(Italiano) “Politica interna mondiale”
ORIGINAL LANGUAGES, 15 May 2017
Johan Galtung | Centro Studi Sereno Regis – TRANSCEND Media Service
5 maggio 2017 – Weltinnenpolitik (Politica interna di una società planetaria) fu la brillante espressione coniata nel 1963 da Carl Friedrich von Weizsäcker; fisico nucleare con una ambigua carriera durante il periodo nazista, filosofo, attivista per la pace e Cristiano credente. Il mondo pensato come una società organizzata, una entità politica. Non in termini di due livelli, il mondo e gli stati – santificati in quanto membri delle Nazioni Unite – con politiche interne e politiche “estere”. Una “Politica interna mondiale” richiede un mondo senza stati né regioni bensì un mondo inteso come lo stato. Con amministrazioni locali, autorità locali, ma fondamentalmente con oltre 7 miliardi di esseri umani, dotati di diritti umani e democrazia.
Un unica radiosa parola, che induce molti a pensare e parlare in modo diverso. Che similmente a tutte le ricette genera diverse questioni problematiche; a ulteriore conferma di quanto fertile questa formula sia stata e tuttora sia. Così, come può quell’unica forma di governo mondiale organizzare l’autorità politica, culturale, militare ed economica? Concise risposte preliminari:
- Autorità politica: da parte della gente, tramite elezioni e referendum mondiali diretti, a un parlamento mondiale, dove si discuta delle faccende in questione;
- Autorità culturale: intesa come dialogo mondiale tra culture, a significare vicendevole apprendimento per una cultura mondiale realizzabile, all’interno di quello stato mondiale;
- Autorità-forza militare: demilitarizzazione generale e completa degli eserciti statali, polizia mondiale che operi sia a livello planetario che locale come polizia domestica;
- Autorità economica: esercitata da parte di un mondo solidaristico che sostenga le persone sofferenti.
Si può pensare che tutte e quattro le autorità, elezioni e referendum mondiali diretti, dialogo mondiale tra culture (non solo Occidente-Islam), polizia mondiale e mondo di ben-essere stiano aspettando dietro le quinte di essere attivate, e di diventare operative. Però sulla scena ci sono stati e super-stati; a cantare il loro canto del cigno?
Cerchiamo di andare più a fondo della questione. Abbiamo circa 200 sistemi di governo in singoli stati – 193 sono membri delle NU – può uno qualunque fare da modello? O dobbiamo adottare un nuovo modo di pensare affinché l’intera popolazione mondiale si senta a casa, domus, affinché qualunque cosa diventi parte di una politica domestica mondiale?
I migliori candidati a essere potenziali modelli avrebbero solo AL (autorità locali) tra lo stato e gli individui. Potrebbe esserci qualcos’altro per ragioni amministrative ma il livello locale conterebbe di più.
La Norvegia è stata un tempo un paese simile (“Formannskapsloven“, 1837), ma il presente governo conservatore, appoggiato dal parimenti o ancor più conservatore Partito Laburista, è indaffarato nel costituire “regioni”, come in Francia e Spagna e altri paesi. Il motivo è abbastanza ovvio: le regioni possono essere guidate dall’alto, dallo stato, mentre le AL sono governate dal basso, dalla gente. La giustificazione è economicistica, in termini di vantaggi su grande scala; trascurando quanto sia importante per gli esseri umani essere affettivamente vicini ad altre persone e a qualcosa come la nostra piccola biblioteca, il nostro negozio di libri. Le AL sono in grado di generare circoli di cooperazione, inoltre di produrre su iniziativa pubblica libri che siano disponibili per i privati. Ma il sentirsi vicini ha importanza, un senso di titolarità.
La Spagna ha molte delle medesime caratteristiche, con più di 8.000 AL, ayuntamientos; ma con 50 province in 17 “autonomías” a livello intermedio. Come in Norvegia, lo stato con i poteri legislativo-esecutivo-giudiziario ha l’ultima parola. O forse la UE. O forse l’ONU. O l’Ambasciata degli USA?
La Svizzera? Tra il governo federale e la gente ci sono 2.300 AL ma pure 26 cantoni e quattro regioni linguistiche. Tuttavia, l’ultima parola viene data ai frequenti referendum che si fondano su dibattiti a livello AL; se approvati da oltre metà della popolazione in più della metà dei cantoni.
Sarebbe realizzabile un mondo che si basa su, diciamo, 2 milioni di entità elettorali su base AL per elezioni-referendum mondiali? Tecnicamente, sì; politicamente sì, ma funzionerebbe? Si immagini un referendum sul vegetarianesimo, che vieti il consumo di carne, magari anche quella di pesce e pollame, in effetti obbedendo alla Bibbia Cristiana (Genesi 1:29-30). Approvato dalla maggioranza delle persone nella parte orientale del mondo sotto l’influenza di Buddismo e Induismo, ma respinto nella parte occidentale? Le parti dovrebbero avere potere di veto? In questo caso, esisterebbero parti, in realtà forme di governo intermedie? O piuttosto ciascuna AL potrebbe decidere per se stessa, con una politica mondiale scelta dalla maggioranza mondiale?
Quello sarebbe ancora un mondo in cui la maggioranza può imporsi a un’intera cultura a causa di convinzioni profondamente radicate su vero o falso, buono o cattivo, bello o brutto, sacro o profano. Se ce ne fossero 7-8, si potrebbe dare alle culture potere di veto, includendo su quali questioni si debba decidere con elezioni-referendum mondiali diretti, per evitare di rischiare La Fine delle Civiltà, con il voto?
Personalmente non penso che siamo pronti per una Weltinnenpolitik. Potremmo avere ancora bisogno di molto tempo perché un dialogo mondiale tra culture produca qualcosa di simile a una cultura mondiale. L’Occidente ha individuato la risposta nella sua propria cultura; ma quella risposta non è più credibile. Può avere senso il mondo quale “Regioni Unite” piuttosto che “Nazioni Unite (fuori moda)”, essendo le regioni portatrici di cultura. Senza dubbio un mondo del genere servirebbe quale fase intermedia in direzione di una Weltinnenpolitik.
E riguardo ai cinque vecchi “continenti”, potrebbero avere un ruolo? America sia del Nord che del Sud, Europa sia dell’Ovest che dell’Est, Africa, Asia e Australia-Oceania? Sono tutte una mescolanza di culture, forse l’Europa un po’ meno. Poiché sono cinque di numero, potrebbe essere ragionevole la formula svizzera di più di metà della popolazione in più di metà dei continenti?
Viceversa, potremmo semplicemente continuare l’attuale procedura per il Tribunale Mondiale; i cui verdetti sono “consultivi”, non vincolanti?
L’umanità navigherà in queste acque agitate per un bel po’ di tempo. Ma c’è un atteggiamento positivo: ci si concentri meno sul potere politico, militare e culturale e più sugli aspetti economici di un mondo solidaristico. Si risollevino le comunità locali più miserevoli in tutto il mondo, mettendole in condizione di farlo con le loro forze, non per tramite dell’assistenza allo sviluppo o del commercio bensì per mezzo di cooperative che abbiano lo scopo di perseguire i bisogni fondamentali. La Cina, una percentuale enorme dell’umanità, fa così; anche se ha ancora una lunga strada da percorrere. Altri possono unirsi.
Un’attenzione mondiale per le comunità più miserevoli, risollevare la parte di umanità più a fondo, questo è il mondo solidaristico di cui abbiamo bisogno. Fare questo sarebbe già Weltinnenpolitik. Oggi, non aspettando 50 e più anni.
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Titolo originale: “World Domestic Politics” – TRANSCEND Media Service
Traduzione di Franco Lovisolo per il Centro Studi Sereno Regis
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