(Italiano) “Da Piazza Fontana a Piazza della Loggia. Tra violenza e verità”
ORIGINAL LANGUAGES, 14 Dec 2015
Silvia Berruto – TRANSCEND Media Service
Italy, Aosta Valley, Aosta
“Collettivamente memoria 2015”
25-26-27 novembre 2015
Parte prima
“Alla violenza non si risponde con la violenza.”
Manlio Milani ha concluso con queste parole il suo intervento rivolto alle studentesse e agli studenti di cinque istituzioni scolastiche aostane invitate dal progetto culturale Collettivamente memoria che ha inteso così restituire alla popolazione e agli studenti valdostani il cammino per la verità e l’iter del processo sulla strage di Piazza della Loggia degli ultimi quattro anni.
Manlio Milani, presidente dell’associazione Familiari Caduti della strage di Piazza della Loggia e della Casa della Memoria di Brescia, era in piazza il 28 maggio 1974, giorno della strage.
In quella piazza ha perso la moglie Livia Bottardi Milani e gli amici Clementina Calzari, la “Clem”, e Alberto Trebeschi.
Con loro caddero anche Giulietta Banzi Bazoli, Bartolomeo Talenti, Euplo Natali e, alcuni giorni dopo, il primo giugno, Luigi Pinto e, il 16 giugno, Vittorio Zambarda.
102 furono i feriti.
Alle ore 10 e 12 di martedì 28 maggio.
Per bomba fascista.
Caduti, appunto come recita, non mi stancherò mai di scriverlo e di ricordarlo, il testo di un cartello anonimo esposto in piazza della Loggia poche ore dopo la strage.
vennero uomini e donne liberi
a testimoniare contro la mostruosa
oscurità del fascismo di oggi
non diverso da quello di ieri
né di esso migliore
non si chiamino vittime ma caduti consapevoli
militanti partecipi dell’antifascismo internazionale
quando la vergogna delle false tolleranze
e delle innominate connivenze ha albergato tra noi l
a dinamite diventa soltanto
per i militanti antifascisti
una malattia in più
di cui poter morire
Piazza Loggia, 28 maggio 1974
E come ricorda ancora anche lo stesso Manlio, e ancora una volta anche ad Aosta, “caduti consapevoli, militanti partecipi dell’antifascismo internazionale.”
Martedì 28 maggio 1974 a Brescia, in Piazza della Loggia, era in corso una manifestazione antifascista unitaria di protesta per dire un NO forte all’ondata di violenze in atto a Brescia e in provincia ma anche a livello nazionale. Le ragioni per cui erano in piazza Manlio e tante e tanti altri compagni stavano nel respingere la violenza attraverso la PARTECIPAZIONE.
In un contesto di esaltazione della violenza la piazza proponeva un sistema partecipativo, costituzionale, che permette ai cittadini di PARTECIPARE, di DECIDERE, di ESPRIMERE e di PROPORRE PROFONDI CAMBIAMENTI.”
LA PARTECIPAZIONE come risposta ad un disegno eversivo che intendeva trasformare radicalmente le istituzioni democratiche.
Manlio Milani è impegnato da allora, da quarantuno anni, in una lotta nonviolenta, poco privata e molto pubblica, spesa, come ricorda il titolo, ben più di un semplice slogan, dato al programma di iniziative per il 40° anniversario della strage: “Quarant’anni sempre per la verità“. Brescia. Piazza Loggia 28 maggio 1974-2014.”
Sin da subito. Dal pomeriggio del 28 maggio. Manlio racconta. “Il pomeriggio, stanco di essere nella stanza fredda dell’obitorio […] e vengo via e vado in piazza. Non vado a casa. Ho bisogno di ritornare su quel luogo: quasi a volermi davvero rendere conto dell’accadimento. … La piazza mi accoglie e mi esprime una straordinaria solidarietà umana.”
La piazza immediatamente sancisce che il fatto accaduto è di tutti. Il fatto è di tutti perché ha colpito tutti.
Questa è la svolta importante che ha aiutato Manlio in questi anni a capire che tra le regole democratiche c’è anche il diritto di ricominciare a vivere con “la consapevolezza che ciò che è accaduto a noi può accadere ad altri e ciò che accade ad altri in realtà riguarda anche tutti noi.
Allora davvero non è più un problema di distanze, ma il problema è di capire da dove e perché viene la violenza. Attraverso la comprensione dei fatti operare le nostre scelte che devono essere in primo luogo scelte di rifiuto della violenza e di non accettazione di un mondo che si basi solo ed esclusivamente sul diritto di qualcuno di comandare su altri.”
I Bresciani vivono da 41 anni con l’impegno quotidiano collettivo della ricerca della verità giudiziaria e storica.
E’un caso di resistenza collettiva nonviolenta speciale nel panorama italiano.
La Casa della Memoria, nata nel 2000 per volontà del Comune di Brescia, dall’Associazione Familiari Caduti strage di Piazza Loggia e dalla Provincia, è lo spazio attivo, vivo e vivace, libero, centro di iniziative e documentazione sulla strage di Piazza della Loggia e sulla strategia della tensione dove confluiscono, nascono e si sviluppano riflessioni, azioni e proposte alternative alla violenza non solo stragista.
Milani da quarantuno anni si dedica, insieme ad altre ed altri, alla ricerca della verità giudiziaria e storica.
Non ha mai voluto un colpevole a tutti i costi e dichiara – citazione estrapolata dalla mia ultima intervista, inedita, del settembre scorso, ndr – che “la verità ha bisogno di tutti, anche dei colpevoli.”
Manlio vive, non si è mai abituato a con-vivere con la violenza, lo stragismo e le sue nefaste conseguenze, derive autoritarie comprese, le stesse che riemergono citate come dati di contesto di novità nei report di alcuni giornalisti italiani che sembrano scoprire scenari stragisti solo nella recente attualità del 2015: da Parigi (gennaio 2015), a Tunisi, Museo del Bardo (marzo), a Garissa in Kenya (aprile), a Sousse in Tunisia (a giugno), ad Ankara in Turchia (ottobre) a Sharm el-Sheikh in Egitto (ottobre), a Beirut in Libano (12 novembre) e di nuovo a Parigi (13 novembre). Una stampa che da’ la sensazione di scordare la storia italiana che, per almeno vent’anni è stata dilaniata da violenze, non solo stragiste, di matrice “nera” e poi “rossa”, alla quale sono seguiti terrorismi e stragismi più recenti, e planetari, dal 2001 in poi.
Le analogie fra gli attentati a Parigi del 13 novembre scorso e l’epoca stragista in Italia sono numerose.
Emergono delle costanti, nella strategia cosiddetta della tensione – linguaggio forse storicamente d’antan, datato, o strategia della paura nel linguaggio di oggi – in voga nel quinquennio 1969-1974 in Italia così come nelle risposte dell’autorità costituita e della/e collettività.
[…] Tra le varie forme di terrorismo lo stragismo ha alcune caratteristiche particolari, uniche: genera panico, insicurezza, disordine, magari per richiedere ordine. Non ha bersaglio specifico, non minaccia tanto i singoli ma la società nel suo complesso. Ha risvolti “connettivi”, le vittime sono persone qualsiasi che si trovano nel posto sbagliato nel momento sbagliato: persone con le quali la gente si identifica perché quello che é capitato a loro potrebbe capitare a ciascuno. ber questo parliamo di “memoria” e di memoria collettiva e per questo le stragi terroristiche diventano memoria collettiva, un evento che riguarda l’intera collettività. (Walter E. Crivellin. Estratto. Dal bel lavoro di Bianca Bardini e di Stefania Noventa: “28 maggio 1974 Strage di Piazza della Loggia. Le risposte della società bresciana, seconda edizione, maggio 2008.)
Federico Sinicato, avvocato di parte civile dei parenti delle vittime di Piazza Fontana e di Piazza della Loggia, ha dato uno spaccato impeccabile degli anni della strategia della tensione, ribattezzata oggi per l’oggi strategia della paura – la sostanza non cambia – con tutte le difficoltà connesse al tentativo di spiegare ai diciottenni di oggi quegli anni.
I due relatori, Manlio Milani e l’avvocato Federico Sinicato, sono stati testimoni, intellettualmente onesti, precisi ed esaustivi, attori protagonisti di una storia unica e irripetibile fatta di ostinata ricerca delle ragioni della violenza fascista e dell’irrinunciabile, e permanente, ricerca della verità non solo giuridica.
In forma di lectio magistralis è stata porta la ricostruzione dei fatti della vicenda giudiziaria di Piazza della Loggia, la cui sentenza, pronunciata dalla Presidente della Corte di Assise d’Appello di Milano nel processo d’appello bis il 22 luglio scorso, ha condannato all’ergastolo Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte.
“Non escludo che tra le pieghe di questa sentenza si possa trovare anche qualche ulteriore stimolo per riaccendere un faro anche sul 12 dicembre del 1969 strage per la quale la Procura di Milano ha smesso ormai da anni di indagare” scriveva proprio l’avvocato Sinicato il 24 luglio scorso sulle pagine del Manifesto.
Preciso, dettagliato, senza inutili orpelli e divagazioni, pregno di aspetti sociologici, culturali, ideali e quotidiani di quegli anni e delle due stragi fasciste di Piazza Fontana (Milano) e di Piazza della Loggia (Brescia), è stato il contributo che Milani e Sinicato hanno regalato, con grande generosità, anche al pubblico presente in biblioteca regionale di Aosta la sera prima, per una testimonianza di raro ed alto impegno umano, civile, intellettuale e professionale.
Per entrambi i relatori, testimoni privilegiati della vita e della storia italiana degli anni Settanta, colpiti e violati ancora una volta dallo stragismo internazionale di recente e meno recente tragica attualità, c’è il rischio, non remoto, della possibile strumentalizzazione di questi fatti per altri fini tra i quali si collocano le richieste securitarie dal basso ma anche dall’alto.
“E’ una specie di riflesso condizionato. Quando è possibile ridurre il grado di autonomia di pensiero, di movimento, dei cittadini, le istituzioni governative lo fanno sempre con molta sollecitudine perché ogni volta che si riduce il grado di autonomia, aumenta la capacità di controllo che il governo e le istituzioni hanno sulla gente.
Viene facile rispondere in termini di riduzione dei diritti, dell’autonomia di critica.
Quello che temiamo che possa succedere adesso è che possa esserci un arroccamento soprattutto dell’Occidente nei confronti dei propri cittadini.”
Ma “in sostanza” – conclude Milani – “alla fine il sistema democratico in Italia ha comunque vinto ed ha sconfitto il terrorismo.
“Alla violenza non si risponde con la violenza. Certamente è irriducibile il conflitto tra violenza e democrazia ma è nella misura in cui noi siamo in grado di cogliere il valore, l’importanza, l’esaltazione delle regole democratiche che possiamo anche sconfiggere il terrorismo.”
“Questa è la memoria che vi trasmettiamo oggi io Manlio. Questo fa parte della storia di questo paese. Non credo che si possa dimenticare.
Il problema non è arrivare a sapere chi è stato, perché ormai in gran parte lo sappiamo. Possiamo identificare alcuni nomi e cognomi, quel gruppo di Ordine Nuovo, di bombaroli …
E’ che dobbiamo sapere che queste cose sono accadute e non accadono soltanto in Siria o a Parigi. Sono accadute un po’ di anni fa da noi, ma possono sempre succedere se non stiamo attenti.”
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Silvia Berruto, bresciana, antifascista
– continua –
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