(Italiano) Verità: una riflessione

ORIGINAL LANGUAGES, 22 Jul 2024

Johan Galtung | Centro Studi Sereno Regis – TRANSCEND Media Service

Foto Chris Christian | TRUTH (CC BY-NC 2.0)

– L’idea di Verità è rilevante per le arti/materie umanistiche quanto per le scienze. La Verità è un attributo di un’articolazione simbolica – una tesi, un testo, un dipinto, una scultura, un brano musicale – allorché confrontato con la realtà: riflette, concorda con ciò che consideriamo “realtà”? Alcuni negano l’esistenza di qualunque realtà al di fuori delle articolazioni. Sottoposta la questione al test buddhista per la vita senziente: vi influisce con sofferenza (dukkha) e/o con beatitudine (sukha)? Si può – e si deve – criticare qualunque discorso su HIV-AIDS, ma sono sigle che possono anche significare morte e non è ovvio che l’agente uccisore sia/fosse il discorso.

La scienza divide il mondo fra osservato-inosservato e previsto-imprevisto mediante una tesi. Ver(ificat)a se l’osservato è quanto previsto e l’inosservato è quanto imprevisto. Una serie di tesi si può tessere in un testo. Per gli artisti si parte di solito da un testo – in parole, musica, colori e forme, qualunque cosa – concepita come “realtà percepita mediante un temperamento”, da persone con grandi sensibilità, capacità di vedere l’invisibile e udire l’inudibile, per riflettere la realtà non solo empirica ma anche potenziale, e con gran potere di articolazione. La differenza è di gradazione. Com’è vero!, possiamo esclamare quando il testo comincia a possederci.

Ma mentre gli scienziati occidentali seguono Aristotile e Cartesio nel suddividere la realtà in particelle da riflettersi una alla volta, gli artisti sono più orientali, più olistici, riflettendo una qualche totalità con le sue tensioni, come nei complessi, incredibili romanzi che hanno iniziato tale tradizione in Giappone – il Racconto di GenJi di Murasaki Shikibu, e il Sogno della Camera Rossa di Tsao Hsueh-Chin, che ci fa[nno] percepire la Cina del 1421 e 1434, ora resa famosa dai libri incredibili di Gavin Menzies.

Due nessi critico-costruttivi per Verità e Letteratura: complessità della Verità e creazione della Verità. Né Marx né Freud, né la fenomenologia, il (post)strutturalismo o il femminismo – pendendo verso Jonathan Culler e la sua teoria letteraria – ma non meno importanti nel nostro mondo globalizzante e molto inguaiato, col peggio ancora da arrivare.

Primo, oggi viviamo la nostra vita a quattro livelli contemporanei, micro-meso-macro-mega, con quelli che ci sono più prossimi, nella realtà sociale dei generi, razziale e di classe, nei rapporti con altri paesi vicini e lontani, e nei movimenti tettonici fra le massime configurazioni come Nord vs Sud, Occidente vs il Resto del mondo, o cristianesimo vs islam. Noi viviamo tali livelli ed essi ci vivono, ci piaccia o meno. Non si tratta solo, per dire, di Freud per il micro-livello e Marx per il meso; aggiungiamoci Sun Tzu-Clausewitz per gli stati, Gandhi per il rapporto Nord-Sud e Lewis-Huntington per le civiltà! Tutti elementi in tutti noi contemporaneamente, non micro qui e mega con quell’altro.

Ibsen combinò il micro col meso come genere e classe, ma gli altri mancavano perfino dal suo mappamondo. Eppure, oggi sono nella mente di quasi tutti. Noi viviamo ancora i nostri amori con i nostri partner, e invece intratteniamo rapporti, che so, con nostra suocera. Ma: che ci stanno combinando gli immigranti? Islamizzazione alla chetichella? Che succede quando l’Impero USA non solo declina ma cade, poi tocca a noi? I poveri del mondo ci si rivolteranno contro? Chi sono io, con chi sto, sul versante giusto o quello sbagliato? E mia suocera come ha programmato sua figlia per tutto ‘sto po’po’?

Un mondo super-complesso. Sì, è compito della letteratura esserne riflesso per essere vera. Meno Iris Murdoch – Una testa tagliata, o Melissa Bank – La cosa peggiore che una ragazza suburbana potesse immaginare, con le loro parole semplici. Più l’indiano Pranav Kumar Vandyopadhyaya con Passare il tempo a Biharipur, senza citare Karma Cola di Gita Mehta. Che l’hanno visto prima di noi in Occidente. E’ ora di svegliarsi.

La seconda riflessione critico-costruttiva è centrata sulla Verità come qualcosa da crearsi, non solo da riflettere. Verità come corrispondenza fra previsto e imprevisto e fra perseguito e rifiutato, e da ultimo anche fra osservato e inosservato. Come sta la letteratura in proposito?

Aristotile ci ha sospinti su una pista disgraziata distinguendo fra tragedia e commedia. Noto per giunta per il suo tertium non datur, nessuna terza alternativa, ci ha condotti a credere che l’espressione letteraria ha una conclusione infelice, cattiva, o una in qualche modo comica, risibile. Come nei media: realtà distorta pressandola in quelle due forme: giornalismo di violenza, qualcosa di negativo-triste-brutto; o intrattenimento; infovertimento. Niente soluzioni, niente ottimismo.

Ma qual è l’alternativa? Non lo sarebbe la soluzione “felici e contenti “di Hollywood”? Manco per niente. Ci riesce meglio sovente la musica, come Beethoven, magari in particolare qualche suo quartetto. Sforzandosi, lottando proprio per ottenere quella realtà dove è pur sempre possibile l’armonia, nel senso musicale di terminare in effetti tonici, nel senso di pace del finire con una soluzione, un trascendimento positivo del conflitto. C’è lì un senso di sollievo, che può anche produrre il recupero e la ricostituzione necessari per il prossimo problema o conflitto. Una musica che non fornisce una tale sensazione è difficilmente produttrice di pace.

Autori come Han Yin e Bernard Malamud in Una Vita Nuova, hanno scritto romanzi commoventi dove gli attori vivono enormi problemi e conflitti in ambienti molto sciatti eppur riuscendo alla fine, con un gran senso proprio e per il lettore di liberazione e vigore: trascendendo i loro problemi. Non tragedia, ma neppure commedia; “trascendia”? Quanto mai necessaria nei media, una qualche luce, pur senza alcun timore di riferire sofferenza.

Un settimo cielo, come lì a pagina 48, usando il resto del romanzo per farne brandelli, non va bene neppur quello. Il mondo ha bisogno di soluzioni e sovente ne ottiene; andando per tragedie si è sul versante sbagliato della storia.

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Originariamente pubblicato il 27 maggio 2009 – #63

Johan Galtung (24 ottobre 1930-17 febbraio 2024), era professore di studi sulla pace, Dr. hc mult, e è stato il fondatore della Rete TRANSCEND per la Pace, Sviluppo e Ambiente e rettore della TRANSCEND Peace University-TPU. Prof. Galtung ha pubblicato 1.670 articoli e capitoli di libri, più di 500 editoriali per TRANSCEND Media Service-TMS, e 170 libri su temi della pace e correlate, di cui 41 sono stati tradotti in 35 lingue, per un totale di 135 traduzioni di libri, tra cui 50 Years-100 Peace and Conflict Perspectives, ‘pubblicati dalla TRANSCEND University Press-TUP.

Original in English: About Truth – TRANSCEND Media Service

Traduzione di Miki Lanza per il Centro Studi Sereno Regis

Go to Original – serenoregis.org


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