(Italian) “21 Giugno. Strage di Piazza Loggia … A Quando la Verità?”
ORIGINAL LANGUAGES, 19 Jul 2010
Silvia Berruto – TRANSCEND Media Service
36° Anniversario di Piazza Loggia
In memoria del salodiano Vittorio Zambarda
Martedì 28 maggio 1974
Brescia.
Piazza della Loggia.
Ore 10,00. Manifestazione antifascista.
Alle 10 e 12 minuti un’esplosione.
Scoppia una bomba.
Durante una manifestazione antifascista unitaria.
“Si voleva proprio testimoniare una partecipazione che dicesse NO a quell’ondata di violenza che davvero stava preoccupando molto in quel momento storico” ricorda la professoressa Piera Maculotti nell’introdurre la serata.
Il contesto storico e politico di quegli anni, sottolineato con forza anche dagli altri due relatori, era connotato da grandi tensioni – e la strage di Piazza della Loggia è una vicenda della strategia della tensione – ma anche da una forte partecipazione alla vita civile. “Non a caso la piazza, quel martedì 28 maggio, era assolutamente gremita” precisa, determinata, la professoressa.
Nel nome di una partecipazione democratica si trovavano in piazza, quel martedì, tra gli altri, gli otto “caduti consapevoli, militanti partecipi dell’antifascismo internazionale” :
Giulietta Banzi Bazoli
Livia Bottardi Milani
Euplo Natali
Luigi Pinto
Bartolomeo Talenti
Clementina Calzari Trebeschi
Alberto Trebeschi
Vittorio Zambarda.
103 i feriti.
La piazza viene immediatamente ripulita.
Partono i processi.
36 gli anni di indagini, per una strage ancora impunita.
3 i processi svolti sino ad oggi.
Ogni processo è giunto sino alla Cassazione.
Ma una verità giudiziaria oggi ancora non c’è.
Lunedì 21 giugno, a Salò, nella Sala dei Provveditori del Palazzo Municipale, col patrocinio dell’Assessorato alla Cultura della Città di Salò, per l’organizzazione dell’ A.N.P.I. Sezione Garda Valsabbia e del Circolo ARCI Vittorio Zambarda (Salò), della Casa della Memoria – Associazione Familiari Caduti Strage di Piazza Loggia, si è svolto un incontro a ricordo del 36° Anniversario di Piazza Loggia e in memoria del salodiano Vittorio Zambarda.
Il Sindaco, Avvocato Barbara Botti ha accolto il pubblico e ha introdotto l’incontro con un excursus di carattere generale, restituendo un messaggio connotato dal timore di incorrere in possibili rischi retorici legati al ricordare.
Senza fare riferimenti specifici ai fatti della strage di Piazza della Loggia, il Sindaco Botti ha richiamato la necessità di una stagione nella quale i “nostri” valori più profondi – umanità, familiarità, solidarietà concreta, solidarietà nella vita civile e democratica – possano essere affermati e trasmessi affinché tutto il paese si rafforzi nella sua coscienza civile. Barbara Botti ha ricordato, citandoli, gli otto “caduti” ringraziando, infine, la Casa della Memoria, l’A.N.P.I. Garda Valsabbia e l’ARCI di Salò “per la partecipazione e per il lavoro a sostegno della democrazia e della civiltà del convivere” senza partecipare, poi, attivamente al dialogo-dibattito col pubblico.
L’incontro è stato condotto dalla Professoressa Piera Maculotti, amica di Clem, di Giulietta e di Livia, in piazza anche lei il 28 maggio 1974, con una testimonianza-aggiornamento giurisprudenziale dell’Avvocato Gianluigi Abrandini e con la testimonianza di Manlio Milani, presidente dell’Associazione familiari caduti Strage di Piazza Loggia.
A quando la verità? A che punto è la verità giudiziaria.
Questa domanda collettiva, ricorrente, ancora senza risposta da quel 28 maggio 1974, inscrivibile nel contesto della storia di tre processi connotati da morti misteriose, prove cancellate, deviazioni e coperture, è stata rivolta all’Avvocato Gianluigi Abrandini, legale di parte civile che sta seguendo questo lungo processo.
La verità storico-politica della strage è sostanzialmente acquisita e consolidata ed “è riconducibile ad esponenti della destra neofascista e del radicalismo di destra che, in collusione con settori dello Stato, hanno preordinato e perpetrato la strage” (Paolo Corsini, intervista del 24 luglio 2002).
L’Avvocato Abrandini ha immediatamente dichiarato che avrebbe esposto gli elementi storici di tutti i processi vissuti in questi trentasei anni.
Ha aperto il suo contributo citando gli imputati di questo processo: Francesco Delfino, Carlo Maria Maggi, Giovanni Maifredi ormai deceduto, Giuseppe (Pino) Rauti, Maurizio Tramonte e Delfo Zorzi.
Per fare un riassunto di tutti i processi che si sono svolti fino ad oggi, a partire dal primo, Abrandini ha ritenuto necessario fare una premessa storica ed economica sul contesto locale, non molto dissimile da quella nazionale, dell’epoca.
L’Avvocato ricorda che “a Brescia in quel periodo era in atto un grosso scontro sociale tra varie componenti economiche, dagli industriali ai sindacati, una forma di coercizione di libertà democratiche che erano in formazione, una grossa partecipazione sociale che, a mio personalissimo giudizio – sottolinea l’avvocato – hanno portato ad una serie di sviluppi di tensioni sociali che hanno coinvolto organismi non solo nazionali ma anche stranieri.”
La vicenda della strage e dei caduti di Piazza della Loggia, tra i quali il salodiano Vittorio Zambarda a cui è stata dedicata la serata, va letta e inquadrata nel contesto sopra descritto che porta a verificare l’intervento, con atti che sono presenti nel processo in corso, di “una possibile interconnessione tra parti deviate del nostro Stato con interessi stranieri affinché l’Italia e la nostra democrazia potesse essere sovvertita con la formazione di apparati paralleli, di strutture non legali e non autorizzate formate da ex appartenenti a ideologie e a raggruppamenti contrari alla Repubblica”: fra le varie “organizzazioni” Abrandini cita “Gladio”.
Queste informazioni, insieme a informative risalenti al 1974, perse e poi ritrovate, mai rese note, non sono state mai poste all’attenzione dei giudici e dei giudicanti dei primi processi, secondo quanto riferisce il legale. Il processo, inoltre, presenta numerosi problemi tecnici e componenti estremamente vaste, per cui è difficile, dichiara Abrandini, dire o proporre risultanze o valutazioni.
E’ difficile fare previsioni.
Ma grazie al lavoro di Milani e dei suoi collaboratori e all’impegno della cittadinanza bresciana sostiene l’avvocato “speriamo di riuscire ad avere un accertamento, quantomeno storico, sulla matrice del 28 maggio” che non è un episodio isolato ma che si inserisce in una catena di attentati, forse minori, ma tutti facenti parte della strategia della tensione agita a Brescia.
Mettere la bomba, infine, non è stato un atto isolato compiuto da pochi sbandati o da pochi illusi, ma deriva da una “molto più ampia programmazione di sovvertimento dello stato democratico” termina l’Avvocato Abrandini, citando a braccio, le motivazioni della sentenza di assoluzione di Cesare Ferri, le cui conclusioni, “lasciano alquanto perplessi” per la formula assolutoria contraddittoria e perché vaga nella sua giustificazione giuridica.
L’avvocato Abrandini cita dunque la motivazione: “Nonostante la presenza di precisi, concordi e univoci indizi di reato, non si ha la prova che l’ordigno sia stato posto dagli imputati di quel processo.”
“Trame nere”, fermenti e atti eversivi non episodici, apparati deviati dello stato: è questo il contesto, in cui la verità giudiziaria è ancora “una nebulosa oscura e i misteri d’Italia e le stragi impunite resistono”, sintetizzato dalla professoressa Maculotti. Su questo scenario, composto da un vasto corpus di fatti e fattori concomitanti e da questa deriva in-finita, la professoressa passa la parola a Manlio Milani per una ricognizione sulla verità storico-politica della strage.
Manlio Milani parte dalla definizione di strategia della tensione, che comprende anche la strategia delle bombe, definendola come un sistema che permette a qualcuno di esaltare la paura e, attraverso la paura, ricattare le forme della politica: nei confronti di chi dirige il potere ma anche nei confronti del cittadino. Ovvero nei confronti di una democrazia intesa come forma di partecipazione.
La strategia della tensione e la paura servono come elemento di ricatto utile per esaltare, non una democrazia partecipata basata sulla cittadinanza, ma una democrazia della delega.
“Delegare a qualcuno il comando” chiarisce Milani. E con strategia della tensione si intende proprio l’intenzione di voler esaltare questo tipo di processo.
“Affidarci a qualcuno o a un qualcosa perché è la paura che deve determinare domande d’ordine e quindi sicurezza.
Il dato fondamentale è che essa deve rompere i processi di partecipazione.
Credo che questo sia all’origine anche della strage di Piazza della Loggia.
Noi lo ricordiamo tutti quel fatto.
Ricordiamo le ragioni per cui eravamo in piazza quella mattina.”
Le ragioni stavano nel respingere la violenza attraverso la PARTECIPAZIONE.
Il diritto della polis di potersi esprimere liberamente è al centro della manifestazione.
“Si va nella piazza proprio perché si vuole salvaguardare fino in fondo i rapporti interpersonali e il DIALOGO è l’elemento centrale di quella manifestazione.
Ed è l’elemento centrale quale risposta all’atteggiamento di violenza.”
In un contesto in cui si esaltava la violenza la piazza proponeva un sistema partecipativo, costituzionale, che permette alle persone, direi che la parola esatta è cittadini di PARTECIPARE, di DECIDERE, di ESPRIMERE e di PROPORRE PROFONDI CAMBIAMENTI, sottolinea Milani.
La logica, in cui si inserisce l’interazione, è il rispetto reciproco che è anche l’aspetto prevalente di una relazione partecipata.
Le figure degli otto caduti riassumono emblematicamente “quella che poteva essere la realtà di quel tempo” storicizza Milani. Significativa è la relazione e l’interconnessione dei rispettivi mondi di appartenenza: sono cinque insegnanti di cui tre donne; Luigi Pinto, anche lui insegnante, viene dal sud ed è in cerca di lavoro; due sono operai e uno è pensionato.
Persone e mondi connessi in un legame stretto fra mondo della scuola e mondo del lavoro, uniti in un processo di emancipazione della società nel suo insieme.
Ricorda ancora Milani un altro valore aggiunto per Vittorio Zambarda e Euplo Natali: due uomini che avevano partecipato alla Resistenza. “Avevano contribuito nella loro giovinezza a costruire quel patto costituzionale come eredità da consegnare agli altri. Da consegnare a noi che quella mattina eravamo in Piazza.” La trasmissione dell’eredità ricevuta dagli altri “che dobbiamo imparare a trasmettere ad altri e a portare nel bagaglio della nostra esperienza” è un altro elemento centrale della manifestazione.
PARTECIPAZIONE come risposta alla VIOLENZA.
La PARTECIPAZIONE come risposta al disegno eversivo che intendeva trasformare radicalmente le istituzioni democratiche.
La straordinaria risposta popolare di Piazza della Loggia, di Piazza Fontana e di altre stragi, sconfiggerà quel tipo di terrorismo. Quel disegno eversivo è stato sconfitto nelle finalità ultime – il sovvertimento violento delle istituzioni – ma non nelle ragioni più interne e più profonde, precisa Milani.
Quali sono state le ragioni di Piazza della Loggia e quali sono le ragioni per le quali sussiste ancora l’IMPUNITA’.
Milani parla di verità sostanzialmente acquisite e sul piano giudiziario e sul piano storico, queste ultime in base ai risultati delle indagini prodotte dalla commissione parlamentare di inchiesta sulle ragioni dell’impunità delle stragi e che qui trovano una precisa identificazione con le risultanze processuali.
“Noi dobbiamo saper vedere al di là del pronunciamento definitivo di colpevolezza o di assoluzione nei confronti degli imputati” continua Milani e dobbiamo imparare a “saper leggere” le motivazioni delle sentenze non fermandoci al mero dispositivo finale.
Per poter comprendere le ragioni per le quali un determinato fatto è avvenuto.
A volte, dice Milani, è molto più importante capire le ragioni per cui un determinato fatto è avvenuto piuttosto di sapere i nomi dei colpevoli.
(continua)
Salò 21 giugno 2010, Palazzo Municipale, Sala dei Provveditori
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Silvia Berruto, bresciana, antifascista, socia ANPI – Comitato regionale Valle d’Aosta
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