(Italiano) Galtung: Erdogan dovrebbe concentrarsi sulla politica estera

ORIGINAL LANGUAGES, 1 Sep 2014

Yonca Poyraz Dogan intervista Johan Galtung – TRANSCEND Media Service

Il nostro ospite di questa settimana per i “Colloqui del Lunedì” dice che il presidente eletto Tayyip Erdogan dovrebbe concentrarsi sulle tante sfide di politica estera che ha di fronte anziché sulla trasformazione del sistema parlamentare della Turchia in sistema presidenziale. “Spero che il precedente del 52% volgerà il centro dell’attenzione dal come fare una democrazia presidenziale un po’ più ai problemi legati alla Siria, ai Curdi e agli Armeni — i grossi problemi”, ha detto Johan Galtung, professore di studi per la pace di rinomanza internazionale. Se dovesse consigliare il governo turco, Galtung ha detto che direbbe a Erdo?an di tenere una conferenza diretta dall’ONU ad Antalya per discutere la formazione di un’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Asia Occidentale come l’omologa OCSE europea. “Fatta molto abilmente dai finlandesi. La Turchia è la Finlandia dell’Asia Occidentale: ha caratteristiche molto simili e l’esperienza con tutte le forze in campo” ha detto. Galtung ha parlato con noi trattando più ampiamente la tematica durante la sua recente visita a Istanbul per la conferenza biennale dell’ International Peace Research Association (IPRA).

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Benché lei sia noto per le sue soluzioni pacifiche, risolvere conflitti dev’essere un compito arduo di questi tempi. Inoltre, lei è in Turchia, giusto al confine con i conflitti più scottanti al mondo, compresa la situazione di Gaza e della Siria. Che cosa dobbiamo fare?

Se vuole risolvere un conflitto, dovrebbe parlare con tutte le parti coinvolte, decisamente tutte. La mia prima domanda è: Come sarebbe la Gaza che vi piacerebbe vedere? Lo chiederei ai vari palestinesi e israeliani. Qualche israeliano direbbe “vuota”. Altri direbbero “senza tunnel e razzi”. Qualcun altro direbbe “una società fiorente con una cooperazione pacifica con noi”. In altri termini, ne risulterebbe una varietà; normale. Il che vuol dire che non ci sono solo due contendenti, ma ci sono parti diverse sia entro Gaza sia entro Israele. Dunque, per prima cosa ci sarebbe da mappare il conflitto. In secondo luogo, si espongono gli aspetti illegittimi [del conflitto]. Israele è in grado di dire “Vogliamo una Gaza vuota”? È del tutto illegittimo, è contro il diritto internazionale, contro i diritti umani.

Sta dicendo che questo è quel che dice Israele?

No, alcuni israeliani in Israele dicono così. Molti israeliani sono fuggiti da Israele. Hanno mollato. Molto del movimento per la pace è in California, ma non c’è più un gran movimento per la pace in Israele. Sono donne — ecco dov’è la speranza.

Che cosa dicono?

Alcune di esse sono all’estrema destra, ma dicono, grosso modo: Vogliamo un Israele in pace col suo vicino; un Israele con caratteristiche ebraiche ma non uno stato ebraico solo per ebrei. Vogliamo rapporti pacifici, che sia con Gaza, la Cisgiordania o Gerusalemme-Est. Se essi vogliono una Palestina dove si viva in pace in condizioni di parità, noi vogliamo un certo diritto al ritorno e anche loro lo vogliono. Possiamo negoziarne il numero. In altre parole, si hanno diverse opinioni in merito, ma quel che bisogna fare per primo è distinguere fra legittimo e illegittimo. Usiamo tre criteri per fare una valutazione: diritto, diritti umani e bisogni fondamentali. Questo è ciò che mi viene in mente quando si parla di negoziati e mediazione. Poi viene il difficile: fare il salto in una nuova realtà dove tutti quanti possono sentirsi a casa propria. Non corrisponderà perfettamente ai loro desideri ma quasi. Non c’è nulla di misterioso al riguardo, ma richiede molta esperienza.

Israele sta perdendo legittimità

Ha detto che le donne in Israele possono avere un ruolo importante. Perché?

Punto alle donne perché hanno una lamentela: sull’ebraismo ortodosso; molto ostile verso le donne. Al tempo stesso, un ebreo nasce da una donna ebrea, che vuol dire che le donne ebree sono prese in mezzo — da un canto mettendo al mondo ebrei, dall’altro essendo considerate cittadine di second’ordine. Non lo accettano più.

Vede iniziative prese da donne israeliane per affrontare questi problemi?

Una quantità enorme — donne molto istruite che abitano in Israele, che si fanno sentire e scrivono articoli per i giornali. Molti in Israele sanno perfettamente che l’attuale regime non vincerà a Gaza. Per ogni membro di Hamas che uccidono, ne creano altri 10. Ci sono adesso grossi movimenti nel mondo arabo: lo “Stato Islamico” [IS], la campagna di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni [BDS]. Israele sta perdendo legittimità, la Palestina ne sta guadagnando. Si cerca di chiudere gli occhi e non vedere ma si sa perfettamente che così non funzionerà. Ma che cosa c’è bisogno che facciamo noi? La parola chiave potrebbe essere: cambiamento di regime.

Intende in Israele?

Questo non sembra che stia avvenendo.

Dobbiamo aspettare a vedere fra un anno o giù di lì.

Come? Che cosa sarebbe cambiato allora?

Supponiamo che un certo numero di paesi ritirino i propri ambasciatori da Tel Aviv dicendo di riconoscere la Palestina. Degradino Israele, rivalutino la Palestina. Lo sfondamento c’è già stato: nella risoluzione dell’Assemblea Generale ONU, solo nove paesi hanno votato con gli Stati Uniti, 138 sull’altro versante, 41 astenuti [Il 29 nov. 2012, la risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha elevato la Palestina allo status di stato osservatore non-membro in ambito ONU]. Fu una sconfitta tremenda per Israele. Più in là si profila quel che Israele teme di più: gli Stati Uniti diranno a Israele che è diventato un peso passivo — come lo dissero alle Filippine e al SudAfrica. Ci sono forze potenti negli USA che si muovono in tale direzione. Quel che ho imparato nei miei 83 anni di vita è che nulla rimane immutato per sempre. Hitler non seppe dove fermarsi. Netanyahu non sa dove fermarsi; non fa che andare avanti e avanti. Nei servizi segreti e nell’esercito d’Israele ci sono voci molto critiche su Netanyahu.

Si aspetta un cambiamento di regime ma non nel prossimo futuro?

Non la prossima settimana, ma sarei sorpreso se non assistessimo a cambiamenti importanti entro i prossimi due anni. E molto sorpreso se l’attuale regime israeliano sopravvivesse cinque anni. Nessuno può costringere Israele [a tale cambiamento], deve venire dall’interno. Gli Stati Uniti fanno parte dell’interno. Sono venuti all’esistenza allo stesso modo: prendendo la terra di qualcun altro. Gi inglesi lo stesso — nel 1607 in Virginia, nel 1620 in Massachusetts.

L’islam ha sofferto umiliazioni’

Ha menzionato voci critiche dell’attuale regime israeliano nell’esercito israeliano…

Se l’attuale regime va giù, essi cadranno insieme. Se sapesse che cosa dicono di Netanyahu, dicono cose ben peggiori, freno già le mie parole dicendo che stanno avanzando dritti verso l’abisso.

Quando dice cambiamento di regime, vengono in mente due cose: può essere buono e può essere cattivo. C’è garanzia che sia buono?

Ha assolutamente ragione, non c’è garanzia. Se l’attuale regime continua, posso immaginare ben di peggio, come l’uso di armi atomiche. Se Israele è minacciato, può farlo, mentre non vedo una forza militare nei paesi circostanti che ponga una tale minaccia.

Abbiamo parlato d’Israele, ma riguardo all’altro campo? Che cosa può fare Hamas, che cosa Mahmoud Abbas? C’è qualcosa che possano fare i palestinesi?

Posso capire la psicologia dietro l’uso dei razzi, ma ne metto in questione la saggezza contro il più forte regime militare della regione. Possono usare la nonviolenza in Cisgiordania, a Gerusalemme Est, dentro Israele. Abbas è per Fatah. Hamas è islamica — pensi all’umiliazione subita dall’islam.

L’Impero Ottomano aveva l’ammirevole sistema dei millet. È l’unica soluzione per l’oggi. L’umiliazione dopo l’Accordo Sykes-Picot è la questione base. Allora, pur se la Turchia era stata in Siria per un centinaio d’anni, il Sykes-Picot la passò ai francesi, passò il Libano ai francesi e Palestina e Iraq agli inglesi. Questa è umiliazione. Ecco perché abbiamo lo “Stato Islamico”. Che è la gente dietro Saddam Hussein, che si prende una rivincita. Sarebbe molto utile se Hamas e l’IS proponessero una visione per il Medio Oriente accettabile ai più.

I confini Sykes-Picot da cambiare’

Vede questo genere di visione provenire da qualche parte, specialmente da parte dell’IS, a quanto pare intento a fare cose orribili???

Questo è quanto ci dicono oggi. La visione potrebbe essere l’Impero Ottomano senza Istanbul, e il califfato senza Istanbul. La Turchia ci sarà dentro ma senza un ruolo speciale. Hamas lo farà? Sì, quando sia più matura. Adesso sono spinti dall’odio. Hanno motivi per odiare se si guarda al secolo di Sykes-Picot. Quell’accordo era contro l’Impero Ottomano e prometteva agli arabi l’indipendenza. Distrusse inoltre l’Impero Ottomano e avete avuto [Mustafa] Kemal Atatürk. Io ho ammirato la prima fase del kemalismo, ma non la seconda. Ho ammirato Mustafa Kemal nello sconfiggere l’allora Primo Lord dell’Ammiragliato Winston Churchill a Gallipoli. Penso che abbia fatto un errore basilare: imporre il secolarismo principalmente ai militari creando una divisione fra essi e il 98% della popolazione, rendendo quasi inevitabile una dittatura militare. In quanto a colui [il presidente-eletto Recep Tayyip Erdo?an] che ha preso il 52% dei voti domenica scorsa [10 agosto], ne ho ammirato la forte posizione contro Israele quando si è trattato della nave [Mavi] Marmara; ma non ne sono così sicuro in quanto alla CIA turca e alla sua cooperazione con i servizi d’intelligence israeliani e la CIA USA. E considero lo sbaglio peggiore fatto dalla Turchia, sulla Siria, come il risultato dell’essere male informata. Ci sono problemi: Israele e gli Stati Uniti vogliono fare a pezzetti la Siria. E, ovviamente, gli islamisti stanno rigenerando quanto esisteva prima del Sykes-Picot, senza la Turchia. Spero che il precedente del 52% volga il centro d’attenzione dal come fare una democrazia presidenziale un po’ più ai problemi legati alla Siria, ai Curdi e agli Armeni — i grossi problemi.

Lei parla con persone dello “Stato Islamico”?

Talvolta. C’è un ampio spettro di persone nell’IS. L’Occidente sceglie le peggiori.

La Turchia condivideva la stessa visione degli USA su [il presidente siriano Bashar al-] Assad e l’opposizione, e ci sono indicazioni che il governo turco sostenga l’IS in Siria. Come lo spiega?

Vediamone la prova; non è così ovvio. Ma una cosa è ovvia. Se si è combattenti per l’IS e si è in Iraq, gli USA vi spareranno addosso. Se si traversa il confine in Siria, gli USA vi daranno armi per combattere Assad. Forse la Turchia fa lo stesso.

Si aspetta che cambino i confini tracciati dall’Accordo Sykes-Picot?

Non sarebbe una brutta idea se Londra e Parigi si scusassero. E c’era dentro anche lo zar. Il punto è sospendere quelle quattro colonie e lasciarle far parte dello “Stato Islamico” con spazio per Israele con i confini del 1967. Io ho fatto il mediatore dal 1964; potrei ben dire di non poterne più, ma non è così: è stimolante. La cosa che ho escogitato si chiama [schema] “1, 2, 6, 20.” L’uno sta per una Palestina riconosciuta appieno secondo il diritto internazionale, come stato-membro ONU e bilateralmente da sempre più altri [stati-membri]. Il due sta per una soluzione a due stati entro i confini del 1967 e qualche scambio [territoriale]: due cantoni israeliani in aree sacre e due in Cisgiordania, e due in cantoni palestinesi nel NordOvest d’Israele fittamente abitati da palestinesi prima della Nakba, due capitali a Gerusalemme. Il sei è il mio preferito: una comunità di sei stati, modellata sulla Comunità Europea del 1958, con Israele e cinque paesi confinanti — Libano, Siria, Giordania, Palestina ed Egitto con i confini il più aperti possibile, e con un piano idrico ed energetico. Poi una cooperazione fra 20 stati, modellata sull’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione per l’ Europa (OSCE) del 1975. Questo è il mio sogno.

Ci sono politici che sostengano quest’idea???

Forse non oggi, ma probabilmente domani.

I Curdi possono avere un’autonomia interna entro ciascun paese’

Le piacerebbe vedere il governo turco dedicarsi di più a tematiche di politica estera. Può dirci di più in merito?

?Cominciamo dai Curdi. Circa 24 anni fa mi fu chiesto dai Curdi di affrontare una soluzione. Dissi che avrebbe dovuto comportare tre stadi: Primo, diritti umani nei quattro paesi. Potrete alzarvi e dire: sono un curdo. Si era al tempo in cui li si chiamava “turchi di montagna”. La fase due, dissi, deve essere piuttosto modesta nelle richieste di grande autonomia. Nelle quattro regioni [Turchia, Iran, Iraq e Siria], si può avere un’autonomia interna, e la lingua amministrativa potrebbe essere più il curdo che il turco, pur mantenendo il turco fianco a fianco; le bandiere sarebbero più curde che turche; l’atmosfera sarebbe più curda. Nella fase tre non si sposterebbe alcun confine, perché facendolo, se ne accorgerebbero i militari in tutti e quattro i paesi.

C’è autonomia in Iraq, benché non perfetta; diritti umani in Turchia — una visione riguardo alla quale Erdo?an fu indotto a dire “Sediamoci a parlarne”; e in Siria si va verso l’autonomia, anche lì. Da quando lo dissi, nel 1991, è successo parecchio. Il tipo di democrazia che hanno in Iraq ha posto il potere in mano agli sciiti. In più, c’è l’IS. L’IS e i curdi devono giungere a una soluzione. L’Iraq dev’essere reso federale ben più di quanto lo sia. In quanto alla Siria, avrebbe dovuto essere federalizzata, e potendo imparare dall’Impero Ottomano, potrebbe vigere il sistema dei millet per le numerose minoranze religiose ed etniche presenti. I curdi nell’angolo nordorientale potrebbero ottenere qualcosa; ma il problema è l’Iran. Non ne ho le prove, ma la mia sensazione è che il massacro di Halabja [Iraq] sia stato fatto dagli iraniani. Gli uomini del Pentagono dissero che l’ex-presidente irakeno Saddam Hussein non aveva il gas usato a Halabja. In certo modo, Erdo?an potrebbe essere quello che si mette semplicemente a colloquiare sulla tematica sunnita e sciita. Uno dei miei corsi quest’autunno all’Università Islamica Internazionale della Malaysia sarà sulle differenze e analogie fra protestantesimo e cattolicesimo da un lato e islam sunnita e sciita dall’altro.

Lei sa che Erdo?an è stato accusato di favorire i sunniti in questi conflitti.??

Questo non vuol dire che sia un estremista sunnita e non possa sedersi a parlare su come risolvere la problematica.

Se dovesse consigliare il governo turco ed Erdo?an riguardo alla politica estera, che direbbe?

Tenere una conferenza ad Antalya; invitare l’ONU a presiederla mirando a una Organizzazione per la sicurezza e la Cooperazione in Asia Occidentale, come l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE). Fu fatto imolto abilmente da parte dei finlandesi. La Turchia è la Finlandia dell’Asia Occidentale. La Turchia ha caratteristiche molto simili e l’esperienza con tutte le forze in campo, proprio come la Finlandia, dapprima occupata dagli svedesi, poi dai russi, coi quali fece una guerra e poi la pace, coi russi e anche coi tedeschi. L’agenda della conferenza tratterebbe d’Israele e Palestina, Curdi, Turchia e Armenia, e della tematica sunnita-sciita. Quel che avvenne con gli armeni fu terribile, e la Turchia dev’esserne incolpata in parte, ma avvenne nel corso di una guerra. Il compito fondamentale adesso è di costruire migliori rapporti. La Turchia è ricca, l’Armenia no; l’Armenia propende per la Russia. La Turchia può fare dell’Ararat un monte di pace, di proprietà congiunta. So che c’è un confine là in mezzo; resti pure dov’è ma si renda una parte dell’Ararat un monte di pace. E che Yerevan faccia una funicolare per l’Ararat. Così si può fare un balzo in una nuova realtà. Che potrebbe aprire ad altre prospettive.

Il Kurdistan può avere il proprio parlamento ma facendo parte della Turchia’

Lei sa che molti turchi temono che i curdi si separeranno dividendo la Turchia.??

Io ho una visione per evitarlo: il Kurdistan avrà il proprio parlamento ma facendo parte della Turchia, della Siria, dell’Iran e dell’Iraq. Avranno doppia nazionalità. Peggio trattate i Curdi, più diranno ad Ankara di andare al diavolo. Io porterei anche quel tale sull’isola nel mar di Marmara [il capo del Partito dei Lavoratori del Kurdistan, Abdullah Öcalan] al tavolo ad Ankara. È cambiato; io credo al suo cambiamento.

Gli ha parlato?

?Ho parlato con persone che gli sono molto vicine. Tutto quello che ho detto qui a proposito del tema curdo, l’ho presentato a un colloquio a Londra incontrando accademici curdi. Se avesse sentito l’applauso che mi hanno fatto, perché quasi per la prima volta hanno avuto una visione. Non è che io ne sappia più di loro; si tratta di avere una luce in fondo al tunnel. La Turchia ha risolto i problemi con la Bulgaria relativamente bene. In effetti, guardando alle Guerre Balcaniche, la Turchia si è ritratta con un certo garbo. Quel che resta in Bosnia-Herzegovina e quel che resta in Kosovo può essere gestito – non che siano casi scevri da problemi, ma si possono trattare. La Turchia ha fatto piuttosto bene, quindi sono ottimista.

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Today’s Zaman, Istanbul – 18 agosto 2014

Traduzione di Miky Lanza per il Centro Sereno Regis

Titolo originale:Professor Galtung: Erdogan Should Focus on Foreign Policy – TRANSCEND Media Service

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