(Italiano) Il futuro della Nigeria
ORIGINAL LANGUAGES, 17 Oct 2016
Erika Degortes intervista Noo Saro-Wiwa – Centro Studi Sereno Regis
12 ottobre 2016 – In cerca di Transwonderland è il titolo di un libro splendido scritto da Noo Saro-Wiwa, scrittrice e giornalista anglo/nigeriana.
Coloro che conoscono la sua storia potrebbero aspettarsi un libro di lamentela o in cui domina l’atteggiamento di evidenziare il marcio. In realtà, il libro mostra come attraverso la conoscenza cresce l’empatia e anche i traumi del passato possono essere superati.
Il libro offre molto di più del semplice resoconto di un viaggio durato 5 mesi su e giù per il suo Paese di origine (per lungo tempo considerato il ricettacolo del suo risentimento), presenta una nuova prospettiva della Nigeria stessa mostrando il quadro di un Paese le cui bellezza e diversificazioni diventano tangibili. Qual è la ricetta? Parlare del passato, ricordare i conflitti irrisolti, mostrare al lettore, con onestà, le sfide del presente e immaginare un futuro per il Paese più densamente popolato di tutta l’Africa.
Nell’ambito del Dromos Festival, presso Baratili San Pietro (OR), sono stata invitata a partecipare, come interlocutore, a una conferenza e ho avuto il privilegio di incontrarla. Quanto segue è il risultato del nostro intenso dialogo sulla Nigeria di ieri, di oggi e di domani.
Erika: Qual è il futuro che vorresti per la Nigeria?
Noo: Mi piacerebbe vedere una Nigeria in cui le questioni etniche fossero sullo sfondo, non più la cosa più importante. Vorrei che la Nigeria fosse una meritocrazia in cui le persone possano arrivare al successo grazie al proprio duro lavoro, ai propri talenti e alle proprie capacità. Vorrei che questi attributi fossero rispettati, perchè noi abbiamo una classe politica miope rispetto ad essi. Inoltre, vorrei una Nigeria dove tutti abbiano un interesse (stake) e siano partecipi della società, perchè attualmente abbiamo un’economia che si basa esclusivamente sul petrolio e che non è adeguata alle esigenze della popolazione.
La classe politica si limita a incassare il denaro che viene dal petrolio e, visto che nessuno ha un peso (stake), in altre parole, visto che la democrazia non funziona, i politici non hanno motivo di ascoltare ciò che dicono le persone comuni.
Prendiamo società come l’Inghilterra, per esempio: ci sono molte piccole attività commerciali, le persone hanno diritti che riguardano la proprietà privata, il Governo riscuote le tasse e si appoggia sulle persone per le entrate, raccogliendole da fonti diverse. L’Inghilterra è stata abbastanza fortunata da evolversi sia politicamente che economicamente per cui ognuno conta e questo è ciò di cui abbiamo bisogno in Nigeria. I politici necessitano di pensare in questi termini: ‘ho bisogno di guadagnarmi il rispetto o l’approvazione di questa persona ordinaria che vive in una casa ordinaria in una strada ordinaria’.
Erika: Se avessi il potere di cambiare la situazione, che cosa faresti?
Noo: Ritengo che una cosa che manca ai nostri politici sia un senso di orgoglio nazionale. Non gli importa se la Nigeria è un Paese che vive al di sotto delle proprie capacità e che le persone, in giro per il mondo, non rispettano. È necessario cambiare questo aspetto e rendere le persone più empatiche. Ad esempio, molte persone che hanno figli dicono sempre: “avere figli ti rende una persona di gran lunga migliore” e io non ho mai capito cosa intendando dire perchè ovunque vedo persone che hanno figli ma a cui non importa niente dei figli degli altri. In una società veramente civile ci sarebbero persone che non potrebbero sopportare la vista di un bambino che muore di fame o che è male istruito o che possiede un visibile talento e non potrà mai farlo fiorire e io non riesco mai a capire come mai a queste persone manchi questo tipo di empatia. Lo trovo davvero strano. Penso che ciò di cui abbiamo bisogno siano quel genere di empatia e un vero senso di orgoglio che fanno sbocciare una nazione.
Erika: pensi che la tua visione sia compatibile con le aspirazioni che i nigeriani hanno per loro stessi?
Noo: Si. Penso che la Nigeria sia un Paese diviso. La maggior parte delle persone sono sensibili ed empatiche e fanno cose buone per il Paese ma abbiamo anche bisogno di istruzione. Ci sono persone in Nigeria che hanno ottime intenzioni ma dal momento che non sono istruite, che non capiscono di cosa ci sia bisogno per costruire una nazione, si attaccano alle proprie credenze. Si lamentano della corruzione all’interno del Governo e, allo stesso tempo, se qualcuno che proviene dalla loro stessa comunità entra a far parte del Governo, si aspettano che quella persona porti loro denaro! Insomma, ci sono alcune contraddizioni. Da una parte, la maggior parte dei Nigeriani si sente come me e ha le stesse aspirazioni, ma dall’altra ci sono ancora troppi nigeriani a cui tali aspirazioni non piacciono, e che, al contrario, agiscono e hanno aspettative che di fatto indeboliscono il Paese.
Erika: Tu hai utilizzato il termine ‘contraddizione’ e per noi peace workers ‘contraddizione’ è la definizione di conflitto (contraddizione intesa come obiettivi incompatibili). Quale pensi che sia, attualmente, la sfida più urgente per la società Nigeriana?
Noo: Prendiamo il problema del terrosirsmo nel Nord, il Boko Haram. Penso che la maggior parte delle persone ti direbbero che la povertà ha contribuito non poco. Ci sono molti uomini e giovani uomini che impugnano le pistole perchè quello è l’unico modo per ottenere il proprio ruolo nella società, è anche l’unico modo attraverso cui possono guadagnare il denaro per comprare cibo e per poter avere fidanzate e mogli. La povertà è ciò che li ha portati a quel livello, ma ora siamo in una situazione tale per cui non si possono attirare investimenti in quella zona proprio a causa di questo conflitto. Quindi è necessario risolvere il problema della povertà!
Erika: Cosa pensi si potrebbe fare per migliorare la situazione?
Noo: Questa è la domanda da un milione di dollari! I politici, prima di tutto, devono avere la volontà di cambiare la situazione. Non capisco perchè sembrano non essere interessati. Ovviamente c’è qualcosa sotto. Di solito, quando il Governo si rifiuta di prendere dei provvedimenti su qualcosa di specifico è perchè c’è sempre una ragione di cui non sai. O qualcuno trae vantaggio da una certa situazione, oppure le persone si servono di quell’aspetto per destabilizzare la situazione generale come quando, per esempio, Jonathan Goodluck era Presidente del Paese. Si sentivano molte dicerie, perchè un meridionale era Presidente, e per questo aleggiava un certo malcontento. I politici del nord hanno fomentato deliberatamente il terrorismo nel nord del Paese, per destabilizzare il Presidente. Non so se questo sia vero, potrebbe benissimo non essere vero, ma comunque….
È necessario avere politici che tengano al Paese ma a molti non interessa.
Per me il fatto di avere uno status così basso nel mondo e di versare in simili difficoltà economiche sarebbe sufficiente per dire ‘facciamo qualcosa’ ma non so cosa potrebbe spingere queste persone ad agire.
Penso che parte del problema, in Africa in generale, sia che abbiamo iniziato una fase di sviluppo e abbiamo ottenuto l’indipendenza in un periodo in cui il mondo è stato globalizzato. La classe politica può distruggere un Paese. Dal momento che viviamo in questo mondo globlizzato e connesso in cui lui o lei possono depositare il denaro in un conto in banca estero, in cui possono salire su un aereo, andare da altre parti, possono ricevere cure mediche, possono andare a fare spese a Milano o a Londra, non hanno problemi, non devono confrontarsi con i grandi problemi che abbiamo citato. Questo si vede nelle grandi città come Lagos dove ci sono persone che guidano macchine da 400.000 dollari. Questo tipo di globalizzazione è davvero problematica. Non si può cancellare, ma sento davvero che se i politici fossero costretti ad affrontare le conseguenze delle proprie azioni e se le loro azioni si ripercuotessero su di loro direttamente potrebbero essere incentivati a cambiare le proprie vite.
Erika: Nel tuo libro, In cerca di Transwoderland citi Lagos come esempio positivo dal punto di vista della convivenza. Cercare gli esempi positivi è ciò di cui una cultura di pace in generale, e di trasformazione pacifica del conflitto in particolare, ha più bisogno in risposta all’attuale cultura di morte e violenza. Siamo così abituati a intellettuali in generale, e a giornalisti in particolare, che sottolineano solo gli aspetti negativi, nutrendo una cultura di diffidenza. Quale pensi dovrebbe essere la missione di un giornalista?
Noo: Quando si va in un Paese o si entra in una situazione bisogna raccontare la storia, il più possibile, per intero. I media moderni non lo consentono spesso, specialmente i telegiornali, che rappresentano ciò da cui viene la percezione che dell’Africa ha la maggior parte delle persone. Si hanno uno o due minuti, quando si è fortunati, per fare il reportage di un Paese o di una situazione, per cui, la tendenza, comprensibilmente, è quella di concentrarsi su ciò che sta andando male, su quali sono i problemi. Per me è importante parlare delle cose positive ma anche di quelle negative. Non ho paura di parlare delle cose negative perchè c’è un motivo perché esistono. C’è un motivo per ogni cosa e non è mai il fatto che “queste persone sono inferiori di per sé ” o “stupide” o qualcosa del genere. È una concomitanza di fattori economici, storici, ambientali, culturali, ambientali che crea la situazione, e non si può risolvere un conflitto, a meno che non si comprenda la società da tutti i punti di vista. È importante discutere di tutti quei punti di vista, perché se i giornalisti enfatizzano costantemente solo aspetti quali le divisioni etniche per esempio, le persone iniziano a credere che “quello” sia “l’unico” problema e la vera questione rimane nascosta sotto le divisioni etniche. Possono esserci molti altri fattori che sono stati trascurati.
Serve un approccio olistico per esaminare la società sotto tutti gli aspetti. È necessario che ci ricordiamo di tutte le cose buone successe nel mondo. Sai, le persone possono essere molto ciniche e si rischia di finire in un mondo in cui tutti odiano tutti. Anche i politici hanno quella percezione, il che li autorizza a sfruttare gli altri perchè pensano che tutti siano terribili. È molto importante sottolineare gli aspetti positivi perché, credo, il 90% della razza umana è buona. Il mondo sarebbe un posto davvero caotico se anche solo il 50 % delle persone fossero malvagie. È necessario evidenziare la verità, il che include anche gli aspetti positivi.
Erika: In Nigeria ci sono forme di sfruttamento economico e manipolazione politica, come in qualunque altra parte del mondo, e tuo padre, Ken Saro-Wiwa, ha cercato di affrontare questi problemi in modo nonviolento. Quale pensi che fosse la sua visione? Per quel che ricordi, cos’ha fatto per coinvolgere altre persone, cosa pensi sia stato raggiunto e cosa rimane da fare?
Noo: Mio padre era una persona dalla vastissima cultura in molti campi. Era bravo in così tante cose e aveva così tante ambizioni!
Voleva una Nigeria dove tutti potessero soddisfare le proprie ambizioni, mettere a frutto i propri talenti, sia che fossero nel campo della manifattura o in campo letterario o nello sport. Questo era ciò che desiderava.
Ma voleva anche una Ogoniland, la regione da cui proveniamo, che fosse libera dall’inquinamento. La sognava con pescatori e contadini. Noi facciamo affidamento sulla terra e sui fiumi per cui questi DEVONO essere puliti! Senza questo non potremmo sopravvivere. Questo è il motivo per cui mio padre parlava di genocidio, perché da una parte c’è il Governo, che non ci permette di svilupparci economicamente, quindi siamo costretti a rimanere pescatori e contadini, dall’altra però, lo stesso Governo sta distruggendo quello stesso ambiente che ci permette di vivere per lo meno quella vita semplice. Se alle persone non è permesso vivere neppure quella vita semplice, allora di fatto, le stai uccidendo.
Mio padre immaginava una Ogoniland che fosse pulita, dove i bambini hanno accesso all’istruzione, questa era una cosa importantissima per lui, entrambi, maschi e femmine. Incoraggiava tutti a istruirsi, compreso studiare la geologia perchè è dalla terra che viene il petrolio. Lui voleva che le persone capissero in che modo viene estratto il petrolio e in che modo l’estrazione può compromettere l’ambiente. Questo per lui era un grande sogno.
In Nigeria il petrolio è l’unica fonte di guadagno e se la tua popolazione si espande da 100 milioni negli anni sessanta a 165 milioni attuali e non tutti hanno accesso alla ricchezza che viene dal petrolio, allora le persone cadono nella disperazione e iniziano a combattere.
Mio padre desiderava una società di stakeholders in cui le persone hanno delle piccole attività, dove tutti hanno accesso all’istruzione, dove nessuno deve appoggiarsi al “grande uomo” per essere aiutato. Questo è ciò che lui voleva.
È stato intorno agli anni ’80 quando ha sentito che doveva fare qualcosa per i problemi che c’erano nella regione degli Ogoni relativamente all’inquinamento e alla devastazione dell’ambiente e dal momento che era uno scrittore, era ben radicato nella comunità internazionale e per questo fu in grado di sollecitare l’aiuto di varie organizzazioni come The Body Shop, guidata da Anita Roddick, che sentiva un grande coinvolgimento per il problema degli Ogoni. Era una donna d’affari famosa, in particolare in Inghilterra, e fu in grado di diffondere il messaggio di mio padre. Inoltre, mio padre conosceva vari scrittori, fra cui William Boyd, uno degli scrittori britannici che aveva scritto appassionatamente della Nigeria. William Boyd sostenne il caso di mio padre e scrisse un articolo su di esso sul Times. Quindi il Times raccolse la causa di mio padre e ne diffuse il messaggio.
In più vi furono organizzazioni come Amnesty International, Green Peace, quindi sì, è stato molto fortunato ad avere contatti in tutto il mondo cosa che molti Ogoni non hanno, perché sono male istruiti, perché sono troppo poveri e perché non hanno la possibilità di incontrare altre persone.
Raggiungere altre persone, persone che avevano il potere di diffondere il messaggio, fu davvero importante.
Erika: Hai nominato Anita Roddick, la donna d’affari Britannica. Io ripongo molte aspettative sugli inglesi, in particolare sulle donne perché in passato sono state in grado di contribuire all’abolizione della schiavitù. Quale pensi possa essere oggi il contributo dell’Inghilterra?
Noo: Tornando al problema della globalizzazione, l’Inghiletrra è il posto dove molti Nigeriani corrotti investono il proprio denaro. La cosa migliore che l’Inghilterra può fare, che il Governo inglese può fare, è impedire che queste persone facciano questo. L’Inghilterra è una economia di libero mercato; gli piace prendere soldi da chiunque e dovunque. A un livello multilaterale, non so quanto potere abbia; sono le Nazioni Unite ad averlo davvero. Qualsasi cosa dica la Gran Bretagna uno dei quattro Paesi del Consiglio di Sicurezza potrebbe pensarla diversamente.
L’Inghilterra può tenere alta la pressione e rimanere critica. Certamente ci sono molti Nigeriani a cui non piace quando gli occidentali criticano i Governi Nigeriani/Africani e, di nuovo, questa è una contraddizione perchè anche ai Nigeriani può non piacere il Governo, ma a loro non piace quando l’uomo bianco lo critica a sua volta, perché questo è il vecchio affronto ma penso che dovremmo ignorarlo. Solo mantenere la pressione e non concedere ai politici quel tipo di rispetto e libertà di cui gli piace godere dalla loro posizione.
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Erika Degortes, è membro della Rete TRANSCEND per la Pace, lo Sviluppo e l’Ambiente, co-fondatrice del Galtung-Institut, ex direttrice di TRANSCEND Peace University-TPU.
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