(Italian) Brescia: Primo Marzo 2012 per i Diritti di Tutti i Migranti e per i Diritti di Tutti
ORIGINAL LANGUAGES, 12 Mar 2012
Silvia Berruto – TRANSCEND Media Service
Brescia*, Piazza Loggia, 1 marzo 2012
“Non siamo fantasmi, abbiamo braccia per lavorare, anche teste per pensare e occhi per guardare oltre l’orizzonte, oltre il nostro domani.
La crisi picchia duro.
Per tutti.
Noi migranti viviamo sotto il continuo ricatto della Bossi-Fini. Ma anche tanti Italiani vivono sotto il ricatto.
Il ricatto della precarietà del lavoro che non c’è, della vita che costa sempre più, dei diritti che sono sempre di meno.”
Così l’oratore, from Senegal, ricorda i lavoratori che lottano per difendere il diritto al lavoro. gli studenti per il diritto allo studio, i cittadini che difendono il proprio territorio come in Val Susa.
“Tutti quanti proviamo a resistere perché sappiamo che le nostre vite contano. Qui in Italia l’indifferenza uccide ogni giorno.
Tante persone muoiono lavorando, tanti senzatetto muoiono al freddo, tanti detenuti muoiono in cella come bestie.
RAZZISMO significa anche leggi ingiuste che alimentano l’indifferenza che uccide in silenzio.
Uccide in mare, in piazza, in strada, nelle celle
Pensiamo al nostro fratello El Hadji.
El Hadji non aveva fatto nulla di male.
E’ morto perché era CLANDESTINO
El Hadji poteva essere qui con noi …
El Hadji è ognuno di noi
E tutti noi dobbiamo portarlo nel cuore e lottare anche per lui perché tutto questo non succeda mai più.”
Queste le parole di una visione lucida, e di lunga portata oltreché onnicomprensive della collettività allargata, con cui Makam Ba apre la manifestazione e considera i destini e i diritti di tutte e di tutti, al di là e oltre ad ogni divisione.
Prende poi la parola Umberto Gobbi dell’Associazione DIRITTI PER TUTTI.
E’ duro e connota duramente il contesto in cui si svolgono la vita, l’opposizione di chi si batte per i diritti dei migranti e la manifestazione di oggi: “l’opposizione ferma e la critica aspra che noi facciamo alla madre di tutte le leggi razziste.”
Il riferimento è alla legge Bossi-Fini che definisce “semischiavistica, fabbrica di clandestinità perché subordina la permanenza in Italia ad un contratto di lavoro.”
Clandestinità che porta sino alla morte.
Umberto, con le parole di un uomo giusto e di grande sensibilità qual è, ricorda […] “la morte El Hadji è sempre nel nostro cuore e che resterà sempre con noi …APPLAUSI … nelle iniziative di lotta e di mobilitazione oltreché nei SOGNI e nei RICORDI di chi l’ha conosciuto.
El Hadji è morto perché non aveva i documenti.
Non aveva commesso alcun reato.
E’ morto perché in una cella di sicurezza della caserma dei Carabinieri di Piazza Tebaldo Brusato non è stato considerato … “
Dopo quasi due giorni e mezzo di detenzione a causa dello stress, del freddo e di un attacco d’asma acuto, non essendo stato soccorso immediatamente, come testimoniato da un vicino di cella,
SEYDOU GADIAGA detto ELHADJI
muore.
Finiscono così la vita e i sogni di un uomo emigrato per costruire, per altri e per sé, condizioni di vita per un mondo migliore.
“Per noi la vita e la morte di El Hadji non vanno tenute chiuse in un armadio e in archivio polveroso del tribunale di Brescia. NOI OGGI siamo qui PER RICORDARE …” conclude Umberto con la condivisione della piazza.
Un altro fratello senegalese riconferma la lotta “del popolo senegalese che oggi lotterà determinato contro l’archiviazione del caso di El Hadji.
Siamo pronti a lottare per dire NO alla legge Bossi Fini: “perché oggi nessuno di noi può dire che domani è tranquillo.
Dobbiamo starci vicini.
Questa legge non ci dà la possibilità di andare avanti.
Perché noi non siamo venuti qui per rubare, non siamo venuti qui per fare del male agli Italiani.
Se andate in Africa ci sono tanti Italiani che vivono come vogliono. Perché noi non possiamo vivere come vogliamo qui ?”
Il suono delle percussioni, che evocano la vita come pochi altri strumenti riescono a fare, richiama il battito cardiaco e la vita collettiva che tutti siamo chiamati a rimbastire e a ricostruire.
Al primo djembé c’è il maestro senegalese Sek che suona ritmi dalle riconoscibili radici del Senegal. E’ accompagnato da un terzo fratello senegalese che dichiara:“Stasera siamo qui a Piazza Loggia perché vogliamo soltanto parlare con TUTTI QUANTI.
MA TUTTI!
All’italiano e all’immigrato.
Vogliamo farvi capire solo che qui in Italia, e in particolare qui a Brescia, la legge non c’è.
La legge non è uguale per tutti !
Grazie !”
Al di là della buona educazione, davvero si fatica a comprendere il senso dell’uso di questa parola, considerato il fin troppo banale, facile e dirsi, rapporto esistente fra vittima e carnefice che, qui e ora, e in questa dinamica, tutta italiana, ancora si rinnova.
La piazza, invitata a cantare NO AL RAZZISMO, è IN CORO.
Per un attimo si sente sulla pelle il fremito che dà il cambiamento già in atto, a insaputa di chi ancora non comprende, proprio grazie e a cura di una collettività indistinta.
Luigi Beltrami, volontario bresciano, afferma: “Per i Rom e per i Sinti non è mai finito il tempo per dimostrare di essere ESSERI UMANI.
Tutte le istituzioni, da quelle nazionali a quelle locali continuamente mettono in atto dei provvedimenti che chiedono a Rom e Sinti di dimostrare di essere dei cittadini.
L’ultimo atto è stato quello del vicesindaco leghista, non parlo più di vicesindaco leghista perché ormai dire leghista vuol dire razzista, pretende che Rom e Sinti – i Sinti in particolare – firmino un patto di cittadinanza.
Forse quest’uomo politico non sa che i Sinti sono in Italia da sei secoli, in Lombardia e a Brescia e sono, come stanzialità, molto più antichi di molti componenti della giunta comunale.”
Dentro al patto di cittadinanza c’è scritto che i Sinti devono andarsene o devono essere messi in altri centri a scapito di qualche altro più fragile. Tutti colpevoli del solo fatto di appartenere ad una categoria debole.
Renato Henich, vicepresidente della federazione Rom Sinti insieme dice: “Sono stato eletto da poco e voglio servire tutti quelli che si presentano.
Vogliono che i Rom e i Sinti siano emarginati. Forse di più: cancellati dalla terra.
Vogliono colpirci … nell’anima!
Sembra impossibile che qualcuno mi ascolti.
Aiutateci a vivere come tutti vogliono vivere: onestamente.
Popolo italiano lasciateci vivere come è giusto che sia perché siamo su questa terra e vogliamo vivere.”
Gordon Quirini, Sinto, del campo di Via Orzinuovi, chiede aiuto a tutti i presenti per quando lo sgombero del campo, pre-annunciato, verrà sferrato con le ruspe.
“Noi siamo Sinti. Vogliamo vivere alla nostra maniera!”
Intanto in Italia da oggi è in vigore il permesso a punti per gli stranieri.
Un concetto di accoglienza e di rispetto della Costituzione della Repubblica Italiana davvero singolare.
“E’ ora di fare chiarezza e dire che il razzismo non è solo un fenomeno culturale, ma si appoggia su leggi e provvedimenti amministrativi che considerano i migranti come braccia da sfruttare o nemici da combattere” recitava l’APPELLO PER IL 1° MARZO 2012.
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