(Italiano) Che cosa comportava il colonialismo: il caso della Malesia

ORIGINAL LANGUAGES, 16 Feb 2015

Johan Galtung – TRANSCEND Media Service

Kuala Lumpur

Uno sguardo a questa dichiarazione di Cecil Rhodes (imprenditore e politico britannico di fine ottocento, ndt):

“Ieri ero nell’East End di Londra a una riunione di disoccupati. Ho ascoltato i discorsi sfrenati, che erano solo un gridare per il PANE! – e tornando a casa meditavo sulla scena, diventando più che convinto dell’importanza dell’IMPERIALISMO…La mia idea favorita è una soluzione al problema sociale, vale a dire, al fine di salvare i 40.000.000 d’abitanti del Regno Unito da una sanguinosa guerra civile, noi statisti coloniali dobbiamo acquisire nuove terre per insediarvi la popolazione di troppo che fornisca nuovi mercati per le merci prodotte nelle fabbriche e nelle miniere. L’IMPERO: È UNA QUESTIONE PANE E BURRO. SE SI VUOLE EVITARE UNA GUERRA CIVILE, BASTA DIVENTARE IMPERIALISTI.[i]

Non priva d’intelligenza, come ci s’aspetta dal primo studioso Rhodes; totale trascuranza per le “nuove terre”, ma non per il capitale in eccedenza.

I primi a conquistare Malacca – il porto chiave negli Stretti – furono i portoghesi, nel 1511; poi gli olandesi, nel 1609 e nel 1641; esigendo un pedaggio per il passaggio negli Stretti, procurandosi spezie, stagno, terre. Gli inglesi arrivarono più tardi, a Penang nel 1786, a Singapore nel 1819, a Malacca nel 1824 quando il Trattato anglo-olandese aveva reso inglese la Malesia e olandese l’Indonesia. I loro metodi: corazzate, cannoni, conquista; talvolta contro una gagliarda resistenza.

Il Canale di Suez e le navi a vapore resero più accessibile la Malesia; le lattine di stagno e i pneumatici fecero succosi investimenti dello stagno e degli alberi della gomma. L’industrializzazione inglese con una popolazione troppo povera per comprare le merci andava a pennello per la formula di Rhodes. Le “Risoluzioni degli Stretti” governate da un Residente-Alto Commissario-Governatore britannico causarono una massiccia resistenza, che fu brutalmente repressa, o manipolata con divisioni e dominio. Si usarono federazioni allo scopo, attribuendo loro un pessimo nome in tutto l’Impero.

Gli inglesi controllavano tutte le risorse naturali, tassando grevemente gli agricoltori per la “protezione” e intanto usando i malesi, e solo loro, per coltivare alimenti da poco, e solamente quelli, reclutando schiere immani di schiavi per debiti dalla Cina e dall’India (già impoverite da Inghilterra e Francia), per lavorare nelle miniere di stagno vicino a Ipoh, e le piantagioni di gomma ovunque. Gli investitori inglesi divennero favolosamente ricchi. Altri vi si stabilirono, per gestire il paese da militari, polizia e impiegati dell’amministrazione civile, e per piccole aziende.

Al più l’1% dei fondi governativi erano usati per l’istruzione della popolazione locale.

I malesi, cinesi e indiani formarono sindacati dei lavoratori, gli scioperi erano la loro arma, e nel 1930 fu fondato il Partito Comunista di Malesia (CPM). Le richieste comprendevano una paga migliore, nessuna giornata lavorativa di 12 ore, servizio medico, istruzione per i figli, la fine delle angherie alle donne. I loro capi venivano licenziati, le loro razioni di acqua e riso eliminate, e si facevano intervenire le truppe per rompere gli scioperi.

Poi arrivò la seconda guerra mondiale, l’invasione giapponese, la capitolazione inglese, il divide et impera giapponese sulle tre razze, i guerriglieri che combattevano i giapponesi; la rioccupazione inglese nel settembre 1945. Il CPM decise di combattere per l’autogoverno con mezzi pacifici. Ma gli inglesi avevano un altro piano: usare la Malesia ricca di risorse per pagare l’enorme debito di guerra del Regno Unito, 3.4 miliardi di sterline, soprattutto agli USA.

Così come l’Occidente scaricò il debito per aver ucciso milioni di ebrei europei addosso agli arabi, i palestinesi in particolare, il debito di guerra del Regno Unito fu scaricato sulla Malesia. Si usarono “Regolamenti d’Emergenza” (non “di guerra”, le società assicurative potevano non pagare) per combattere l’indipendenza e gli scioperi più che mai – usando perfino i prigionieri di guerra (POWs) giapponesi per combattere il CPM.

Perquisizioni, arresti, sparatorie a vista della polizia, incarcerazioni senza processo, pena di morte per la detenzione di armi da fuoco e contatti con guerriglieri che avevano combattuto i giapponesi ed erano stati decorati da eroi – ora chiamati “terroristi”, detenuti, deportati, dispersi. Furono schierate decine di migliaia di truppe – britannici, australiani, neo-zelandesi ecc. – 100 aerei che condussero 25.000 missioni aeree, con 33.000 t di bombe, napalm, fra il 1948 e il 1960 –alti ufficiali avevano represso i palestinesi – quasi tutto pagato dalla Malesia. Al 1960 un milione di malesi, 1/6 del paese, era costretto a vivere nei “Nuovi Villaggi”, campi di concentramento con barriere di doppio filo spinato.

Si ebbe poi una fase di “conquista dei cuori e delle menti”, e Merdeka, l’Indipendenza il 31 agosto 1957 quando Londra trovo che gli investimenti inglesi erano al sicuro, che il partito di governo, l’UMNO (Organizzazione Nazionale Unita Malese) a sufficienza conservatore, e il CPM sconfitto. Il paese era al sicuro, non per la democrazia, ma per il capitalismo britannico. Cecil Rhodes in pratica.

Considerata una storia di successo da UK-USA, una replica della Malesia fu tentata dagli USA in Vietnam, e poi in Iran (1953-78), Afghanistan (a partire dal 2001), Iraq (dal 2003), Somalia, Yemen[ii]. Non è strano che il Regno Unito distrugga i documenti sul proprio colonialismo o li mantenga super-segreti. Oltre la vergogna e la colpa s’aggiunge la paura della riparazione, come nel Caribe sotto l’egida CARICOM (Comunità e Mercato Comune Caribico) – fortemente sostenuto dall’ALBA (Alianza Bolivariana para los Pueblos de Nuestra América, il Trattato Commerciale dei Popoli) che prende di mira i colonizzatori; gli inglesi, i francesi, gli olandesi, i danesi – e i norvegesi. Si veda info@colonialismreperation.org.

La Malaysia oggi è il prodotto del passato coloniale: 50% malesi musulmani in rapporto teso con il 23% di cinesi, ambedue al di sopra del 7% di tamil hindu; e tutt’e tre al di sopra del 12% d’indigeni, gli Orang Asli, naturisti (detti “animisti”, quando si attribuisce un’anima alla natura); 9% di altri.

Il potere politico sta ai malesi. Nove delle 13 province sono sultanati gestiti da governatori e sultani che scelgono un re super-sultano ogni cinque anni. Quando irruppe l’indipendenza il 31 agosto 1957 i sultani avevano il potere politico – formalmente una democrazia, in realtà uno stato a partito unico – e il potere economico era condiviso fra gli inglesi (35%) e i cinesi (oltre 20%). Le tensioni razziali e culturali erano state create dagli inglesi che trasferivano la gente di qua e di là a proprio vantaggio, come in tanti altri luoghi, lasciandogliele sbrogliare da soli.

Si usò potere malese per favorire i malesi poveri con Mahathir Mohamad primo ministro 1981-2003) e la Nuova Politica Economica. Si usò e si usa il potere musulmano per l’islamizzazione, al 61% (21% cinesi buddhisti, 6% hindu, 9% europei cristiani?), anche mediante l’immigrazione di musulmani nella ricca Malaysia. I non-musulmani ora lottano per una base secolare, neutrale, e la coesistenza. Ma il secolarismo è anatema per l’islam: per loro è l’islam quella base; e l’islam, non solo il comunismo, comporta anche elevare le condizioni degli ultimi (zakat). L’hanno fatto per i malesi, hanno strafatto e forse strafanno.

La svolta calante economica adesso può mutare le tensioni in violenza. E gli inglesi se ne laveranno le mani parlando di legge, ordine, diritti umani.

NOTE:

[i]. Musimografik, Where Monsoons meet. A People’s History of Malaya, [Dove s’incontrano i monsoni: una storia popolare della Malesia] Grassroots: Londra, 1970, riedito da SIRD: Petalang Jaya, Malaysia, 2007, con vignette e caricature non riprodotte qui. Questo articolo si basa ampiamente su questo libro, a sua volta basato su un’impressionante bibliografia accademica che comprende il celebrato libro del Dr. Teck Ghee Lim, Peasants and their Agricultural Economy in Colonial Malaya 1874-1941 [I contadini e la loro economia agricola nella Malesia coloniale fra il 1874 e il 1941], Oxford: Oxford University Press, 1972.

[ii]. Michael Burleigh, Small Wars, Faraway Places. Global Insurrection and the Making of the Modern World, 1945-1965 [Piccole guerre, luoghi remoti. Insurrezione globale e la formazione del mondo moderno], Viking 2014, riguarda questo, con forti ammonimenti, particolarmente agli USA, sui fallimenti estremamente costosi per ogni limitato “successo” contro-insurrezionale in Malesia. E sulla gran differenza fra i paesi.

____________________________

Traduzione di Miky Lanza per il Centro Studi Sereno Regis

Titolo originale: What Colonialism Was About: The Case of Malaya – TRANSCEND Media Service

Go to Original – serenoregis.org

Share this article:


DISCLAIMER: The statements, views and opinions expressed in pieces republished here are solely those of the authors and do not necessarily represent those of TMS. In accordance with title 17 U.S.C. section 107, this material is distributed without profit to those who have expressed a prior interest in receiving the included information for research and educational purposes. TMS has no affiliation whatsoever with the originator of this article nor is TMS endorsed or sponsored by the originator. “GO TO ORIGINAL” links are provided as a convenience to our readers and allow for verification of authenticity. However, as originating pages are often updated by their originating host sites, the versions posted may not match the versions our readers view when clicking the “GO TO ORIGINAL” links. This site contains copyrighted material the use of which has not always been specifically authorized by the copyright owner. We are making such material available in our efforts to advance understanding of environmental, political, human rights, economic, democracy, scientific, and social justice issues, etc. We believe this constitutes a ‘fair use’ of any such copyrighted material as provided for in section 107 of the US Copyright Law. In accordance with Title 17 U.S.C. Section 107, the material on this site is distributed without profit to those who have expressed a prior interest in receiving the included information for research and educational purposes. For more information go to: http://www.law.cornell.edu/uscode/17/107.shtml. If you wish to use copyrighted material from this site for purposes of your own that go beyond ‘fair use’, you must obtain permission from the copyright owner.

Comments are closed.