(ITALIAN) LE ALTERNATIVE ALLA CRISI DEL PROCESSO DI ACCUMULAZIONE DEL CAPITALISMO REALE
COMMENTARY ARCHIVES, 17 Jun 2009
Esattamente ottanta anni dopo il crollo di Wall Street il capitalismo è entrato in una fase di crisi profonda. Ma tra la crisi del 1929 e quella del 2009 ci sono alcune analogie e molte differenze.
Vediamo quali:
a) La Grande Depressione del ’29 aveva coinvolto essenzialmente una piccolo parte del pianeta- il mondo occidentale – quella odierna è una crisi che coinvolge l’intero pianeta in quanto il capitalismo si è globalizzato.
b) Nel ’29 era in atto l’esperienza del socialismo in URSS che rappresentava un faro, un’alternativa agli occhi dei lavoratori di tutto il mondo. Oggi, non ci sono modelli di sviluppo economico alternative al capitalismo che funzionino da punto di riferimento per gli operai, I contadini, i disoccupati di tutto il mondo.
c) Nel ’29 l’uscita dalla Grande Depressione avvenne attraverso due vie : la via della Germania nazista che attraverso l’industria bellica riuscì ad assorbire sei milioni di disoccupati ; la via nordamericana , quella del New Deal di Roosevelt, che attraverso un massiccio impiego della spesa pubblica in grandi opera infrastrutturali riuscì a ridare ossigeno all’economia americana . Oggi, queste due vie sono impraticabili.
d) Nel ’29 i debiti in sofferenza presso le banche Usa ammontavano al 160% del Pil , nel ’32 erano arrivati al 260% del Pil . Alla fine del 2008 i debiti in sofferenza ammontavano al 365% del Pil e sono destinati a crescere fino al 500% del Pil .
e) Nel ’29 gli Usa erano una superpotenza emergente con un grande prestigio internazionale, oggi sono la Superpotenza in declino che dovrà condividere un passaggio difficile verso un mondo multipolare, in cui un posto di primo piano lo giocherà la Cina e forse la UE se l’Euro riuscirà rafforzato dalla “tempesta perfetta”.
Gli Usa, infatti, sono le prime vittime di questa crisi verticale del capitalismo globalizzato che hanno promosso ed imposto a buona parte del pianeta. Hanno già speso per la guerra in Iraq circa 3000 miliardi di dollari, secondo lo studio fatto da Stiligtz , con risultati modesti sul piano economico. Hanno inoltre un deficit di bilancio pubblico molto pesante che , con il piano Obama, arriverà a superare il 10% del Pil . Deficit che si va a sommare ad un debito interno ed esterno – i famosi debiti gemelli- che strozzano l’economia americana e rischiano di portarla al collasso. La sopravvivenza degli Usa, sul piano economico, è affidata alla volontà della Cina di continuare a comprare i Bond del Tesoro statunitense.
Per questo l’amministrazione Barak Obama non potrà seguire la strada del protezionismo: la Cina , ma anche il Giappone, continueranno a sostenere il debito esterno statunitense finché il mercato Usa resterà aperto all’importazione delle loro merci. Questo comporterà un drastico aumento della disoccupazione negli States che è già passata dal 4.5 al 7.4% in un solo anno e che, con molte probabilità arriverà al 13/14 % nel 2010, con tutte le conseguenze che si possono solo in parte immaginare. Non siamo ancora al dato della disoccupazione del 1932 ( un lavoratore su quattro disoccupato) , ma potremmo avvicinarci se la strada della Green Economy stenterà ad affermarsi negli Usa. Una strada che potrà ridurre l’impatto della Crisi Globale , ma non riportare il Pil americano a crescere come nel passato.
Non ci sono vie d’uscita all’orizzonte, ma una nuova ondata di lotte sociali e politiche che metteranno in discussione questo modello di sviluppo capitalistico. Infatti, la Crisi Globale che stiamo vivendo non è un incidente di percorso, non è nemmeno, come molti dicono, legata unicamente alla crisi finanziaria, allo scoppio della bolla finanziaria.
L’abnorme sviluppo della finanza , che si è registrato a partire dallo sganciamento del dollaro dall’oro nel 1971, ha portato ossigeno all’economia reale che era già entrata in crisi nei paesi a capitalismo avanzato. Già negli anni ’70, in questi paesi si era giunti ad una fase di sovrapproduzione per via della saturazione del mercato, una tipica crisi nel ciclo di accumulazione capitalistico. La decentralizzazione di alcune fasi del ciclo industriale nei paesi del sud del mondo, e poi nei paesi dell’est e nei grandi paesi asiatici (a partire dalla Cina) , insieme all’espansione del debito su scala globale, hanno permesso ai paesi più ricchi del mondo di procrastinare il tempo della crisi, di spostarne sulle future generazioni il peso.
L’indebitamento esponenziale del F.I.S. (Famiglie, Imprese, Stato) – che si è registrato negli ultimi trenta anni- è stata la droga che ha consentito di tenere in vita il sistema. La mercificazione del mondo, della natura e delle relazioni umane, ha fatto sì che tutti diventassimo dipendenti da questa droga chiamata denaro .
Oggi,come è evidente, assistiamo ad una crisi di astinenza con tutte le conseguenze che conosciamo per i tossicodipendenti. Solo che in questo caso non si tratta di una inoranza di individui eroinomani o cocainomani, ma di una maggioranza di abitanti della terra che non ha nessuna responsabilità nella diffusione di questa terribile dipendenza dal denaro divenuto capitale.
Per questo è sbagliato pensare che basti ritornare alla <<economia reale>> abolendo i guasti della finanza. Non esiste un’economia reale buona in sé da contrapporre ad una finanza malata. Non bastano più misure tampone, un po’ più di spesa pubblica per opere infrastrutturali, per uscire dalla Grande Recessione del XXI secolo.
Occorre una svolta radicale che, a nostro avviso, deve basarsi su queste linee guida :
a) Il ritorno del sistema bancario in mani pubbliche. Non ha senso che lo Stato regali alle banche private –che hanno fatto enormi profitti in passato- grandi quantità di denaro per coprire il loro fallimento . Non solo il credito deve ritornare sotto la mano pubblica, ma deve essere controllato democraticamente da una rappresentanza vasta di rappresentanti dei lavoratori, delle imprese , dei consumatori;
b) La difesa ed il ripristino dei Beni Comuni. Bisogna che una serie di beni vitali – come l’acqua, gli alimenti vitali, il patrimonio naturale – sia tirato fuori dal mercato e riportato sotto il controllo delle comunità locali;
c) La riqualificazione della Pubblica Amministrazione con la creazione di un rapporto stretto con tutto il mondo del no-profit – dalle associazioni alle cooperative sociali – regolato attraverso I contratti di responsabilità sociali , che eviti assistenzialismo e parassitismo;
d) Ridurre la dipendenza alimentare ed energetica delle economie locali attraverso una serie di strumenti che rafforzino i mercati locali in questi settori vitali –a partire dal risparmio energetico e dalla agricoltura biologica- ed estenda la cooperazione decentrata e le reti di soggetti locali;
e) Al posto della crescita del Pil, che sappiamo quanti guasti ha prodotto, favorire e contabilizzare la crescita del Patrimonio nazionale netto, composto dai beni naturali, culturali, scientifici, sociali, e ridurre l’indebitamento contratto verso le risorse naturali e le future generazioni;
f) Promuovere la cooperazione per grandi aree che hanno storia e valori comuni, a partire dalla cooperazione tra diverse comunità locali (città, province, regioni);
g) Favorire il decentramento nella gestione del territorio, anche permettendo l’utilizzo di monete locali complementari che restituiscano al denaro il valore di mezzo di pagamento, unità di conto e intermediario negli scambi e, soprattutto, il suo ruolo di strumento per soddisfare i bisogni delle popolazioni.
h) Ridurre drasticamente la produzione di armi e sostanze tossiche per l’uomo e l’ambiente, e mettere al bando tutte le armi nucleari che rappresentano oggi più che mai una grave minaccia per la sopravvivenza dell’umanità. Un programma, pertanto, che riporti l’economia sotto il controllo della politica e del processo di partecipazione democratica. Un programma che valorizzi le specificità locali, che dia spazio alle comunità locali aperte allo scambio con l’esterno in condizioni di pari dignità.
Nessuna autarchia, ma una minore dipendenza dal ciclo di accumulazione del capitale.
Nessuna nostalgia per la società preindustriale, ma la drastica riduzione delle merci a valore d’uso negativo (armi, sostanze tossiche, inquinanti,inutili, ecc.) che causano danni enormi all’ambiente ed alla società. Né più e nemmeno che un programma per il socialismo nel XXI° secolo che faccia i conti con gli errori del passato e dia una risposta efficace al disastro del capitalismo reale globalizzato.
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Intervento di Tonino Perna, Dipartimento di Scienze Politiche, Università di Messina (Congresso Pax Christi 30-31/12/2008 Palermo Mosaico di Pace 6 2009).
This article originally appeared on Transcend Media Service (TMS) on 17 Jun 2009.
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