(Italiano) Il nostro mondo che svanisce: fauna e flora selvatica
ORIGINAL LANGUAGES, 30 Dec 2019
Robert Burrowes | Pressenza – TRANSCEND Media Service
Nel corso della sua storia, la Terra ha vissuto cinque estinzioni di massa. Ora sta vivendo la sesta.[1]
- L’estinzione tra Ordoviciano e Siluriano, avvenuta circa 439 milioni di anni fa, ha cancellato l’86% della vita sulla Terra a quell’epoca. La maggior parte degli scienziati ritiene che questa estinzione di massa sia stata precipitata dalla glaciazione e dall’abbassamento del livello del mare (forse a causa della formazione della catena montuosa appalachiana), con un impatto catastrofico sulla vita animale nell’oceano.
- L’estinzione del tardo Devoniano ha avuto luogo circa 364 milioni di anni fa e ha distrutto il 75% delle specie sulla Terra. Probabilmente si è diffusa in centinaia di migliaia di anni, causata da una sequenza di eventi che hanno impoverito gli oceani di ossigeno mentre la superficie terrestre è stata raffreddata da cenere vulcanica. Dovevano trascorrere 10 milioni di anni prima che i vertebrati comparissero di nuovo sulla terraferma. Se l’estinzione tardiva del Devoniano non si fosse verificata, gli esseri umani potrebbero non esistere oggi.
- L’estinzione del Permiano-Triassico, avvenuta 251 milioni di anni fa, è considerata la peggiore di tutta la storia perché circa il 96% delle specie sono andate perdute. La “Grande Moria” è stata precipitata da un’enorme eruzione vulcanica che ha riempito l’aria di anidride carbonica alimentando diversi tipi di batteri che hanno iniziato ad emettere grandi quantità di metano. La Terra si riscaldava e gli oceani diventavano acidi. Le forme di vita presenti oggi discendono da quel 4% di specie sopravvissute.
- L’estinzione del Triassico-Giurassico si è prodotta tra 214 milioni e 199 milioni di anni fa e si ritiene che ci siano state diverse fasi di perdita di specie. La colpa è stata attribuita all’impatto di un asteroide, la perturbazione del clima ed eruzioni di basalto. Questa estinzione ha posto le basi per l’evoluzione dei dinosauri, che sono sopravvissuti per circa 135 milioni di anni.
- L’estinzione del Cretaceo-Paleocene, la meglio conosciuta delle 5 grandi estinzioni di massa, si è verificata 65 milioni di anni fa, ponendo fine al 76% della vita sulla Terra, compresi i dinosauri. La causa è una combinazione di attività vulcanica, impatti di asteroidi e perturbazioni del clima. Questa estinzione ha successivamente permesso l’evoluzione dei mammiferi sulla terraferma e degli squali in mare.
- Il sesto evento di estinzione di massa nella storia della Terra è quello che stiamo vivendo ora. A differenza delle precedenti estinzioni, che hanno contribuito a spianare la strada all’evoluzione di Homo Sapiens, la causa precipitante di questo evento è la nostra stessa specie che è destinata ad essere una delle specie a rischio di estinzione.
Permettetemi di spiegarne il perché, illustrando le diverse forze che guidano le estinzioni, e spiegando concetti come “co-estinzione”, “estinzioni localizzate” e “cascate di estinzioni”. Gli effetti delle estinzioni sono nascosti nel breve termine, mascherando così la reale portata della distruzione e le conseguenze per la vita sulla Terra, incluso l’Homo sapiens.
Ma prima di fare questo, propongo questo estratto dal libro “Sapiens: Breve Storia dell’Umanità”[2] di Yuval Noah Harari, che commenta l’espansione degli antichi esseri umani fuori dall’Africa: “Se combiniamo le estinzioni di massa in Australia e in America, e aggiungiamo le estinzioni su piccola scala che hanno avuto luogo man mano che Homo sapiens si diffuse in Afro-Asia – come l’estinzione di tutte le altre specie umane – e le estinzioni avvenute quando antichi raccoglitori si stabilirono in isole remote come Cuba, l’inevitabile conclusione è che la prima ondata di colonizzazione di Homo Sapiens fu uno dei più grandi e rapidi disastri ecologici che si sono abbattuti sul regno animale. I più colpiti furono le grandi creature pelose.”
Secondo Harari, nel periodo tra 70.000 e 30.000 anni fa si è verificata la Rivoluzione Cognitiva che probabilmente comportava una ristrutturazione interna del cervello di Homo Sapiens per facilitare l’apprendimento, il ricordo, l’immaginazione e la comunicazione e che coincideva anche con il momento in cui le bande di Homo Sapiens cominciarono a lasciare l’Africa per la seconda volta. A quei tempi il pianeta ospitava circa 200 generi di grandi mammiferi terrestri del peso di oltre cinquanta chilogrammi. All’epoca della rivoluzione agricola, circa 12.000 anni fa, ne restava solo un centinaio. Homo sapiens ha portato all’estinzione circa la metà delle grandi bestie del pianeta molto prima che inventasse la ruota, la scrittura e gli attrezzi di ferro.
Questa tragedia ecologica è stata ripetuta su scala più piccola innumerevoli volte dopo la Rivoluzione Agricola, portando ad esempio alla scomparsa dei mammut dal continente eurasiatico e nordamericano 10.000 anni fa, quando Homo Sapiens si è diffuso. Ciononostante, i mammut prosperarono fino a 4.000 anni fa su alcune isole remote dell’Artico, in particolare Wrangel (isola russa a nord della Siberia, NdT), per poi scomparire improvvisamente con l’arrivo dell’uomo.
Mentre c’è stato un dibattito sull’estensione dell’impatto umano rispetto ai cambiamenti climatici e ambientali, compresi i picchi dell’era glaciale[3], la documentazione archeologica fornisce prove convincenti del ruolo di Homo Sapiens come “serial killer ecologico”, secondo le parole di Harari. Ci sono altre prove ben documentate in The Future Eaters[4] del Professor Tim Flannery: Una storia ecologica delle terre e dei popoli dell’Australasia, di cui un capitolo si riferisce alla Nuova Zelanda, dove la megafauna è sopravvissuta fino all’arrivo dei Maori solo 800 anni fa per poi rapidamente scomparire.
E l’assalto non si è mai concluso perché l’inesorabile espansione di Homo Sapiens verso gli angoli più remoti della Terra (che comprende le migliaia di isole dell’Oceano Atlantico, Indiano e Pacifico) ha inevitabilmente portato all’estinzione di una miriade di specie locali, tra cui uccelli, insetti e lumache. Infatti, dopo la rivoluzione industriale di circa 270 anni fa, che ha permesso lo sviluppo di tecnologie di uccisione su una scala mai vista prima, l’assalto umano alla vita sulla Terra ha accelerato così efficacemente che 200 specie di vita sono ora spinte all’estinzione ogni giorno.
Qualunque altra affermazione possano fare su se stessi, gli esseri umani sono veramente i padroni della morte.
A che punto siamo oggi?
Secondo un recente rapporto, la Terra sta vivendo quello che potrebbe essere descritto come “solo la punta di un enorme iceberg di estinzione”[5]. Solo la punta? potreste chiedere.
Comportamenti che causano l’estinzione
I principali comportamenti umani che stanno modificando la biosfera terrestre, con esiti catastrofici per molte specie, sono facilmente visibili e ben descritti nella letteratura scientifica: distruzione di habitat come oceani, foreste pluviali, praterie, zone umide, mangrovie, laghi e barriere coralline, attraverso violenza militare, contaminazione radioattiva, attività industriali (compresa la distruzione di ecosistemi per costruire città, strade e ferrovie oltre ad una vasta gamma di altre attività) e avvelenamento chimico. A questo si aggiunge lo sfruttamento eccessivo, l’invasione biotica e gli effetti delle modificazioni ambientali, comprese le condizioni climatiche, che portano all’aumento della temperatura, a periodi più frequenti di siccità, all’acidificazione degli oceani e ad altre alterazioni delle condizioni ambientali in modo tale che i limiti di tolleranza per le specie che vi abitano vengono violati causando estinzioni localizzate. Purtroppo, però, esistono altri meccanismi più complicati che possono esacerbare la perdita di specie.
In particolare, sta diventando sempre più evidente come le interazioni biotiche, oltre a permettere l’emergere e il mantenimento della diversità, costruiscono anche complesse reti attraverso le quali la perdita di una specie può far scomparire più specie (un processo noto come “co-estinzione”), e portare interi sistemi ad un improvviso e inaspettato cambiamento di regime, o addirittura al collasso totale. In un linguaggio semplice, una specie non può sopravvivere senza le risorse (le altre specie) da cui dipende per la sopravvivenza e l’accelerazione della perdita di specie minaccia ora il collasso totale di interi sistemi.
Questo perché le interazioni tra risorse e consumatori nei sistemi naturali (come le reti alimentari) sono organizzate in vari livelli gerarchici di complessità (compresi i livelli trofici), per cui la rimozione delle risorse può portare all’estinzione a cascata, dal basso verso l’alto, di diversi consumatori di livello superiore.
Riassumendo i risultati di diversi studi basati su dati simulati o reali, Dr. Giovanni Strona e Professor Corey J. A. Bradshaw spiegano perché “dovremmo aspettarci che la maggior parte degli eventi di perdita di specie causino co-estinzioni, un’ipotesi confermata dal preoccupante tasso innaturale a cui le popolazioni e le specie stanno scomparendo, e che va ben oltre quanto ci si aspetta come semplice conseguenza dello sforzo umano. Infatti, anche le specie più resistenti saranno inevitabilmente vittime delle sinergie tra le cause dell’estinzione, poiché gli stress estremi spingono al collasso delle comunità biologiche. Inoltre, le co-estinzioni sono spesso innescate ben prima della perdita completa di un’intera specie, cosicché anche le oscillazioni nella dimensione della popolazione di una specie potrebbero portare alla scomparsa locale di altre specie che dipendono dalla prima. Ciò rende difficile essere ottimisti sul futuro della diversità delle specie nell’attuale traiettoria del cambiamento globale, per non parlare di ulteriori catastrofi su scala planetaria”.
Nel tentativo di sottolineare l’importanza di questo fenomeno, Strona e Bradshaw osservano che “man mano che la nostra comprensione dell’importanza delle interazioni ecologiche nel plasmare l’identità dell’ecosistema avanza, diventa sempre più chiaro come la scomparsa dei consumatori a seguito dell’esaurimento delle loro risorse – un processo noto come “co-estinzione” – sia probabilmente il principale motore della perdita di biodiversità” e che “le dipendenze ecologiche amplificano fino a dieci volte gli effetti diretti del cambiamento ambientale sul collasso della diversità planetaria”[6]..
In uno studio scientifico pubblicato recentemente[7], i Professori Gerardo Ceballos, Paul R. Ehrlich e Rodolfo Dirzo documentano un altro elemento spesso ignorato nella comprensione della natura accelerata dell’estinzione delle specie.
“La sesta estinzione di massa della Terra è più grave di quanto percepito guardando esclusivamente alle estinzioni di specie. […] Questa conclusione si basa sull’analisi del numero e del grado di contrazione […] utilizzando un campione di 27.600 specie di vertebrati, e su un’analisi più dettagliata che documenta l’estinzione di 177 specie di mammiferi tra il 1900 e il 2015″. Le loro ricerche hanno scoperto che il tasso di perdita delle popolazioni di vertebrati terrestri è “estremamente elevato”, anche nelle “specie a bassa preoccupazione”.
Nel loro campione, che comprende quasi la metà delle specie conosciute di vertebrati, il 32% (8.851 su 27.600) è in diminuzione, ovvero sono diminuite in termini di popolazione ed estensione. Nei 177 mammiferi per i quali si dispone di dati dettagliati, tutti avevano perso il 30% o più della loro area geografica e più del 40% delle specie aveva subito un forte calo di popolazione. I dati hanno rivelato che “al di là dell’estinzione di specie globali, la Terra sta vivendo un enorme episodio di declino delle popolazioni e di estinzioni, che avrà delle conseguenze negative a cascata sul funzionamento dell’ecosistema e sui servizi vitali per sostenere la civiltà. “Lo descriviamo come un annientamento biologico per evidenziare l’attuale grandezza del sesto grande evento di estinzione della Terra in corso”.
Illustrando il danno causato dalla drastica riduzione dell’area geografica storica di una specie, esaminiamo il leone. Questo mammifero è stato storicamente distribuito su gran parte dell’Africa, dell’Europa meridionale e del Medio Oriente, fino all’India nordoccidentale. Ora è confinato a popolazioni sparse nell’Africa subsahariana e a una popolazione residua nella foresta di Gir in India. La stragrande maggioranza dei leoni è scomparsa.
Perché sta succedendo questo? Ceballos, Ehrlich e Dirzo ci dicono: “Negli ultimi decenni, la perdita di habitat, l’eccessivo sfruttamento, gli organismi invasivi, l’inquinamento, la tossicità e, più recentemente, le alterazioni climatiche, oltre alle interazioni tra questi fattori, hanno portato al calo catastrofico del numero e delle dimensioni delle popolazioni di specie vertebrate sia comuni che rare”.
Inoltre, gli autori avvertono: “Ma l’entità reale di questa estinzione di massa è stata sottovalutata, a causa dell’enfasi posta sull’estinzione delle specie”. Questa sottovalutazione può essere ricondotta al fatto che si trascura l’estinzione accelerata delle popolazioni locali di una specie. Le estinzioni delle popolazioni sono oggi in un ordine di grandezza più frequente rispetto alle estinzioni di specie. Tuttavia, le estinzioni delle popolazioni sono il preludio alle estinzioni di specie, per cui la sesta estinzione di massa della Terra sta andando ben oltre quello che pensa la maggior parte di noi”.
Inoltre, e soprattutto da una prospettiva umana ristretta, la massiccia perdita di popolazioni locali sta ormai danneggiando i servizi che gli ecosistemi forniscono alla civiltà (ai quali, naturalmente, non viene dato alcun valore da parte dei governi, degli economisti e contabili aziendali).
Come ci ricordano Ceballos, Ehrlich e Dirzo: “Quando si considera questo spaventoso attacco alle fondamenta della civiltà umana, non si deve mai dimenticare che la capacità della Terra di sostenere la vita, compresa la vita umana, è stata plasmata dalla vita stessa”. Quando si parla pubblicamente della crisi delle estinzioni, di solito ci si concentra su alcune specie animali (probabilmente iconiche) che si sono estinte, ma che ne proiettano molte altre in futuro. Tuttavia, uno sguardo alle mappe presenta un quadro molto più realistico: ben il 50% del numero di individui animali che un tempo condividevano la Terra con noi sono già scomparsi, così come miliardi di popolazioni locali.
Gli autori affermano inoltre che la loro analisi è conservativa, dato l’aumento delle traiettorie di quei fattori che guidano le estinzioni insieme ai loro impatti sinergici. Le perdite future possono facilmente ammontare a un’ulteriore rapida riduzione di fauna del globo e a perdite comparabili nella diversità delle piante, compresa la co-estinzione locale (e forse globale) delle piante guidata da quella degli animali. Essi concludono con l’osservazione agghiacciante: “Pertanto, sottolineiamo che la sesta estinzione di massa è già qui e la finestra per un’azione efficace è molto stretta”.
Un altro studio recente ha esaminato le “Prove sperimentali per i meccanismi demografico-dinamici alla base delle cascate di estinzione dei carnivori”[8], ed è stato intrapreso da Dr. Dirk Sanders, Rachel Kehoe e dal Professor F.J. Frank van Veen, che hanno cercato di comprendere le “cascate di estinzione”. Notando che i tassi di estinzione delle specie dovuti alle attività umane sono elevati, hanno studiato e documentato come le estinzioni iniziali possono innescare cascate di estinzioni secondarie che portano ad un’ulteriore erosione della biodiversità. Ciò avviene perché la diversità delle specie consumatori viene mantenuta grazie agli effetti positivi indiretti che queste specie hanno l’una sull’altra riducendo la concorrenza tra le rispettive specie di risorse. In altre parole, la perdita di una specie carnivora può portare ad una maggiore competizione tra le prede, portando all’estinzione di quelle specie carnivore dipendenti dalle prede che perdono questa competizione.
Un altro modo per spiegarlo è stato offerto dal Dr. Jose M. Montoya: “Le specie non si estinguono una alla volta. Invece, gli ecosistemi cambiano in una sorta di reazione a catena, proprio come nel bowling. L’impatto della palla abbatte uno o due birilli, che colpiscono altri birilli e questo alla fine determina il tuo punteggio. Allo stesso modo, quando in un ecosistema una specie si estingue, molte altre possono seguire, anche se non sono direttamente interessate dal disturbo iniziale. La complessa combinazione di effetti diretti e indiretti derivanti dalle interazioni tra le specie determina il destino delle specie rimanenti. Predire le condizioni in cui le estinzioni generano ulteriori estinzioni è una grande sfida scientifica e sociale nell’attuale crisi della biodiversità. […] Sanders e i suoi colleghi […] mostrano come e perché le estinzioni iniziali dei predatori innescano cascate di estinzioni secondarie dei restanti predatori”.[9].
Per comprendere appieno la portata della crisi della nostra biosfera, dobbiamo guardare ben oltre il clima terrestre: ci sono molte variabili che hanno un impatto negativo sulla vita sulla Terra, molte delle quali rappresentano individualmente la minaccia di estinzione umana. Come riportato nel recente Global Assessment Report on Biodiversity and Ecosystem Services[10] elaborato e pubblicato dall’Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services (IPBES) – l’organismo scientifico che valuta lo stato della biodiversità e dei servizi ecosistemici che essa fornisce alla società – “la natura è globalmente in declino a ritmi senza precedenti nella storia umana.” L‘IPBES Global Assessment classifica, per la prima volta su questa scala, i cinque motori diretti del cambiamento in natura con il maggiore impatto globale.
Quali sono allora i responsabili della distruzione della natura? Il numero 1 nell’elenco IPBES sono “cambiamenti nell’uso della terra e del mare, come la trasformazione di foreste tropicali intatte in terreni agricoli” ma, come detto, ce ne sono altri quattro. Secondo questo rapporto un milione di specie di vita sulla Terra sono minacciate di estinzione.
E nella loro ultima valutazione di 100.000 specie, l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) ha concluso che nessuna specie ha migliorato le prospettive di evitare l’estinzione dalla loro precedente ‘Lista Rossa’.[11]
Naturalmente, a parte i fattori di estinzione sistemica di cui sopra, compresa la non menzionata distruzione degli oceani attraverso l’assorbimento di anidride carbonica, l’inquinamento con sostanze che vanno dai pesticidi alla plastica, e la pesca eccessiva cronica che sta spingendo molte specie oceaniche verso o oltre l’orlo dell’estinzione, gli esseri umani si impegnano anche in altre attività che accelerano la corsa all’estinzione. La caccia agli animali selvatici per ottenere trofei o cibo per animali domestici[12] e il traffico di animali selvatici: un’industria da 10-20 miliardi di dollari all’anno che coinvolge prodotti selvatici illegali come gioielli, ‘medicina tradizionale’, abbigliamento, mobili e souvenir, così come animali esotici[13] giocano un ruolo vitale.
In sintesi, la tragedia dell’esistenza umana è che la Rivoluzione Cognitiva ha dato a Homo Sapiens la capacità di pianificare, organizzare e condurre una sequenza infinita di massacri sistematici in tutto il pianeta. Supponendo di avere la capacità genetica per farlo, i nostri modelli genitoriali ed educativi da allora hanno fatto sì che ci siano state negate le capacità emotive ed intellettuali per combattere strategicamente per la nostra stessa sopravvivenza. E il tempo che ci resta è ora incredibilmente breve.
Cosa possiamo fare allora?
Dato che la continua e sistematica distruzione su scala industriale della fauna e flora selvatica terrestre ha origine in eventi evolutivi avvenuti circa 70.000 anni fa, ma che probabilmente avevano origini psicologiche precedenti, questa crisi chiaramente non si risolverà né rapidamente né facilmente.
Perché si parla qui di psicologia? vi chiederete. Ebbene, mentre molti altri fattori hanno ovviamente giocato un ruolo (ad esempio, l’abbondanza di una specie in un particolare contesto potrebbe significare che la questione dell’uccisione dei singoli membri a scopo alimentare non si pone, almeno inizialmente) è chiaro che, data la ben documentata e multiforme crisi in cui si trovano ora gli esseri umani, lo sforzo che si sta compiendo per evitare l’ormai imminente estinzione della nostra specie è grottescamente insufficiente.
Questa crisi ci impone di arginare e arrestare al più presto l’ondata delle estinzioni nella natura selvatica.[14].
È psicologicamente disfunzionale, per dirla in parole povere, perseverare o condonare con il nostro silenzio e la nostra inazione, in attività che precipiteranno la nostra stessa estinzione, che esse siano guidate dalla folle élite globale[15] o dal nostro stesso eccesso di consumismo.[16].
Per questo motivo, dopo 70.000 anni, dobbiamo finalmente chiederci ‘Perché?’ in modo da poter affrontare i fattori fondamentali del nostro comportamento suicida, nonché i diversi sintomi vitali che derivano da questi fattori. Lasciate che vi spieghi cosa intendo.
La domanda fondamentale è: Perché noi esseri umani ci comportiamo in modo tale da causare la nostra stessa estinzione nel breve termine? Sicuramente, questo non è né ragionevole né sensato. E chiunque sia capace di impegno emotivo e di pensiero razionale deve rendersene conto quando considera seriamente questo comportamento. Allora perché accade?
Fondamentalmente perché i nostri modelli genitoriali ed educativi dalla Rivoluzione Cognitiva 70.000 anni fa ad oggi non sono riusciti a produrre persone di coscienza, persone emotivamente funzionali e capaci di analisi critica, persone che hanno a cuore le cose e che possono pianificare e rispondere alle crisi (o anche ai problemi) in modo strategico. Nonostante questa profonda lacuna sociale, sono comunque emersi alcuni individui che hanno una o più di queste qualità e sono inevitabilmente “condannati” a suonare l’allarme, in un modo o nell’altro, e a cercare di mobilitare una risposta adeguata a qualsiasi crisi o problema che si presenta.
Come è però del tutto evidente dallo stato del nostro mondo, le persone con queste capacità sono e sono state rare e, per essere più precisi, hanno avuto poche persone con cui lavorare. Questo è illustrato dall’attuale incapacità di rispondere strategicamente alla catastrofe climatica in corso, alle guerre perenni sostenute dalle élite e alla continua minaccia nucleare. La sopravvivenza umana è inoltre minacciata dall’uso della geoingegneria e dallo spiegamento del 5G. [17]
Data la preoccupazione della società moderna di produrre studenti, lavoratori, soldati, cittadini (cioè contribuenti ed elettori) e consumatori sottomessi, l’ultima cosa che la società vuole sono individui potenti capaci di interrogare la propria coscienza, di sentire la propria risposta emotiva agli eventi, di pensare in modo critico e di dare risposte strategiche. Per questo motivo i nostri modelli di educazione e genitorialità usano una combinazione spietata di violenza visibile, invisibile e del tutto nascosta per assicurare che i nostri figli diventino individui terrorizzati, impotenti e che odiano se stessi, come praticamente tutti gli adulti che li circondano.
Questa violenza poliedrica assicura che l’adulto che emerge dall’infanzia e dall’adolescenza sopprima la consapevolezza di un’enorme quantità di paura, dolore e rabbia (tra molti altri sentimenti) e debba vivere nell’illusione per rimanere ignaro di questi sentimenti soppressi. Questo, a sua volta, assicura che, come parte della loro illusione, le persone sviluppino un forte senso che ciò che stanno già facendo è funzionale e funzionante (non importa quanto disfunzionale e inefficace possa essere in realtà), mentre inconsciamente sopprimono la consapevolezza di qualsiasi evidenza che contraddice la loro illusione.[18]
Se vogliamo affrontare il motore fondamentale della distruzione della natura selvatica terrestre e della biosfera in generale, dobbiamo affrontare questa causa. Per quegli adulti abbastanza potenti per fare questo, c’è una spiegazione in ‘Putting Feelings First’[19]. E per gli adulti impegnati a facilitare gli sforzi dei bambini per realizzare il loro potenziale per diventare consapevoli di sé stessi, vedi ‘My Promise to Children’ e ‘The Art of Deep Listening’[20].
Al di là di questa causa, tuttavia, dobbiamo anche resistere strategicamente ai governi e alle multinazionali controllate dalle élites folli che sono un sintomo chiave di questa crisi[21], che producono e pubblicizzano una vasta gamma di prodotti che distruggono la natura, dalle armi convenzionali e nucleari e combustibili fossili ai prodotti ottenuti dalla distruzione dell’habitat (compresi gli oceani, foreste pluviali, praterie, zone umide, mangrovie, laghi e barriere coralline) e l’avvelenamento chimico dei terreni agricoli.[22]
Ma possiamo anche minare questa distruzione rifiutandoci di acquistare i prodotti forniti dalle multinazionali che, con la complicità dei governi, sostengono le guerre per arricchire l’industria bellica, che rubano combustibili fossili per arricchire i produttori di carburanti, aerei e automobili, o che realizzano profitti distruggendo gli habitat producendo cibo avvelenato. Possiamo farlo riducendo e cambiando sistematicamente il nostro modello di consumo e diventando più autosufficienti a livello locale, come descritto nel ‘The Flame Tree Project to Save Life on Earth’[23] o, più semplicemente, impegnandoci nel The Earth Pledge (sotto).
Se non viaggiamo in auto e in aereo, i governi della NATO saranno meno incentivati a invadere e occupare i paesi ricchi di petrolio per rubare le loro risorse e le multinazionali otterranno meno profitti dalla distruzione degli habitat naturali, salvando così un gran numero di animali e piante e alleviando così la pressione sulla biosfera in generale.
Potete prendere in considerazione la possibilità di unirvi a coloro che lavorano per porre fine alla violenza in tutti i contesti, firmando online l’impegno di “The People’s Charter to Create a Nonviolent World”.[24]
L’impegno per la Terra
Per amore per la Terra e per tutte le sue creature, e il mio rispetto per i loro bisogni, da questo giorno in poi mi impegno a:
- Ascoltare profondamente i bambini (vedi spiegazione sopra)
- Non viaggiare in aereo
- Non viaggiare in auto
- Non mangiare carne e pesce
- Mangiare solo cibi biologici / biodinamici
- Ridurrurre al minimo l’utilizzo di acqua dolce, riducendo anche il possesso e uso di elettrodomestici
- Non comprare legname proveniente da foreste pluviali
- Non comprare e utilizzare plastica usa e getta, come sacchetti, bottiglie, contenitori, bicchieri e cannucce
- Non servirmi di banche, fondi pensionistici e compagnie di assicurazione che investono in combustibili fossili, energia nucleare e armi
- Non lavorare per organizzazioni che sostengono o partecipano allo sfruttamento di altri esseri umani o che traggono profitto dall’uccisione e distruzione della biosfera
- Non ricevere notizie dai media commerciali (giornali tradizionali, televisione, radio, Google, Facebook, Twitter…)
- Fare lo sforzo di imparare un’abilità manuale come la coltivazione di frutta e verdura o il cucito, che rendono più autosufficienti
- Incoraggiare gentilmente la mia famiglia e i miei amici a firmare questo impegno.
Conclusione
Forse il punto chiave da imparare è che, così come abbiamo innescato una serie di cicli auto-rinforzanti che portano al deterioramento del clima terrestre che ora siamo impotenti ad arrestare (se stessimo anche solo cercando di farlo), abbiamo anche precipitato una crisi della biodiversità. Questa si retroalimenta perché la perdita di ogni singola specie ha un impatto su quelle specie che da essa dipendono, precipitando catene di eventi che rendono inevitabili ulteriori estinzioni. Questa è una delle “sinergie negative”, ad esempio, che contribuiscono al rapido avvicinamento della foresta amazzonica al punto di ribaltamento in cui crollerà.[25]
Siamo quindi giunti all’atto finale di una tragedia che ha avuto origine nella Rivoluzione Cognitiva circa 70.000 anni fa e che non siamo stati in grado di contenere in alcun modo. Gli atti precedenti di questa tragedia sono state le innumerevoli specie di piante, uccelli, animali, pesci, anfibi, insetti e rettili che l’Homo Sapiens ha portato all’estinzione.
Ora, nell’atto finale, porteremo all’estinzione 200 specie oggi. 200 specie domani. 200 specie il giorno dopo… Finché, un giorno molto presto, a meno che voi e coloro che conoscete non siate disposti ad impegnarvi completamente nello sforzo di evitare questo risultato, l’assalto umano alla vita sulla Terra giungerà alla sua inevitabile conclusione: l’estinzione dell’Homo Sapiens.
NOTE:
[1] Vedi ad esempio: ‘Timeline Of Mass Extinction Events On Earth’
[2] Sapiens: A Brief History of Humankind
[3] Vedere ad esempio: ‘What killed off the giant beasts – climate change or man?’ e ‘What Killed the Great Beasts of North America?’
[4] The Future Eaters: An Ecological History of the Australasian Lands and People
[5] Vedere ‘Co-extinctions annihilate planetary life during extreme environmental change’.
[6] Vedere ‘Co-extinctions annihilate planetary life during extreme environmental change’.
[7] ‘Biological annihilation via the ongoing sixth mass extinction signaled by vertebrate population losses and declines’
[8] ‘Experimental Evidence for the Population-Dynamic Mechanisms Underlying Extinction Cascades of Carnivores’
[9] Vedere ‘Ecology: Dynamics of Indirect Extinction’.
[10] Global Assessment Report on Biodiversity and Ecosystem Services
[11] Vedere ‘News Release’ e ‘From over 100,000 species assessments in IUCN update, zero improvements’.
[12] Vedere ‘Killing Elephants “for Pet Food” Condemned’
[13] Vedere ‘Stop Wildlife Trafficking’ e ‘China must lead global effort against tiger trade’
[14] Si veda ad esempio ‘Human Extinction by 2026? A Last Ditch Strategy to Fight for Human Survival’ e ‘Doomsday by 2021?’
[15] ‘The Global Elite is Insane Revisited’
[16] Vedere ‘Love Denied: The Psychology of Materialism, Violence and War’.
[17] Si veda ‘The Global Climate Movement is Failing: Why?’ , ‘The War to End War 100 Years On: An Evaluation and Reorientation of our Resistance to War’ e ‘Why Activists Fail’.
[18] Vedere ‘Why Violence?’, ‘Fearless Psychology and Fearful Psychology: Principles and Practice’, ‘Do We Want School or Education?’ e ‘Love Denied: The Psychology of Materialism, Violence and War’.
[20] ‘My Promise to Children’ e ‘Nisteling: The Art of Deep Listening’.
[21] Vedere ‘The Global Elite is Insane Revisited’
[22] Vedere Nonviolent Campaign Strategy.
[23] ‘The Flame Tree Project to Save Life on Earth’
[24] ‘The People’s Charter to Create a Nonviolent World’.
[25] Vedere ‘Amazon Tipping Point’.
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Robert Burrowes, Ph. D., è membro della rete TRANSCEND per la Pace, Sviluppo e Ambiente ed è impegnato da una vita a comprendere la violenza umana e a porvi fine. Conduce estese ricerche dal 1966 in un tentativo di comprendere perché gli esseri umani siano violenti ed è un attivista nonviolento dal 1981.È autore di Why Violence? (Perché la violenza?). Siti web: (Charter) (Flame Tree Project) (Songs of Nonviolence) (Nonviolent Campaign Strategy) (Nonviolent Defense/Liberation Strategy) (Robert J. Burrowes) (Feelings First) Email: flametree@riseup.net
Quest’articolo è disponibile anche in: Inglese
Traduzione dall’inglese di Thomas Schmid
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