(Italiano) “La pace è l’unica vittoria di cui abbiamo bisogno” e non ha bisogno di armi

ORIGINAL LANGUAGES, 13 Mar 2023

Angela Dogliotti Marasso | Centro Studi Sereno Regis – TRANSCEND Media Service

Foto presidio agite copia

– Scriveva nei giorni scorsi il Financial Times che

“le azioni delle aziende del settore della difesa sono salite negli ultimi mesi, perché gli investitori scommettono sulle promesse di un aumento della spesa militare da parte dei governi occidentali per aiutare lo sforzo bellico dell’Ucraina contro la Russia”. E continua: “I guadagni riflettono la crescente convinzione che è improbabile che il conflitto si concluda rapidamente”.

È impressionante mettere a confronto tutto ciò con quanto scriveva la storica Anna Bravo nel suo memorabile lavoro La conta dei salvati (Laterza, 2013):

Nel 1914 il piano inclinato della corsa agli armamenti e la tecnologia della violenza avevano sviluppato una dinamica propria, trasformandosi da questione politica a problema sistemico; in altre parole, l’Europa era ormai avvolta in una rete militarizzata che i leader non erano in grado di controllare. “Fu così scriveva Lloyd George [1] nelle sue memorie che i grandi armamenti provocarono la guerra” . Ed è così che si creano le premesse per l’eterogenesi dei fini (pag. 36).

Nulla potrebbe meglio mettere in evidenza l’obsolescenza del vecchio motto si vis pacem , para bellum, nonostante questo continui ad essere l’approccio prevalente dellegrandi potenze, tuttora imbrigliate in una logica da guerra fredda, diventata guerra guerreggiata, in costante escalation, con imprevedibili e incontrollabili sviluppi.

Nonostante autorevoli voci si siano levate a denunciare l’impossibilità di una vittoria militare (si vedano i pronunciamenti del generale Mark Alexander Milley, capo di stato maggiore dell’esercito statunitense) il piano inclinato della guerra sta prendendo il sopravvento e da entrambe le parti si proclama di voler proseguire la guerra fino alla vittoria. E per raggiungerla non ci si ferma di fronte a nulla. Per questo il rischio di mutua distruzione assicurata (l’acronimo inglese MAD è emblematico) è altissimo.

La pace è l'unica vittoria di cui abbiamo bisogno

Il Segretario alla Difesa Lloyd J. Austin III e il generale Mark A. Milley conducono un briefing con la stampa dopo aver ospitato una riunione virtuale del Gruppo di Contatto per la Difesa dell’Ucraina presso il Pentagono a Washington, D.C., il 16 novembre 2022. Foto di Alexander Kubitza, sottufficiale di 2° classe della Marina statunitense, da Flickr (CC BY 2.

Per contrastare questa deriva, all’insegna del motto “La pace è l’unica vittoria di cui abbiamo bisogno”, sta crescendo in tutto il mondo l’opposizione della società civile alla guerra. Dopo la grande manifestazione di Roma del 5 novembre sono continuate le mobilitazioni della Rete italiana pace e disarmo, che con la piattaforma Europe for Peace ha promosso in diverse città italiane e in diverse capitali europee un appello per una tregua di Natale tra il 25 dicembre e il 7 gennaio e poi nel primo anniversario dell’invasione russa dell’Ucraina, le giornate del 23, 24 e 25 febbraio, in cui si sono realizzate fiaccolate e manifestazioni in molte parti del mondo, a Vienna, Bruxelles, Berlino, Londra, Roma, Milano, Torino, Padova, Verona, e anche in Francia, Spagna, Portogallo.

Nel corso di questo anno di guerra, tra le diverse iniziative sono da ricordare le quattro carovane di Stop the war now, promosse dalla Comunità Giovanni XXIII con l’adesione di decine di associazioni. L’ultima di queste, coordinata dal Movimento nonviolento e da Un ponte per… si è recata in Ucraina non solo per portare aiuti umanitari ed evacuare profughi, ma anche per sostenere gli obiettori di coscienza ucraini, che rischiano anni di prigione.

La scorsa settimana sono state in Italia, accompagnate dal presidente del Movimento nonviolento Mao Valpiana tre giovani donne attiviste impegnate nella promozione e nella difesa degli obiettori: Katia Lanko, del Movimento pacifista ucraino, Darya Berg, del movimento russo “Go by the forest” (dal doppio significato di “va a quel paese” e “fuggi nella foresta”) e Olga Karach, del movimento bielorusso che vuole sottrarre giovani all’esercito di Lukashenko, per ostacolare il suo intervento contro l’Ucraina a fianco della Russia di Putin. Su 43.000 cartoline inviate ai giovani, solo 6.000 si sono arruolati.

A livello europeo, l’International Fellowship of Reconciliation (IFOR) , la War Resisters’ International (WRI) e l’EBCO (European Bureau for Conscientious Objection) hanno lanciato con altri la “Object War Campaign“, per fare pressione sull’Unione europea affinché si aprano corridoi umanitari per accogliere obiettori di coscienza, disertori e renitenti russi, bielorussi ed ucraini. Per il prossimo 18 marzo, nel ventesimo anniversario dell’invasione dell’Irak, anche negli Stati Uniti, i movimenti stanno organizzando una grande manifestazione, “Peace in Ukraine”. Cresce il pericolo di guerra globale. Bisogna agire!

In questi anni di pace in Europa ci siamo adagiati nell’illusione che mai più saremmo stati coinvolti in una guerra. Ciò che stiamo vivendo ci fa capire che era un’illusione. Perché la pace, come la guerra, è un processo che si sviluppa nel tempo e ha bisogno diessere costruito nella cultura, nell’educazione, nelle relazioni internazionali, nei modi in cui le società pensano e organizzano la propria difesa.

In Parlamento giace da due legislature il progetto di legge “Un’altra difesa è possibile”,per l’istituzione e il finanziamento del Dipartimento per la difesa civile, non armata e nonviolenta. Diversi casi storici hanno evidenziato che la difesa civile funziona [2], anche quando è spontanea, come evidenzia, per fare un solo esempio, il caso danese, che, sotto occupazione nazista riuscì a evacuare e a portare in salvo la stragrande maggioranza dei propri ebrei, sottraendoli allo sterminio nazista.

Quanto più sarebbe efficace se fosse predisposta, preparata e organizzata, in tempo di pace, come strumento di difesa a disposizione di tutti i cittadini? In un tempo in cui la guerra rischia di portare all’ecatombe nucleare è davvero il caso di sostituire il vecchio motto “Se vuoi la pace, prepara la guerra”, con ” Se vuoi la pace prepara la pace”.

Note:

[1] Primo ministro britannico dal 1916 al 1922.

[2] Erica Chenoweth, Maria Stephan, Whay Civil Resistance Works, The Strategic Logic of Nonviolent Conflict, Columbia University Press, 2011; Erica Chenoweth, Civil Resistance. What everyone needs to know, Oxford University Press, 2021. Quest’ultimo testo è in via di pubblicazione in traduzione italiana dall’Editrice Sonda con il titolo: Come risolvere i conflitti. Senza armi e senza odio con la resitenza civile (2023)

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Angela Dogliotti Marasso è membro della Rete TRANSCEND per la Pace, Sviluppo e Ambiente e direttrice del Centro Studi Sereno Regis a Torino.

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