(Italiano) L’espansione della NATO nell’Indo-Pacifico è priva di legalità e buon senso

ORIGINAL LANGUAGES, 28 Oct 2024

Jan Oberg, Ph.D. | Centro Studi Sereno Regis – TRANSCEND Media Service

NATO Secretary General Mark Rutte and Minister of Defence of New Zealand Judith Collins – CC-BY-NC-ND-2.0

– Sud-Corea, Giappone, Australia, e Nuova Zelanda hanno inviato i propri ministri della difesa a una riunione NATO questo ottobre 2024. In precedenza, avevano partecipato i rispettivi capi di stato e altri, ma questa era la prima volta per i ministri della difesa. La loro partecipazione, più operative a livello militare, segnala che l’espansione della NATO in questa regione è un cosa seria. Da una prospettiva politico-psicologica, mostra anche che l’espansione per l’espansione in sé è diventata la ragion d’essere di questa alleanza un tempo difensiva; ragione sempre cercata fin da quando URSS e Patto di Varsavia si dissolsero 35 anni fa, allorché, per pura logica, avrebbe dovuto anch’essa cessare.

L’espansione avviene in violazione del Trattato NATO del 1949, copia dello Statuto ONU, cui si deferiscono le dispute; e che stabilisce – all’Articolo 5 – che i membri dell’alleanza sono obbligati a sostenere qualunque [suo] membro se dovesse essere attaccato dall’esterno.

Oggi la NATO ha 32 membri, ma – gradualmente e virtualmente senza attenzione internazionale – ha aggiunto 38 paesi partner da tutto il mondo, compresi i 4 succitati.

La categoria ”partner” non esiste nel Trattato NATO – né peraltro cose come armi nucleari e loro primo uso, interventi o bombardamenti in paesi non-membri come la Jugoslavia a suo tempo, il Kosovo, la Libia, l’Ucraina, etc. Tali attività non hanno alcuna base legale nel Trattato NATO, sono operazioni fuori-area e fuori-trattato.

Sorge una domanda di buon senso e legale: fino a che punto un’organizzazione può deviare dal proprio fondamento legale senza venire indagata per un’eventuale condotta illegale – e quale istituzione ha l’autorità per indagare?

Ecco come la NATO motiva la propria espansione strisciante sulla su homepage: ”Per accentuare la (loro) consapevolezza situazionale reciproca degli sviluppi della sicurezza nelle regioni Euro-Atlantice e Indo-Pacifica, ivi compresa la guerra d’aggressione della Russia contro l’Ucraina, le ambizioni dichiarate della Repubblica Popolare Cinese (PRC) e [relative] politiche coercitive in vari àmbiti, la crescente partnership strategica fra PRC e Russia, e la situazione della sicurezza nella penisola coreana…”Una rete in partnership rafforza la sicurezza fuori dal territorio NATO, il che rende più al sicuro la NATO stessa”.

Purtroppo, la homepage della NATO non contiene alcuna analisi razionale, empiricamente solida, multidimensionale che sostanzi che la Cina sia una minaccia o una ”sfida” a membri NATO. L’alleanza attualmente si muove su postulati e concetti antiquati di difesa e deterrenza offensive. La Cina è un problema perché ha valori e interessi differenti. Discorso che sa sempre più di predica a una congregazione ecclesiastica.

Secondo un resoconto del Servizio di Ricerche Parlamentare USA del giugno 2023 sulle infra-strutture USA nell’Indo-Pacifico,” gli Stati Uniti mantengono e usano almeno 66 significativi siti difensivi sparsi nella regione”. (La Cina ha una sola base militare mondiale a Gibuti). Inoltre, la presenza navale occidentale permanente – in aumento – e i costi già tremendi dell’AUKUS, la partnership trilaterale fra Australia, Regno Unito, e Stati Uniti sono pure aumentati. Il Pilastro 1 dell’AUKUS riguarda l’acquisizione da parte dell’Australia di sottomarini d’attacco a propulsione nucleare e la loro ospitalità da parte USA e UK. Il Pilastro 2 riguarda la collaborazione intensificata in queste aree high-tech: capacità sottomarine, tecnologie quantistiche, AI ed autonomia, cibernetica avanzata, capacità ipersoniche e anti-ipersoniche e guerra elettronica.

Però i costi di mantenere un impero militarista mondiale sono inimmaginabili e autodistruttivi:  le spese militari USA sono 916 miliardi di dollari (almeno: molte voci non sono nel bilancio del Pentagono) = 3.4% del proprio PIL e all’incirca equivalente a quello dei successivi 9 paesi in graduatoria insieme: Cina 296mld US$=1,7% PIL, Russia 130mld=6.3%, India 84mld=2.4%, Arabia Saudita 76mld=7.1%, UK 75mld=2.3%, Germania 67mld=1.5%, Ucraina 65mld=37%, Francia 61mld=2.1% e Giappone 50mld=1.2% – Tutti secondo SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute).

In base a questi dati fattuali e all’evidenza che son gli USA a montare la tensione contro la Cina e non viceversa: nessuno minaccia l’Occidente! – è impossibile trovare una qualunque ragione empiricamente solida per il postulato USA/NATO che la Cina sia una minaccia o una “sfida.” Pare piuttosto essere patologico – paranoia psico-politica causata dal a) senso subconscio ma negato di relativo declino e b) bisogno permanente di nemici per legittimare l’esistenza del MIMAC – Complesso Militar-Industrial-Mediatic-Accademico – fuori dal controllo democratico, che gli USA hanno, o anzi sono.

Studi macro-storici sul declino degli imperi indicano cause come sovra-militarizzazione, legittimità in contrazione nell’altrui considerazione, declino in tutte le dimensioni del potere salvo quella militare e – di speciale importanza – sovra-estensione: l’impero cresce aldilà di gestione/controllo con una capacità calante di portanza economica.

Siccome USA/NATO hanno già perso in vari modi in Ucraina (e in tutte le guerre dal Vietnam), può darsi che gli USA la lascino (agli europei) e si buttino ancora in un’altra futile guerra in Medio Oriente – tentando poi di ”ruotare” su Taiwan/Cina. Ma a quel punto l’Impero e la NATO si saranno dissolti – come il fratello occidentale, l’URSS – a causa di politiche illusorie, auto-distruttive e di impressionabilità priva di visione, di politiche estere e diplomazia razionali. Cioè, appunto: sovra-estensione, militarismo e hybris.

Ed è allora che potremo sperare di creare un mondo molto migliore, pacifico e cooperativo. Ricordiamoci, oltre l’arcobaleno, i cieli sono ancora blu. Anche nell’Indo-Pacifico.

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Jan Oberg, Ph.D. è direttore de The Transnational Foundation for Peace and Future Research-TFF e fa parte del TRANSCEND Network for Peace Development Environment. CV: https://transnational.live/jan-oberg
https://transnational.live

 

Original in English: NATO’s Indo-Pacific Expansion Lacks Legality and Common Sense – TRANSCEND Media Service

Traduzione di Miki Lanza per il Centro Studi Sereno Regis

Go to Original – serenoregis.org


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