(Italiano) Sessant’anni dopo la crisi di Cuba
ORIGINAL LANGUAGES, 24 Oct 2022
Enrico Peyretti – TRANSCEND Media Service
16 ottobre 2022 – Non è vero che la guerra c’è sempre stata e sempre ci sarà: non è un dio, ma il diavolo dell’odio umano, strumento di dominio omicida super organizzato e finanziato. La guerra non è la violenza personale di Caino, ma l’istituzione politica del Caino collettivo. E Abele è l’umanità colpita: i suoi sangui gridano al cielo, che ascolta.
Questi giorni di pericolo e di paura, sono anche memoria grande: sessant’anni fa l’apertura del Concilio, coraggio della speranza cristiana, e la “crisi di Cuba”. Sul ciglio dell’abisso, Kennedy e Krusciov, pressati discretamente da papa Giovanni, ritirarono i missili sovietici da Cuba, e quelli statunitensi in Italia e altri paesi alla frontiera con l’URSS.
Oggi viviamo un pericolo simile a quello. Rendiamocene conto, per incidere sulla coscienza comune. Che cosa è la guerra? A di là delle varie e diverse responsabilità, la guerra è uccidere: uccidere vite umane, come la mia e la tua. E distrugge anche le condizioni per vivere: case sventrate, strade, fabbriche, luoghi della vita civile, anche queste sono uccisioni. Senza dire dei più innocenti, i bambini: l’offesa più infame. L’odio armato calpesta la vita. E i soldati mandati a combattere, usati come strumenti per ammazzare o essere ammazzati: offesa alla persona umana, peggio della schiavitù. La guerra è questo buio. La guerra ci offende nel più profondo dell’essere. Cerchiamo pure ragioni, errori, colpe storiche, nazionali, politiche: ma la guerra è ammazzarci tra noi. Non parifichiamo l’aggressore con l’aggredito, ma neppure dimentichiamo i precedenti storici, le politiche di potenza, i nazionalismi che spaccano l’umanità, la brutta fede nella guerra, come se uccidere potesse portare vita e diritti. L’Occidente non è innocente: non ha istituito la pace possibile dopo il 1989, ha mantenuto uno spirito di dominio. Ma né io né voi siamo innocenti, se sopportiamo la logica di guerra.
Ogni coscienza attenta tra noi ha vissuto un dilemma angoscioso. L’Ucraina aggredita ha chiesto armi per difendersi e respingere l’attacco. Molti hanno visto in ciò il pericolo di estendere la guerra e di aumentarne la gravità, fino al rischio ormai sempre più incombente delle armi atomiche, il cui effetto impensabile è da evitare ad ogni costo. Difendere il più debole è giusto, è doveroso. Ma come? Ci sono solo armi contro armi? Evitiamo di cadere nell’adorazione dell’idolo omicida, della guerra come unica difesa e salvezza.
Qui ci parliamo non solo da cristiani, ma da persone umane. Oggi siamo tutti accomunati da strutture planetarie comuni, nella comunicazione, nel pericolo ambientale. Siamo tutti fratelli per sorte comune, indivisibile, pur con diverse culture e religioni, ma i poteri politici non rispondono al bisogno radicale di convivenza planetaria! Non so se vedo chiaro: temo che ci sia una spaccatura tragica tra la gente comune, senza poteri speciali, che non vuole la guerra, e una classe che ha il potere economico, l’industria delle armi, che fa la guerra perché la vuole o l’accetta, nonostante discorsi di facciata. Perché si gettano fiumi di denaro e di invenzione nel perfezionare e moltiplicare le armi? Le armi sanno solo uccidere: se le fai, le userai, altrimenti non conviene. Ma difendono, si dice. E’ proprio vero? Se io fossi armato, il ladro verrebbe armato anche lui, e finirebbe male per tutti. L’arma minaccia anche chi la impugna. Costui è un disperato, è umanità abbassata. Vedo un fatto positivo nel fatto che la guerra attuale è sentita come bassa necessità, mentre in passsato era persino glorificata, nella retorica dei monumenti che offendono i “caduti”, cioè gli uccisi. L’umanità si sta vergognando della guerra, ne soffre, ma non sa ancora emanciparsi. I popoli devono esigere dai potenti una vera politica di pace, di incontro e mediazione.
Ma politica e governi, anche quelli non apertamente aggressivi, sembrano rassegnati al fatto che alla guerra si può opporre solo la guerra. E’ una miseria mentale. In passato anche la morale cristiana giustificava la guerra di difesa, la “guerra giusta” (persino per espandere coi colonialismi la “civiltà cristiana”!…). Ma oggi le coscienze devono rispondere ai “segni dei tempi”: papa Giovanni, proprio dopo il rischio nucleare nella crisi di Cuba, scrisse chiaro e tondo nella Pacem in terris che, nelle condizioni del mondo attuale, pensare la guerra come strumento di giustizia è “alienum a ratione“, fuor di ragione, pazzesco. Nell’era atomica la sorte non può più essere divisa tra vincitori e vinti. Già da sempre ogni vittoria è seme di odio e di rivincita, non è pace, ma solo la volontà del vincitore imposta al vinto, è lo scopo stesso violento della guerra, e il seme della guerra successiva.
La pace positiva è solo nell’accordo a metà strada: cedere qualcosa e ottenere qualcosa. Nesun vincitore e nessun vinto (voleva così anche Gorbaciov), come si fa tra persone di buon senso che vivono insieme. Ma la politica? Si dovrà ripensare a fondo la politica perché ora dobbiamo, se faremo in fempo, ripudiare davvero la guerra. “Ripudiare” è rompere un dannato matrimonio storico tra stato, politica, e guerra.
Politica è l’arte di vivere insieme tra molti e differenti, è vivere nella con-differenza, nè separati né livellati; non è tra identici, di un’unica identità. Il nazionalismo sovrano è guerra mentale verso l’altro. I popoli, le civiltà, vengono a convivere sulle stesse terre, e questa è una nuova ricchezza umana.
Non mi piace sentir parlare di pacifismo, che suona resa, viltà, o illusione. Quella che vogliamo è la pace giusta. La nonviolenza attiva è esperienza, ricerca, è anche storia: un’ampia storia reale, documentabile, di lotte giuste nonviolente, possibilità dei popoli coscienti e svegli e preparati per opporsi anche all’offesa armata. Il rifiuto della violenza, altrui e propria, fonda la positiva resistenza nonviolenta alla violenza. Disobbedire alla guerra, a farla e onorarla, è l’inizio della liberazione. I popoli consapevoli, non frastornati dagli interessi economici, imperiali, nazionalistici, hanno il potere della disobbedienza. Ogni prepotenza vuole essere obbedita, ma la coraggiosa disobbedienza all’ingiustizia svuota il potere ingiusto. Disobbedire alla guerra richiede coraggio e sacrifici, sì, ma si salva dalla vergogna e bassezza dell’uccidere. Gandhi ha scoperto e vissuto la vera politica umana: non il potere sugli altri, ma la liberazione dal dominio senza odiare i dominatori. Francesco nella Fratelli tutti parla spesso di “amore politico”. La Resistenza al nazifascismo fu anche armata, ma la sua forza profonda fu nel risveglio morale popolare dall’inganno fascista. Nulla è assicurato per sempre se non vivono le coscienze.
Un’avversità può diventare opportunità, nuovo stimolo creativo. Tra popoli umani abbiamo tante idee, culture, visioni, ma tutti vogliamo vivere: il lavoro urgente di ogni semplice cittadino come noi è togliere offesa, non dare dolore, distruggere le armi crudeli, sentire nostro il dolore delle vittime, scoprire la lingua umana comune. Dio paterno e materno mostratoci da Gesù è vita che vuole vita: non piomba a fare miracoli, ma chiede a noi, e ci dà desiderio forte e possibilità di pace giusta, per lasciar fiorire ogni vita.
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Enrico Peyretti è membro della Rete TRANSCEND per la Pace, Sviluppo e Ambiente.
Tags: Anglo America, Cuba, John F. Kennedy, Russia, USA, USSR
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