vita e leggi più umane, più degne di una società civile.
Ma oltre a Cassola, di cui stiamo parlando in questo articolo, ci sono altri tre contemporanei, ormai purtroppo non più sulla terra, che ci hanno lasciato una eredità importante sul come fare una rivoluzione nonviolenta.
1) L’ Internazionale Resistenti alla Guerra (WRI), che ha come simbolo “le mani che spezzano il fucile”, è nata quasi 100 anni fa per difendere e promuovere l’obiezione di coscienza alla guerra e alle armi, ed è presente in oltre 40 paesi del mondo. La sua sezione italiana è il Movimento Nonviolento fondato da Aldo Capitini. L’ ex Presidente internazionale di questa organizzazione, Howard Clark, uno dei maggiori studiosi delle lotte nonviolente internazionali35, ci ha lasciato, prima di morire, un aureo libretto su “Come fare una rivoluzione nonviolenta”. In questo mostra l’ indispensabilità, per fare una rivoluzione di questo tipo, di unire tre approcci: la rivoluzione anarchica, per liberare tutti gli esseri umani dalle strutture di potere attuali; quella femminista, per liberare le donne, ma anche gli uomini, dal “maschilismo”; quella nonviolenta, per liberare gli esseri umani dall’uso della guerra e della violenza.
2) Stéphane Hessel, tedesco, di origine ebraica, rifugiatosi e naturalizzatosi in Francia, co-estensore della “Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo” delle Nazioni Unite, è l’ispiratore di due importanti movimenti mondiali, quello degli “Indignati” e di “Occupy Wall Street”. Per le sue attività di partigiano contro il nazismo è stato arrestato due volte, ma si è salvato dall’impiccagione prevista scappando in modo spericolato. La tesi principale dei suoi scritti, diffusi in milioni di copie in tutto il mondo, è quella della necessità di “una rivoluzione mondiale nonviolenta”, che si organizzi dal basso e riporti in auge i valori dell’impegno, della solidarietà, della libertà – ma non il sopruso – l’amore per la terra, per la “comune umanità”, della resistenza al Nazismo di cui era stato un attivo protagonista, senza però dimenticare il progetto costruttivo, perché, come scrive: “Resistere è creare. Creare è resistere…bisogna creare perché resistere non basta”. Ma prima di morire ha scritto anche, con Albert Jacquard, un altro importante libro al quale si sono ispirati i “disarmisti esigenti”, di cui abbiamo già parlato, e cioè, “Exigèz! un desarmament nucleaire totale”, tradotto anche questo in moltissime lingue36.
3) Il terzo è un caro amico, morto purtroppo ancora giovane, pochi mesi fa, Giovanni Salio, che ci ha insegnato molte cose, ma forse la più importante è quella della necessità ed urgenza di liberarsi dall’attuale modello di sviluppo per dar vita ad uno sviluppo alternativo basato sulla semplicità volontaria37. Su questo argomento, recentemente, c’è stato un importante e bel convegno a Firenze, cui hanno partecipato esperti di molti paesi del mondo, ed un pubblico di oltre 1200 persone, dal titolo, L’economia della felicità38. In questo sono state presentate molte relazioni che hanno mostrato l’importanza, e la grande diffusione, in molti paesi del mondo, di esperienze di economia alternativa a livello locale, a basso impatto ambientale, e con l’utilizzo di energie rinnovabili. Ma alcuni dei relatori hanno addirittura detto che lo “sviluppo” ed anche la “crescita” sono parole da evitare, e che bisogna andare verso una “decrescita felice”. Ma è chiaro, e Nanni, se fosse stato in vita, e fosse stato invitato, l’avrebbe detto chiaramente, che questa impostazione è centrata sul modello di sviluppo occidentale che ora tanti paesi del mondo stanno imitando, ma che non si può chiedere a paesi dove prevale la fame e la morte per inedia (una buona parte del mondo) di rinunciare a uno sviluppo ed una crescita, diversa da quella del mondo occidentale, ma concreta. Per questo Nanni insisteva su due concetti, e due obbiettivi da raggiungere, validi sia per il mondo occidentale che per il resto del mondo, e cioè, la “semplicità volontaria”, ed il “ricongiungimento”, e cioè, da una parte il cercare di ridurre al massimo i propri bisogni (nelle parole di Gandhi: “Nel mondo c’è quanto basta per le necessità dell’uomo, ma non per la sua avidità”), ma dall’altro porsi l’obbiettivo indispensabile ed urgente di lavorare perché gli attuali squilibri tra mondo ricco e mondo povero vengano superati prima possibile (questo il “ricongiungimento”), ma dato che il modello di sviluppo attualmente prevalente è strettamente legato all’uso delle armi e della guerra per controllare o conquistare le risorse energetiche di cui esso ha bisogno, questo comporta una scelta fondamentale, sottolineata da Nanni in molti suoi scritti, e cioè di eliminare, sia pur gradualmente, ma speditamente (lui propone all’incirca 5% l’anno), le spese militari ed aumentare notevolmente quelle degli interventi civili per la prevenzione dei conflitti armati, o per la loro trasformazione con la nonviolenza, interventi che per ora sono lasciati, in gran parte, alla buona volontà delle tante ONG che si impegnano in questo settore, come l’IPRI39, le Comunità di Pace della Columbia, le PBI (Peace Brigades International), o le NPF (Nonviolent Peace Forces), ed altre, che con pochi soldi, fanno interventi fondamentali anche in zone di aperto conflitto come, ad esempio, Israele e Palestina.
7.4. Alcuni passi avanti verso questa rivoluzione
Che questa rivoluzione sia possibile ce lo dimostra la storia degli ultimi cento anni che ha visto le rivoluzioni nonviolente avere successo oltre il doppio rispetto a quelle violente40.
In complesso, se si fa un’analisi delle lotte nonviolente del mondo molte di queste sono state estremamente efficaci nei vari settori in cui si sono applicate: 1) per superare gravi discriminazioni razziali, e l’apartheid (USA, Sud Africa); 2) per sconfiggere dittature (Polonia, Filippine, Egitto, Tunisia); 3) per raggiungere l’indipendenza di un paese (India); 4) per difendere, e salvare, una minoranza perseguitata: gli ebrei ( Danimarca, Germania); 5) per evitare, o annullare, progetti di militarizzazione del territorio (Larzac in Francia, Comiso in Italia), 6) per la difesa nonviolenta: in particolare interessante la lotta della Ruhr in Germania che è servita a difendere la popolazione locale da accordi rovinosi che ne distruggevano l’economia, dopo la fine della prima guerra mondiale41.
Effettivamente questa globalizzazione delle lotte nonviolente dal basso sta già ottenendo risultati notevoli; ad esempio, con la Campagna contro le Mine Antiuomo, si sono messe al bando, in pochi anni, queste armi micidiali, tanto da far vincere, a questa Campagna, il Premio Nobel per la Pace; con la Campagna Internazionale contro le Armi Nucleari, ICAN, cui hanno partecipato attivamente, oltre a Alfonso Navarra (che nella sua relazione la indica quale via per uscire dal nucleare) altri membri del gruppo “disarmisti esigenti”, riuscendo a far approvare, proprio recentemente, a grandissima maggioranza, dalla Assemblea delle Nazioni Unite, un percorso per mettere al bando, entro l’anno 2017, anche i missili atomici42. Questo è stato possibile grazie all’iniziativa di organizzazioni di base unite alla presa di coscienza di tanti paesi periferici che non accettano più lo strapotere dei pochi paesi “padroni del mondo”. Questi paesi periferici hanno fatto sentire la loro voce, insieme alle ONG ambientaliste (tra cui i “disarmisti esigenti”), nel fare approvare, a grandissima maggioranza, in una decisione che è stata definita “storica”, alla Conferenza Internazionale sul Clima (Parigi, 30 novembre -12 dicembre 2015) un programma di riduzione delle emissioni nocive per l’ambiente al fine di rallentare il riscaldamento globale.
Ma anche in Italia, con le lotte nonviolente, abbiamo ottenuto varie vittorie importanti, oltre a quella di Comiso, di cui abbiamo già parlato, ma i casi a cercarli sarebbero tanti, qui ne citiamo solo tre : 1) A Genova contro la cosiddetta “Mostra dei Mostri”(mostra per la vendita delle nostre armi) bloccando per almeno due volte, con un tappeto vivente43, l’entrata, e facendo, in città, un serpentone cui hanno partecipato almeno 60.000 persone di tutte le età, siamo riusciti a far ridurre le nostre vendite facendo passare il nostro paese dal 6 posto nel mondo tra i venditori di armi, al tredicesimo posto. Tanto che alla fine, per riaccrescere le nostre vendite, si sono dovuti smuovere gli stessi militari per riaprire la mostra, in una nave militare, in mezzo al mare. Questo comunque ha messo in luce una delle più importanti funzioni delle nostre Forze Armate, e cioè quella di propagandare e vendere le armi costruite dalle nostre fabbriche, che hanno spesso come consulenti, ed aiuti per la vendita, nostri generali andati in pensione (mai esodati e con pensioni molto elevate)44. 2) A Capalbio, in provincia di Grosseto, bloccando, in circa un centinaio di persone per circa due ore la linea ferroviaria Pisa-Roma per protestare contro il progetto di costruire una Centrale nucleare, e venendo assolti nel processo di prima istanza a Grosseto (una diecina di questi che avevano dichiarato, quali testimoni in un processo precedente, di aver partecipato al blocco) per aver agito “in stato di necessità putativa” (e cioè perché credevano fosse necessario difendere la salute della popolazione minacciato dall’impianto della centrale). La notizia dell’assoluzione fece molto scalpore (con servizi in tutte le TV nazionali) perché era la prima volta che “lo stato di necessità” veniva usato non per difendere interessi privati (la difesa della propria vita o dei propri beni) ma per interessi pubblici (la salute della popolazione). Purtroppo, in modo molto insolito per la giustizia italiana, normalmente molto lenta, poco dopo fu fatto il processo d’appello, a Firenze, dove non furono nemmeno ascoltati i vari esperti chiamati dalla difesa, e gli accusati furono condannati a 6 mesi, con la condizionale, condanna confermata, molti anni dopo, dalla Cassazione. La discussione aperta in seguito a questi vari processi è sicuramente servita, dopo l’esplosione della centrale di Chernobil in Russia, a far vincere il referendum contro il nucleare, ed a far riconvertire la Centrale nucleare di Capalbio, che nel frattempo era stata costruita; 3) Ma le vittorie più importanti sono state ottenute nel settore della pace. Grazie infatti ai tanti anni di carcere sopportati dagli obiettori di coscienza al servizio militare (che chiedevano di fare un servizio anche pericoloso, utile alla comunità, ma non armato) 45 prima che venisse riconosciuta la legge, e all’appoggio dato a questi da molti avvocati (si pensi a Bruno Segre di Torino, ora novantaseienne), e da personalità culturali e religiose del paese, come Aldo Capitini di Perugia, Lelio Basso di Roma, il sindaco di Firenze Giorgio la Pira, Don Milani e Padre Balducci, sempre di Firenze, si è arrivati al riconoscimento, nel 1972, di una prima legge, la 772, che riconosceva il diritto ad un servizio civile alternativo, ma di otto mesi più lungo di quello militare. Vari obbiettori di coscienza, non contenti di questa legge per la maggiore durata del servizio civile rispetto a quello militare, hanno svolto il loro servizio civile per 12 mesi, ed hanno poi preferito passare il resto del tempo (gli otto mesi in più) in carcere, per far emergere l’ingiustizia di trattamento. Qualche anno più tardi è nata una nuova forma di obiezione di coscienza, quella alle spese militari, e cioè il rifiuto di pagare le tasse utilizzate per le spese militari chiedendo che queste fossero utilizzate, invece, per l’organizzazione di una “Difesa Popolare Nonviolenta”. Non venivano messi in carcere ma dovevano ripagare, in forme varie, anche con l’esproprio dello stipendio, o il pignoramento di mobili e di libri, la quota di tasse non pagata, più le spese necessarie per le pratiche fatte dallo Stato per riavere i soldi non pagati. Ma in tutti e due i casi, nei vari processi intentati agli obbiettori, gli avvocati difensori hanno fatto ricorso alla Corte Costituzionale perché giudicasse sulla giustizia di queste punizioni. E questa, in due sentenze di valore storico, ha riconosciuto la validità delle richieste degli obbiettori, nel 1985, con la sentenza n.164, che riconosceva il servizio civile come altra forma di difesa dello Stato, e nel 1989, sentenza n. 470, riconoscendo che il servizio civile non può durare più di quello militare46. Queste sentenze hanno preparato il terreno per la legge di riforma dell’obiezione di coscienza (n. 230 del 1998) che riconosce la parità tra servizio civile e militare, organizza un Ufficio Nazionale per il Servizio Civile presso la Presidenza del Consiglio47 con il compito di “istruzione e sperimentazione di una ‘Difesa Civile Non-armata e Nonviolenta’”. Nel 2004, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, veniva istituita un’apposita Commissione ministeriale incaricata di questo compito composta da 16 persone (6 delle istituzioni – di cui 2 delle FF.AA. ed uno del Ministero degli Interni-) gli altri di importanti ONG che si occupano di questi temi.
7.5 Lo strapotere dei militari
Comunque l’ipotesi che ai militari italiani questa “vittoria istituzionale” dei movimenti nonviolenti non sia molto piaciuta può forse spiegare il fatto del perché, da vari anni, in particolare dal tempo del governo Monti, tale Commissione non sia stata più convocata. Altri fatti simili di ostacolo ad attività parlamentari da parte delle Forze Armate sono stati: 1) il Parlamento italiano, discutendo sul problema dell’acquisto degli aerei F35, aveva deciso di soprassedere all’acquisto di questi aerei per ridiscutere, in una sessione specifica, più approfonditamente, sull’opportunità di procedere o meno con questo programma. Ma le Forze Armate, grazie al fatto che il loro Capo è il Presidente della Repubblica, in questo caso Giorgio Napolitano, hanno fatto sapere che il Parlamento non poteva decidere e che l’unico autorizzato a prendere decisioni era il governo stesso che ormai aveva già deciso a favore del’acquisto. 2) Una cosa simile era successa anni prima riguardo all’approvazione, da parte del Parlamento, di una legge sull’obiezione di coscienza al servizio militare (1992). In quel caso il presidente di allora, Cossiga, ha annullato la decisione parlamentare senza che si potesse ridiscutere il problema perché la legislatura era terminata. 3) Ma peggio ancora è stato per il cosiddetto “Nuovo Modello di Difesa”, presentato, in un libro bianco di 250 pagine , alla Commissione Difesa nel novembre 1991, che, malgrado la richiesta, in Commissione, dell’Onorevole Raniero La Valle, di discuterne in Parlamento perché trasgrediva in gran parte la nostra Costituzione, in particolare l’Art. 11, non è stato mai discusso né approvato dal Parlamento, ma è stato di fatto introdotto nella legislazione delle Forze Armate, nei bilanci della difesa e nelle scelte dei governi (si veda la relazione di La Valle, on line, su “La verità del Referendum” alle Comunità Parrocchiali di Bitonto, il 18 ottobre 2016). Che il “nuovo modello di difesa” sia completamente al di fuori di quanto previsto dall’ art. 11, che prevede solo la difesa del territorio italiano, la sua popolazione e le sue istituzioni, da eventuali attacchi o invasioni, risulta dal fatto che esso prevede anche la “difesa degli interessi nazionali, nell’accezione la più vasta di tale termine [vedi “il controllo delle riserve energetiche esistenti nell’area”] ovunque esso sia necessario”. Sulla base di questo modello, come scrive Enrico Peyretti (in, “Denuncia del Nuovo Modello di Difesa”, al Convegno sul, Nuovo modello di Difesa Italiano, Museo del Risorgimento, Torino, 1 giugno 2000) dato che in questo testo si dice anche che, caduto il muro Est -Ovest, il nuovo confronto è nell’area mediterranea “tra una realtà culturale ancorata alla matrice islamica ed i modelli di sviluppo del mondo occidentale…..si difende con la ferocia delle armi la violenza strutturale del Nord sul Sud”, oppure come scrive La Valle nel testo citato: “Si direbbe che l’Occidente il cui sistema economico e politico è entrato in una profonda crisi essendosi mostrato incompatibile con l’ordine del mondo, cerchi nell’incremento delle armi, nell’estensione del dominio e nella disseminazione delle guerre una risposta alla sua angoscia riguardo al futuro; ed è come se noi dovessimo partecipare a tutte le guerre di un capitalismo sfrenato, invece di operare, come dice il generale dei Gesuiti, ‘per superare la povertà, l’ineguaglianza e l’oppressione48‘”.E facendo poi riferimento al prossimo referendum istituzionale La Valle sostiene che se passa il SI, dato che questa riforma tende a concentrare il potere di fare la guerra in un governo eletto solo da una piccola minoranza degli elettori : “il popolo non avrà più alcuna garanzia costituzionale di non essere trascinato in una guerra non sua”.
Di fronte a questi casi viene il dubbio: ”Viviamo in una democrazia parlamentare o in un regime militare?”.
Secondo A. Drago le vittorie che abbiamo visto anche a livello istituzionale dei movimenti nonviolenti, in particolare per l’approvazione della legge 230 dell’8/7/1998, che riconosce la parità tra servizio civile e militare e prevede “l’Istruzione e la sperimentazione di una difesa Civile Non-armata e Nonviolenta” “hanno fatto incontrare non solo la resistenza delle istituzioni, ma anche le loro contromosse a livello più alto; tra queste…. certamente ha avuto un ruolo centrale quella dei militari (intendendo con essa il complesso militare-industriale e la sua lobby parlamentare” ( op.cit. p.246). Ciò non solo per questa e le altre leggi che abbiamo visto, ma anche perché, dopo il riconoscimento giuridico dell’OdC, i giovani che sceglievano il servizio civile rispetto a quello militare sono andati progressivamente crescendo (nel 2001 erano 110.000) tanto da mettere in dubbio anche la copertura dei soldati prevista dalla leva (260.000), per queste ragioni, scrive Drago: “Quando gli obbiettori hanno incominciato a rappresentare l’esigenza di un’altra difesa…. allora i militari hanno trovato l’accordo con il Governo per promulgare una legge che sospendeva il servizio di leva (comma 1 dell’art. 7 del D.lgs. n. 215 del 2001) e che così faceva passare l’esercito a quello solo professionale” (op. cit. p. 246).
Sospendendo il servizio di leva veniva a cadere anche l’obiezione di coscienza al servizio militare e si creava un vuoto nel settore sociale assistenziale, per le varie ONG che utilizzavano gli obbiettori in servizio civile, ed anche perché, come sostiene Drago, nel testo citato, per il fatto che il servizio civile degli obbiettori di coscienza si era dimostrato così utile ed accettato positivamente sia dalla popolazione in generale, sia in particolare dai giovani (il 3 agosto 1999, in un sondaggio commissionato dal Governo a Datamedia, il 66% dei giovani intervistati si dichiarava a favore del servizio civile rispetto a quello militare)49 è stata approvata, nel 2001, la legge 64, del 3 marzo 2001, che istituiva il “Servizio Nazionale Volontario per la Difesa della Patria con “mezzi e attività non militari”, aperto a giovani, sia maschi che femmine. Che questa legge sia una vittoria della nonviolenza è almeno dubbio, infatti come scrive lo stesso Drago in altri suoi testi, questo passaggio da militari di leva a militari stipendiati è stato fatto per primi dagli USA per superare la “sindrome del Vietnam”, e cioè la sostanziale sconfitta degli USA di fronte al piccolo paese vietnamita, sconfitta dovuta, da una parte, al coraggio dei vietnamiti nel difendersi contro il colosso americano, ma dall’altra, anche all’altissimo numero di giovani statunitensi coscritti, chiamati ad andare in Vietnam, che hanno disertato o sono scappati in vari paesi del mondo, soprattutto in Canada, o hanno trovato altri escamotage per non partire. Da questa “sindrome” la decisione degli USA di ricorrere ai militari professionisti, cui hanno risposto soprattutto i poveri del paese, tra i quali molte persone di colore, decisione gli USA che hanno poi esportato anche nei paesi da loro dipendenti come l’Italia attraverso, appunto, il “nuovo modello di difesa”.
7.6. Come lavorare per superare la violenza strutturale?
Comunque non dobbiamo dimenticare le vittorie di cui abbiamo parlato che hanno portato ad importanti cambiamenti legislativi dovuti agli obbiettori di coscienza. Ma un altro importante cambiamento legislativo come la legge 185/1990, per la limitazione ed il controllo della vendita di armi del nostro paese (che prevede anche un fondo per la riconversione delle industrie di armi in industrie civili – fondo, per quanto ne sappiamo, poco o niente utilizzato) è stato approvato grazie ad una forte organizzazione di base di movimenti cattolici come Mani Tese, ACLI, ed altri. Lo stesso è avvenuto per le leggi contro la Mafia (ad esempio la legge 109/1996 per la confisca dei beni mafiosi) per portare avanti le quali Don Ciotti ha dovuto organizzare una sua associazione ”Libera” che è riuscita a coinvolgere vari giudici antimafia e moltissimi cittadini, sia cattolici, che non cattolici.
Queste vittorie ci dicono che è possibile cambiare la società intorno a noi attraverso un impegno personale (ad esempio il carcere per gli obbiettori di coscienza) ed una valida organizzazione di base.
Ma un problema particolare di cui abbiamo già parlato, è quello della concentrazione del potere, a livello internazionale, in alcuni Stati particolari, ma anche, e soprattutto, in un certo numero di multinazionali (i padroni del mondo) che ormai sono diventate più importanti degli Stati, e che sono riuscite a fare approvare trattati internazionali, che, con le loro clausole e con i loro tribunali, riescono ad intimidire e condannare anche gli Stati. Questo fa emergere con forza il problema della “violenza strutturale”, sottolineato da tempo da uno dei principali studiosi dei problemi della pace e direttore di Transcend, che, tra le varie attività, ha anche una “Università, on line, sulla Teoria e la Pratica della Pace”, Johan Galtung, .
Purtroppo, mentre si notano i morti in guerra (soprattutto, e spesso, se sono nostri), quelli dovuti alla violenza strutturale (per fame, per malattie varie, per migrazioni forzate, per carenze di cure, ecc.) che uccide all’incirca 100 volte di più della violenza diretta, sono meno evidenti, almeno alle persone semplici che soffrono di più di questi squilibri sociali che stanno alla base di questo tipo di violenza.
Per superarli le istruzioni di Galtung sono:
- coscientizzare le vittime; e far loro comprendere le vere ragioni degli squilibri e delle loro povere condizioni50;
- aiutarle ad organizzarsi ed a creare reti con tutte le altre persone che subiscono la stessa violenza;
- far loro conoscere e sperimentare la lotta nonviolenta (che comporta conoscere sia le tecniche dell’azione diretta nonviolenta – Sharp ne ha individuate 198 – sia l’importanza del progetto costruttivo, e cioè sapere dove si vuole arrivare e come arrivarci, superando le proprie carenze);
- quando queste persone, attraverso queste lotte, e queste azioni, sono in grado di riequilibrare il conflitto e di confrontarsi alla pari con l’avversario, avendo preso coscienza del proprio potere;
- aiutarle a contrattare e prendere accordi con l’ex avversario per eliminare le cause del conflitto e cercare soluzioni che vadano a vantaggio della stessa umanità (esempio: Accordo INF tra Reagan e Gorbaciov per eliminare missili di primo colpo come quelli che erano stati impiantati a Comiso negli anni 80).
Tutto questo non è facile, ma funziona, come hanno dimostrato le tante lotte vincenti di cui abbiamo parlato.
- Che fare II
La mia seconda asserzione è questa :
2) possibilità di vivere senza esercito, concentrando i risparmi sull’istruzione e sull’ambiente, prosperando economicamente, e difendendosi, se necessario, con la Difesa Popolare Nonviolenta:
Come abbiamo già visto questo è ciò che Carlo Cassola, negli anni ’80, avrebbe voluto che facesse il nostro paese, lui che, come si è detto, oltre ad essere uno scrittore di romanzi famosi, ha dedicato molti anni della sua vita alla lotta per la pace e per il disarmo. Al contrario il nostro paese, invece di pensare al disarmo, ha privilegiato le armi e le Forze Armate, tanto da risultare, nel 2012, al decimo posto, nel mondo, per spesa militare in assoluto, ma al quinto, tra i paesi occidentali, per spesa militare pro capite. Ma questo l’ha fatto a scapito delle spese sociali. Infatti nel 2011, l’Italia risultava all’ultimo posto, in Europa, per spese per la cultura, ed al penultimo posto (poi viene la Grecia) per le spese per l’istruzione. Eppure queste due voci sarebbero state fondamentali per un valido sviluppo socio-economico del nostro paese. E l’Italia è anche agli ultimissimi posti (0,13 % rispetto al PIL del 2012), anche per le spese per il raggiungimento degli obbiettivi di sviluppo del “Millennium” delle Nazioni Unite, che è una delle poche iniziative per cercare di superare gli altissimi e crescenti squilibri economici- sociali mondiali che portano, necessariamente, a ribellioni, guerre civili, guerre internazionali, fughe e migrazioni di massa e morti. Se si pensa alle spese che noi facciamo per difenderci dai terremoti – che nel nostro paese sono molto frequenti – dedichiamo a questo, in un anno, meno di tre giorni di spesa militare, cioè circa 80 milioni di Euro al giorno51. E prevediamo di spendere 14 miliardi di Euro, in totale, per l’acquisto di 90 aerei F35 – incostituzionali perché di attacco e non di difesa – che risultano inoltre insicuri e dal costo sempre crescente – tanto che vari paesi che li avevano ordinati hanno ormai disdetto il loro acquisto-. Se eliminassimo quest’impegno con questi soldi potremmo realizzare una buona parte dei lavori necessari per la sistemazione idro-geologica del nostro paese, che lamenta, di continuo, inondazioni e morti in varie parti del paese.52
Quello che Cassola avrebbe voluto che facesse l’Italia, l’ha fatto, in America Centrale, il Costa Rica, tra il Nicaragua ed il Panama, un paese di circa 5 milioni di abitanti. Nel 1948, da marzo a maggio, a causa dell’annullamento delle elezioni presidenziali dovuto all’incendio, di origine sconosciuta, delle schede dei risultati elettorali, i candidati alla presidenza si misero in guerra tra di loro, ciascuno con l’appoggio di una parte dell’esercito, provocando all’incirca 1800 tra morti e feriti. Alla fine del conflitto, dopo nuove elezioni, fu deciso di dar vita ad una nuova Costituzione che non prevedeva l’esercito e che decideva di utilizzare i fondi risparmiati per elevare il livello di istruzione (l’analfabetismo è praticamente inesistente), e di migliorare l’ambiente tanto che questo ha permesso di trasformare il paese in un paradiso naturale, molto ricercato dai turisti. Questo ha portato il paese anche ad uno sviluppo economico notevole, tra i più elevati del Centro e Sud America, con un livello di felicità della popolazione che è risultato il più elevato del mondo. Inoltre, da un articolo della rivista GAIA (ecologia, nonviolenza, tecnologia appropriate), veniamo a sapere che nel 2015 il Costa Rica ha raggiunto il 99% di energia dalle fonti rinnovabili.53 Il paese è anche sede di una Università per la Pace delle Nazioni Unite, e di un Centro di Ricerche sui Diritti Umani di tutta l’America Latina. Da allora il Costa Rica non ha avuto più guerre, ma ha invitato varie volte i migliori esperti di Difesa Popolare Nonviolenta mondiali ad andare nel paese per preparare la popolazione ad una eventuale difesa di questo tipo.
Eppure, questi risultati del Costa Rica erano prevedibili. Infatti è ampiamente risultato, da numerose ricerche, che i soldi impiegati nel settore civile portano molto più lavoro e molto più benessere alla popolazione (ma non ai costruttori e venditori di armi!) di quelli invece impiegati nel settore militare. Non per niente le tre nazioni perdenti dell’ultima guerra, Giappone, Germania, ed Italia, alle quali era stato vietato, dal trattato di pace, di mettere su eserciti, grazie a questo ed al dover investire i soldi solo nel civile, hanno avuto nel dopo guerra uno sviluppo economico notevole tanto da suggerire ai vincitori di fare eliminare, sotto loro stretto controllo, quell’impedimento, per non essere sorpassati da loro sul piano economico.
Comunque i ricercatori nonviolenti hanno elaborato due teorie che permetterebbero anche al nostro paese di andare verso il risultato del Costa Rica: quella delle “armi solo difensive” e quella del “transarmo”. La proposta di passare dall’uso di armi offensive, ad armi solo di difesa (quindi a breve raggio utilizzabili solo in caso di invasione) si adatta molto bene al nostro paese anche per l’Art. 11 della Costituzione, ed è stata presentata pochi anni fa dal suo ideatore (J.Galtung) in una audizione al Senato Italiano54. Quella del “transarmo” prevede che l’eliminazione degli eserciti vada di pari passo alla costruzione ed allo sviluppo di forme di difesa civile nonviolenta. Il progetto di legge di iniziativa popolare per il quale sono state raccolte 53.000 firme, denominato “Un’altra difesa è possibile” che prevede la costituzione di un “Dipartimento della Difesa Civile non Armata e Nonviolenta”, incardinato nelle Commissioni degli Affari Costituzionali e della Difesa della Camera dei Deputati, va esattamente in questa direzione. In un documento dei promotori della campagna55 si dice : “Un’altra difesa è possibile, e con il servizio civile, la protezione civile, i corpi civili di pace56 è già in atto. Ora chiediamo anche il riconoscimento di legge, politico, giuridico, per poter stornare fondi dalla difesa armata e trasferirli al Dipartimento della Difesa Civile, così da attuare politiche di difesa nonviolenta del nostro paese (difesa della libertà, dei diritti, del lavoro, del territorio, dei più svantaggiati, delle istituzioni, della solidarietà). Speriamo che la discussione di questo progetto di legge, se la legislatura dovesse proseguire, possa portarne all’approvazione.
- Che fare III
La terza asserzione deriva dagli insegnamenti tratti, questa estate, dalla riflessione su quello che le lotte di Comiso contro i missili ci hanno insegnato per la società attuale:
3) mantenere fede all’insegnamento del grande maestro Piero Calamandrei che ci invitava, non a modificare la nostra Costituzione, ma a realizzare concretamente i vari ed importanti diritti da questa riconosciuta. Da qui deriva la necessità di dire NO nel referendum istituzionale che ci porterà a votare, ai primi di dicembre, sulle riforme volute da Renzi, che modifica molti del articoli della Costituzione diminuendo i poteri della popolazione per incrementare quelli del potere centrale.
La lotta contro i missili di Comiso è stata vincente perché sono state realizzate, per molti anni, e da tante persone, l’azione diretta nonviolenta (secondo Gandhi “lotta con la forza della verità”, ben definita in italiano, “lotta come amore” perché non cerca di distruggere l’avversario ma di convertirlo); il progetto costruttivo, per dar vita ad uno sviluppo che non abbia bisogno della guerra per sostenersi, ma cerchi la pace e la solidarietà; la partecipazione popolare (in alcune manifestazioni eravamo anche 100.000 persone); il collegamento internazionale (alla lotta hanno partecipato persone di tutto il mondo, e le lotte contro questa scelta sono state fatte in moltissimi paesi); ma una particolare importanza ha avuto la difesa dell’Art. 11 della nostra Costituzione che rifiuta la guerra di offesa, perché i missili Cruise impiantati a Comiso erano missili di primo colpo (simili a quelli che purtroppo si riserva ancora la NATO), e cioè da lanciare prima di quelli dell’avversario, perciò di attacco e non di difesa (infatti sono stati tolti dopo l’accordo INF tra Reagan e Gorbaciov, determinato, in gran parte, da queste lotte). Ora, grazie a queste, al posto dei missili c’è un aeroporto civile. Uno dei nostri maestri è stato Piero Calamandrei, uno degli estensori, con La Pira, ed altri, della nostra Costituzione, che è sicuramente una delle migliori del Mondo, che riconosce molti diritti, come quello al lavoro, alla rimozione degli ostacoli alla partecipazione, o alla limitazione della proprietà privata per il benessere della comunità, non ancora concretizzati. Inoltre, come abbiamo già visto, anche l’Art.11, pur non eliminato, è stato in gran parte svuotato dall’approvazione (di fatto) del ”Nuovo Modello di Difesa”, e va, perciò, ripristinato nel pieno della sua dizione, mettendo in pratica, in una prima fase, la difesa difensiva proposta da Galtung, ed applicando il transarmo. Per questo, in ricordo di Calamandrei, dobbiamo dire NO a questo referendum che invece di concretizzare questi diritti ne elimina altri, e rende la partecipazione popolare quasi impossibile, concentrando, in sostanza, tutto il potere in mano a chi governa.
Diciamo quindi NO al prossimo Referendum, e forse ci libereremo anche di Renzi, e delle forze che sostengono questo modello di sviluppo, a lui alleate, che sicuramente, come abbiamo visto, sono contrarie alla giustizia, alla libertà (quella vera non quella del denaro),ed alla pace nel mondo!
NOTE
1Il suo libro più noto si intitola “Gli apprendisti stregoni. Storia degli scienziati atomici, Einaudi, Torino, 1976.
2Di lui si legga, R.Gardner, Mission: Italy. Gli anni di piombo raccontati dall’Ambasciatore Americano a Roma: 1977-1981, Mondadori, Milano, 2004.
3Si veda il suo: Toward nuclear abolition. A history of the World Nuclear Disarmament Movement, Stanford University Press, Stanford, 2003; ed anche il suo articolo: “Did Reagan’s military build-up really lead to the victory in the cold war?”, in , History News Network, ripreso anche in, Znet–Foreign Policy, 29 gennaio 2004.
4Per le citazioni di questo paragrafo si veda il mio saggio, Per un futuro senza guerre. Dalle esperienze personali a una teoria sociologica per la pace, Liguori Editore, Napoli, 2008, pp. 149-153.
5Vedi il mio libro a p. 151.
6Ibid., p. 151.
7L’idea dell’”opzione zero” che era lo slogan dei movimenti antinucleari, secondo Wittner, Reagan l’aveva presa proprio da questi movimenti tanto che egli cita una frase di un intervento fatto da Reagan proprio ad una delle manifestazioni pacifiste: “A quelli che protestano contro la guerra nucleare, posso solo dire ‘Io sono con voi’” (Ibid. p.151). Come si può vedere la differenza tra questo Reagan, e quello dell’impero del male precedente, è notevolissima, e questo cambiamento, secondo Wittner , è in grande parte dovuto proprio alle lotte dei movimenti antinucleari occidentali.
8Ibid., p.151.
9Langer A., “Dialogare la pace: contro la guerra cambia la vita”, in, Terra Nuova Forum, 1991. Ci sarebbe da aggiungere, a quanto scritto da Alex, il ruolo fondamentale che hanno avuto le lotte nonviolente delle popolazioni dell’ Est Europa nel far crollare i regimi comunisti di quell’area. Su queste si veda, tra i molti studi che le analizzano, l’antologia curata da Howard Clark, People Power. Unarmed Resistance and Global Solidarity, Pluto, London, 2009. Utile anche l’importante libretto di Clark, anche se scritto prima delle lotte del 1989, Making Nonviolent Revolution, Peace News Pamphet, n. 1, London, 2a ediz., 1981, pp. 19-23.
10Alcuni tra questi : La Ragazza di Bube, Oscar Mondadori, 2010 (e’ questo sicuramente il suo libro più conosciuto anche grazie al film di Comencini, con Claudia Cardinale come protagonista); Fausto ed Anna, Oscar Mondadori, 2012; Il cacciatore, Oscar Mondadori ,2015 ;Tempi memorabili, Oscar Moderni, 2016.
11Sui risultati delle nostre ricerche si vedano, oltre al libro citato su “Per un futuro senza guerre”, anche, Giovani e pace. Ricerche e formazione per un futuro meno violento, Pangea Edizioni, Torino, 2001; e, Metodi di analisi nelle scienze sociali e ricerca per la pace:una introduzione; in coedizione di Transcend University Press, Basilea, e Mult/Image, di Firenze, 2008, di cui è in via di pubblicazione la seconda edizione riveduta e corretta.
12Sui risultati dell’assemblea e per i link sui documenti principali che la riguardano: verbale, nuovi manifesti, rassegna stampa, si veda il numero di ottobre-novembre 2016 di “Fuori Binario”, il giornale di strada di Firenze, che ci ha dedicato un inserto di 5 pagine.
13I comproprietari di questo terreno sono, ufficialmente, circa 1000, tra cui tre movimenti (il Campo Internazionale per la Pace – chiusosi qualche anno fa -, Il Movimento Nonviolento (MN), ed il Movimento Internazionale per la Riconciliazione (MIR). La Lega per il Disarmo Unilaterale (LDU) di Cassola, oltre ad essere stata molto attiva per la Marcia Catania-Comiso, (da cui ha tratto la foto per la copertina del suo libro), ha partecipato, con la Lega Obbiettori di Coscienza (LOC), al lancio della Campagna per l’acquisto del metro quadro di terra (che ha portato, appunto, a quei circa 1000 proprietari ufficiali), ma hanno ambedue lasciato che la proprietà, anche quella della Campagna OSM cui partecipavano anche loro, venisse intestata al MN ed al MIR. Di fatto, visto che una buona parte dei fondi per acquistarlo e per una sua prima sistemazione, sono stati dati da due campagne di obiezione di coscienza alle spese militari (OSM, 1982-1983) alla quale, in quel periodo della prima guerra del Golfo, partecipavano circa 10.000 persone, i proprietari non-ufficiali della Verde Vigna risultano molti di più. Per questo si sta pensando ad una gestione di questo Centro come “Bene Comune”, ed il custode di questo centro, Vladimiro, è venuto recentemente, a Firenze, anche per gemellarsi con una esperienza importante, portata avanti n questa città “Mondeggi Bene Comune”.
14Il titolo della relazione è lo stesso del libro scritto da Alfonso Navarra, insieme a Mario Agostinelli, e Luigi Mosca, e pubblicato dalla Casa Editrice Mimesis, di Sesto San Giovanni (Mi.), nel 2016. Il link per estrarre e vedere la relazione è https://albertolabate.wordpress.com/2016/11/08/la-follia-del-nucleare-di-alfonso-navarra/
15La fonte di questa informazione, citata da Navarra, è un articolo intitolato: “L’eroe dimenticato che salvò il mondo da una apocalisse nucleare”, di Dragosei, apparso su “Il Corriere della Sera”, del 20 giugno 2016. Più recentemente lo stesso Petrov è stato invitato a Milano per una presentazione pubblica del film a lui dedicato, e l’associazione “Disarmisti Esigenti”, cui hanno dato vita gli autori del libro presentato a Comiso da Navarra, hanno chiesto alla Presidente del Senato Italiano, Laura Boldrini, di farlo presentare anche a Roma, di cercare di dargli un premio per la sua azione, e di organizzare anche un convegno sui rischi ancora attuali di ecatombe nucleare. Sapremo, in futuro, se questo avverrà. L’Associazione “Disarmisti esigenti”, che ha curato la stesura e la pubblicazione del libro citato, è nata per portare avanti il monito finale di Stéphan Hessel, il noto autore del libro “Indignatevi!”, tradotto in moltissime lingue e di cui sono state vendute oltre un milione di copie, che è servito a dar vita ai movimenti internazionali degli “Indignati” e di ”Occupy Wall Street”. Questi, prima di morire, insieme ad Albert Jacquard, ha scritto il suo testamento spirituale “Exigez! Un dèsarmament nucleaire total”, Ed. Stock, Parigi, 2012.
16Il CD pubblicato dall’Associazione per i diritti umani “Terre Libere.it”, si intitola”Memoria Comiso. La Sicilia contro la guerra”, forse ancora scaricabile dal sito <www.terrelibere.it/memoriacomiso>.
17Su questo argomento vedi l’approfondimento successivo.
18 Bloch E., Il Principio Speranza, Garzanti, Milano, 2005, 2a ed.
19La relazione di Fabio Bussonati, col titolo la “Marcia del Sole”, si può trovare nella pagina 5 dell’inserto dedicatoci da “Fuori Binario”, citato. Tutte le altre, pur video-registrate dallo stesso Bussonati, non abbiamo avuto la possibilità, né il tempo, di deregistrarle e farle conoscere.
20La relazione di Palermo è scaricabile a questo link https://albertolabate.wordpress.com/2016/09/26/riflessioni-del-2016-dopo-comiso/
21La mia relazione a questo incontro si può scaricare e leggere qui: https://albertolabate.wordpress.com/2016/11/08/canzoni-contro-la-guerra-intervista-ad-alberto-labate-del-6-novembre-2016/
22Importante anche il contributo, a questo tema, di Naomi Klein. Questa nel suo libro,Una rivoluzione ci salverà . Perché il capitalismo non è sostenibile (Rizzoli, Milano, 2015) , dedicato alle lotte per la salvaguardia della terra dai problemi del cambiamento climatico e dell’inquinamento ambientale, definisce questa rivoluzione come “la rivoluzione dell’amore”, si veda il capitolo 10, “L’amore salverà questo posto”, pp. 451-487. E nella sua introduzione cita il fatto che nei circa 10 anni di elaborazione del suo testo le organizzazioni ed i gruppi che partecipano a questa rivoluzione sono enormemente aumentati. E questo è un elemento importante di appoggio a quanto sosterremo in questo paragrafo.
23Si veda, su questo, il mio libro già citato, Per un futuro senza guerre, p. 66, ed anche il mio, Metodi di analisi nelle scienze sociali e ricerca per la pace: una introduzione, citato, Prima ediz.,2008, in particolare nella parte dedicata all’analisi del processo di costruzione del terrorismo, p. 401.
24Si veda , tra l’altro, l’articolo di Duccio Facchini, “I padroni del mondo: l’economia ai piedi delle multinazionali. Chi sono i giganti che minacciano uguaglianza e democrazia”, in , AltrEconomia,Ottobre 2016, pp. 10-16.
25In rapporto alla tutela dell’ambiente, si veda il libro di Naomi Klein, Una rivoluzione ci salverà. Perché il capitalismo non è sostenibile, citato. L’autrice mostra, in un capitolo intitolato: “Soldi che scottano. Come il fondamentalismo del libero mercato ha contribuito al surriscaldamento del pianeta” (pp. 95-136), come in realtà le trattative a livello mondiale per migliorare le condizioni del pianeta attraverso la riduzione delle emissioni che inquinano l’atmosfera siano state modificate, e peggiorate, per non disturbare gli interessi delle grandi industrie interessate, attraverso il libero commercio, a costruire ed esportare il loro prodotti altamente inquinanti.
26Infatti questo tribunale, nella sua forma più diffusa definito “Investor to State Dispute Settlement”(acronimo ISDS, in italiano, Risoluzione delle Controversie tra Investitore e Stato), è costituito da tre membri, di cui uno funge da giudice, scelti da un elenco internazionale di avvocati aziendali, che sono nominati dalle due parti in causa, e che portano avanti il processo in sessioni del tutto chiuse al pubblico, e senza alcuna possibilità di appello. Secondo l’UNCTAD – un organismo delle Nazioni Unite – il 60% delle dispute si sono chiuse a favore delle imprese. I critici sostengono perciò che i giudici non risultano indipendenti dal momento che solo le imprese possono far causa, e non gli stati, quindi le persone che giudicano, che in altre cause possono essere anche avvocati difensori di una delle due parti, hanno interesse a tenersi cari i loro possibili datori di lavoro (essendo loro pagati circa 3000 dollari al giorno).
27 La NAFTA è un accordo di libero scambio tra gli Stati Uniti, il Canada ed il Messico. Sulla base di questo accordo il Messico ha visto peggiorare sensibilmente le proprie condizioni generali, mentre gli altri due paesi, ma soprattutto gli USA, ne hanno tratto notevoli vantaggi.
28 http://www.globaljustice.org.uk/blog/2015/apr/30/eyes-wide-shut-isds-implications-bilcon-vs-canada-case. La studiosa di commercio che riporta questo caso, nel sito sopra indicato, si chiama Lise Johnson. Essa sostiene che in realtà le decisioni degli arbitri dell’ISDS hanno interpretato male gli accordi del NAFTA, ma che ormai, dato che queste decisioni sono senza appello, il Governo del Canada non può far nulla per farle rivedere. L’autrice mette perciò in guardia dall’idea di utilizzare questo meccanismo processuale per gli altri trattati attualmente in discussione a livello internazionale, come il “Transatlantic Trade and Investment Partnership agreement with the EU” (TTIP) , o il “Trans-Pacific Partnership” (TPP).
29Editrice Dissensi, s.l., 2015.
30Si veda il suo”Rivisitando Empowerment. Principi per uno sviluppo umano”, 2005, p.1, fascicolo allegato al volume, dello stesso autore, Empowerment, verso il “potere di tutti”.Una politica per lo sviluppo alternativo, Edizioni Quale Vita, Torre dei Nolfi, (Aq.), 2004.
31Per vedere i grafici su cui si basa questa illustrazione si vada a https://albertolabate.wordpress.com/2016/11/08/canzoni-contro-la-guerra-intervista-ad-alberto-labate-del-6-novembre-2016/
32 Si veda, di questo autore, Chi ha cambiato il mondo?, Editrice Laterza, Bari, 2014.
33 Devo dire che, studiando Gramsci, mi ha molto colpito una sua frase che ricorda l’insegnamento di Gandhi sull’importanza del progetto costruttivo, frase che è anche alla base della teoria gramsciana sulla centralità, nel cambiamento sociale della società contemporanea, della “guerra di posizione” e cioè : ”E’ distruttore -costruttore chi distrugge il vecchio per mettere alla luce, far affiorare, il nuovo che è diventato necessario ed urge implacabilmente al limitare della storia. Perciò si può dire che si distrugge in quanto si crea”, in , Quaderni dal carcere, Einaudi, Torino, 1975, vol. II, p. 708.
34Per conoscere le attività degli Shanti Sena indiani soprattutto nell’ azione nonviolenta contro le lotte razziali, si veda la mia intervista a Narayan Desai, il collaboratore più stretto di J.P. (così veniva chiamato dal popolo indiano) nella direzione degli Shanti Sena indiani, in, A. L’Abate, L. Porta, a cura di, L’Europa ed i conflitti armati. Prevenzione, difesa nonviolenta, e corpi civili di pace , Firenze University Press, 2008, pp. 323-363.
35Il testo principale, da lui curato, su questo tema, è, People Power: Unarmed Resistance and Global Solidarity, citato. Anche il libretto qui indicato è stato già citato nella stessa nota.
36 L’edizione francese, è pubblicata da Stock nel 2012, quella italiana, a cura di M. Agostinelli, L.Mosca, e A.Navarra, è pubblicata dalle Edizioni Ediesse, di Roma, nel 2014.
37Tra i vari articoli e libri pubblicati da Giovanni Salio si veda, in particolare, il capitolo “Elementi di una economia nonviolenta”, nel libro , da me curato, Italia: una Repubblica fondata sulle armi? Idee e progetti per la prevenzione dei conflitti armati, con testi di H. Arendt, Lord Beveridge, A. Dubcek, G. Gozzini, A. Gramsci, S. Hessel, F. Leoncini, E. Peyretti, G. Salio. Purtroppo il libro, già pronto da vari anni, non ha trovato ancora un editore disponibile a pubblicarlo. Paura dei militari, c’è da chiedersi ?
38Le relazioni presentate al convegno possono essere viste attraverso questo link: <www.economiadellafelicita.it>, i cui atti sono anche in corso di stampa.
39L’IPRI (Italian Peace Research Institute), sezione di una associazione mondiale di ricercatori per la pace, è stato fondato in Italia, nel 1977, a Napoli, da Mario Borrelli, il prete che raccoglieva dalla strada gli scugnizzi di Napoli, specializzatosi poi nella educazione alla pace. Alla fondazione ha partecipato anche Antonino Drago, che ha portato avanti, per anni, con questo istituto, e grazie a fondi dell’ Obiezione di Coscienza alle Spese Militari (OSM), la ricerca e la pubblicazione di libri e quaderni sulla “Difesa Popolare Nonviolenta” cui hanno contribuito tutti i ricercatori nonviolenti del nostro paese. L’IPRI, nel 2006, si è fuso con la Rete Corpi Civili di Pace che riuniva varie associazioni italiane che intervenivano, in vari paesi del mondo (Iraq, Kossovo, Palestina, Columbia,ecc.) per prevenire, o trasformare con la nonviolenza, i conflitti armati, attraverso la metodologia della “ricerca-azione”.
40Si veda, su questo, il libro di Antonino Drago, Le rivoluzioni nonviolente dell’ultimo seconlo: i fatti e le interpretazioni, Ediz. Nuova Cultura, Roma, 2010.
41Per una analisi di queste lotte si veda di Gene Sharp, in particolare, Waging Nonviolent Conflict. 20th century practice and 21th century potential , Porter Sargent Publishers, Boston (Ma.), 2005; ed anche il libro di Peter Ackerman e Jack Duvall, A force more Powerful. A Century of Nonviolent Conflict, Palgrave, New York, 2001. Questi ultimi hanno curato anche un CD, tradotto anche in italiano, intitolato, Una forza più potente, nel quale vengono presentate, con interviste molto interessanti a protagonisti/e di queste lotte, la marcia del sale di Gandhi in India, dei neri nord americani, ispirate da M.L.King, contro le discriminazioni razziali, dei neri del Sud Africa per l’eliminazione dell’apartheid, in Danimarca per la salvaguardia degli Ebrei, in Cile per la caduta di Pinochet ed il ritorno alla democrazia, in Polonia le lotte di Solidarnosc contro il regime comunista. IL CD, con traduzione italiana sottotitolata è distribuito, in Italia, dalla rivista del Movimento Nonviolento, Azione Nonviolenta, con sede a Verona.
42E’ da prendere nota che l’Italia ha votato contro questa decisione, il che conferma il ruolo fondamentale delle nostre Forze Armate nelle decisioni politiche del nostro paese. Ma non possiamo illuderci che la battaglia contro le armi nucleari sia ormai vinta. Come l’Italia, hanno votato contro questa decisione molti dei paesi che posseggono armi nucleari (ma si sono astenuti, Cina, India, Pakistan), o le hanno nel loro paese, come l’Italia, (con la cosiddetta doppia chiave, che permetterebbe anche al loro Capo di Stato di usarle), ed essendo svariati di questi paesi anche muniti di diritto di veto possono riuscire a far mettere nel dimenticatoio anche una eventuale decisione ufficiale delle Nazioni Unite nella conferenza specifica che si aprirà, a New York, nel marzo 2017. Quindi, probabilmente, finché non avremo delle Nazioni Unite realmente democratiche, senza privilegi verso alcuni dei paesi più potenti, che sono, come abbiamo già visto, più interessati alla costruzione ed alla vendita di armi che ad una seria ricerca della pace, il problema non sarà risolto. Comunque ogni passo avanti è sempre benvenuto, o prima o dopo anche questa battaglia sarà vinta. C’è da dire comunque che la decisione sulle armi nucleari presa dall’Assemblea delle Nazioni Unite era stata anticipata alle Nazioni Unite di Ginevra dall’ “Open Ended Working Group” (gruppo di lavoro a composizione aperta), cui pure hanno partecipato varie ONG, come il MIR, nella sua sezione austriaca, ed anche i “disarmisti esigenti”; gruppo di lavoro, quello citato, che ha portato avanti le discussioni dal febbraio all’agosto 2016. La raccomandazione finale di questo gruppo (il 19 agosto 2016, votata a larghissima maggioranza -107 voti contro 24) ha richiesto di far partire, nel 2017, una Conferenza dell’ONU che negozi l’interdizione delle armi nucleari, raccomandazione poi confermata dall’Assemblea delle Nazioni Unite il 27 ottobre 2016, con il 76% dei voti a favore. Interessante il fatto che, poche ore prima della votazione dell’ONU, anche il Parlamento Europeo aveva votato a favore dell’ apertura di questa Conferenza, anche qui a grande maggioranza. Si veda, su questo, l’articolo di Luigi Mosca (dei “disarmisti esigenti”) su “Un Trattato di interdizione delle armi nucleari” nel giornale, on line, Massacritica.eu, del 7 novembre 2016. .
43E’ una forma di blocco molto usato dai nonviolenti. Mettono i loro corpi, bene intrecciati l’uno con l’altro in modo da rendere difficile alla polizia il distrigare il gruppo, sdraiati per terra di fronte all’entrata, in quel caso della mostra. Le persone venute per acquistare le armi, se volevano entrare, dovevano passare sui corpi del blocco vivente, ma nessuno di loro ha avuto il coraggio di farlo.
44Una delle caratteristiche delle nostre Forze Armate è quello della pletora dei generali o ammiragli, che , nel nostro paese, hanno un rapporto con i semplici soldati (o marinai) tra i più bassi del mondo. In Italia il rapporto è di 1/378, negli USA 1/1500, in Germania 1/1000.
45Si veda l’appello per il riconoscimento giuridico dell’obiezione di coscienza al servizio militare lanciato, nel 1962, da due riviste fiorentine (il Ponte e Testimonianze) e da varie organizzazioni di base della città, firmato da oltre 20.000 persone, presentato pubblicamente a Roma e consegnato al Parlamento italiano. Su questo si veda A. L’Abate, “Pagine fiorentine di storia dell’obiezione di coscienza, in, Guida pratica al servizio civile, a cura dell’Assessorato alla Sicurezza Sociale della Provincia di Firenze, 1988, 2a ediz., pp.5-8.
46Una terza sentenza della Corte Costituzionale, la 228 del 2004, di fronte alla Provincia Autonoma di Trento che riteneva che il servizio civile fosse di propria esclusiva competenza, confermava invece che essendo uno dei compiti principali del servizio civile quello della difesa non-armata della Patria, questo non poteva essere delegato perché compito esclusivo dello Stato.
47Mentre prima era gestito dal Ministero della Difesa, in modo molto autoritario e togliendo anche fondi previsti per questo settore per usarli per i militari. Vedi su questo la relazione di Antonino Drago, dell’Università di Napoli, che è stato il primo presidente della Commissione Nazionale per la Difesa Non-Armata Nonviolenta: “Introduzione ai lavori delle Commissione ‘La Difesa Popolare Nonviolenta tra Movimento e Istituzioni. DPN, Peacekeeping e interventi nonviolenti in area di conflitto armato’”, in A. L’Abate, L. Porta a cura di, L’Europa ed i conflitti armati. Prevenzione, Difesa Nonviolenta e Corpi Civili di Pace, Firenze University Press, 2008, pp. 237-256.
48La Valle fa riferimento alla nomina, il 14 ottobre 2016, del Padre generale della Compagnia di Gesù, il venezuelano Arturo Sosa, che il giorno successivo, nella messa di ringraziamento, ha detto che : ”dobbiamo avere l’audacia di intraprendere ‘l’improbabile e l’impossibile’…. E la cosa che oggi sembra impossibile, per quando sia necessaria – continua La Valle citando le parole di Sosa – , è di fare ‘una Umanità riconciliata nella giustizia, che vive in pace in una casa comune ben curata, dove c’è posto per tutti ‘ …. – e prosegue Sosa che è necessario, per questo“ operare ‘per superare la povertà, l’ inuguaglianza e l’oppressione”.
49Vedi relazione citata di A. Drago, p. 246, nota 9.
50Si veda per questo l’importanza degli insegnamenti del grande pedagogista sud americano Paolo Freire, ed in particolare del suo libro, Pedagogia degli oppressi, A. Mondadori, Milano, 1971.
51Sul problema della mancata prevenzione dei terremoti nel nostro paese si veda l’articolo di Luca Mercalli, “Di fronte ai disastri naturali, la nostra debolezza più grande è la mancanza di prevenzione”, in, Gaia, autunno 2016, p. 7.
52Come abbiamo già visto questa scelta, che il Parlamento avrebbe voluto ridiscutere, ci è stata imposta dalle Forze Armate grazie al loro Capo Giorgio Napolitano.
53si veda l’articolo: “Costa Rica da record. Nel 2015 il 99% dell’energia dalle rinnovabili”, di Adam Epstein, in, Gaia, estate 2016, p.8.
54Per la proposta della difesa difensiva si veda il libro di Johan Galtung, Ci sono alternative!,Edizioni Gruppo Abele,Torino, 1986.
55Questi sono, Interventi Civili di Pace, il Comitato Nazionale degli Enti di Servizio Civile CNESC; il Forum Nazionale di Servizio Civile, Sbilanciamoci, La Rete della Pace, la Rete per il Disarmo.
56Importante, in questo settore, l’approvazione dell’emendamento del senatore Giulio Marcon, del SEL, alla finanziaria del 2014 (vedi Gazzetta Ufficiale del 20 maggio 2015) che prevede uno stanziamento di 9 milioni di Euro per l’istituzione di un contingente di 500 giovani in servizio civile, per la sperimentazione di azioni non-governative di pace in situazioni di conflitto o di pre-conflitto, secondo le indicazioni di Alex Langer per attuare dei Corpi Civili di Pace che lavorassero con la nonviolenza nella prevenzione dei conflitti armati, approvate ripetutamente dal Parlamento Europeo. Ma a causa delle tante difficoltà apposte alla presentazione dei progetti, al 4 agosto 2016, risultava approvato solo l’impiego di 106 giovani volontari (rispetto ai 500 previsti dalla legge). Speriamo che la sperimentazione di questo primo contingente, e l’eliminazione di cavilli burocratici, forse voluti, apra le porte alla piena attuazione della legge.
__________________________________________
Prof. Alberto L’Abate è membro della Rete TRANSCEND per la Pace, Sviluppo e Ambiente. Vive a Firenze e insegna presso la TRANSCEND Peace University-TPU.
Go to Original – serenoregis.org
DISCLAIMER: The statements, views and opinions expressed in pieces republished here are solely those of the authors and do not necessarily represent those of TMS. In accordance with title 17 U.S.C. section 107, this material is distributed without profit to those who have expressed a prior interest in receiving the included information for research and educational purposes. TMS has no affiliation whatsoever with the originator of this article nor is TMS endorsed or sponsored by the originator. “GO TO ORIGINAL” links are provided as a convenience to our readers and allow for verification of authenticity. However, as originating pages are often updated by their originating host sites, the versions posted may not match the versions our readers view when clicking the “GO TO ORIGINAL” links. This site contains copyrighted material the use of which has not always been specifically authorized by the copyright owner. We are making such material available in our efforts to advance understanding of environmental, political, human rights, economic, democracy, scientific, and social justice issues, etc. We believe this constitutes a ‘fair use’ of any such copyrighted material as provided for in section 107 of the US Copyright Law. In accordance with Title 17 U.S.C. Section 107, the material on this site is distributed without profit to those who have expressed a prior interest in receiving the included information for research and educational purposes. For more information go to: http://www.law.cornell.edu/uscode/17/107.shtml. If you wish to use copyrighted material from this site for purposes of your own that go beyond ‘fair use’, you must obtain permission from the copyright owner.
Read more
Click here to go to the current weekly digest or pick another article:
ORIGINAL LANGUAGES: