(Italiano) La verità di Gandhi: porre fine alla violenza umana, un passo alla volta
ORIGINAL LANGUAGES, 2 Oct 2017
Robert J. Burrowes, Ph.D. | Centro Studi Sereno Regis – TRANSCEND Media Service
“Perché la violenza?” Una vita alla ricerca della risposta
Per sapere qualche cosa di Robert J. Burrowes vale la pena di consultare il suo sito: la prima frase che si trova scritta è questa: “If you live your dream, you have lived” – “se vivi il tuo sogno, hai vissuto”. Poi Robert racconta qualcosa della sua famiglia: una storia di guerre e di morti, di tragedie familiari. Nel 1966 – racconta poi Robert – quando avevo 14 anni decisi che avrei dedicato la mia vita a cercare risposta a due domande: perché gli esseri umani sono violenti? E come si può metter fine a questa violenza? La sue azioni da allora sono state animate dal desiderio di dare risposta a quei due interrogativi. E’ più di una passione – spiega ancora Robert – è la mia ragione di vita.
Robert Burrowes è membro della TRANSCEND Network for Peace, Development and Environment (Rete TRANSCEND per la pace, lo sviluppo e l’ambiente) ed ha dedicato la sua vita a comprendere e far cessare la violenza umana. Ha compiuto ampie ricerche, fin dal 1966, nello sforzo di capire perché gli esseri umani sono violenti ed è un attivista non violento dal 1981. È autore del libro Why Violence? (Perché la violenza?). Siti web in cui si possono leggere i suoi contributi sono: (Charter) (Flame Tree Project) (Songs of Nonviolence) (Nonviolent Campaign Strategy) (Nonviolent Defense/Liberation Strategy) (http://robertjburrowes.wordpress.com).
Sul sito del Centro Studi Sereno Regis sono state pubblicate le traduzioni di alcuni suoi articoli. Nei giorni scorsi, all’avvicinarsi dell’anniversario della nascita di Gandhi (2 ottobre 1869) e della Giornata internazionale della Nonviolenza, Robert ha presentato una riflessione che proponiamo in traduzione italiana ai nostri/e lettori e lettrici.
[A cura di Elena Camino per il CSSR]
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La ricorrenza di Gandhi Jayanti – il 2 Ottobre, offre l’opportunità di riflettere sulla violenza umana e di prendere in considerazione dei modi per porle fine. Ci può essere una via rapida per metter fine alla violenza umana, ma – se c’è – Gandhi non la conosceva. Né la conosco io. E neppure altri di cui ho letto o che ho interpellato. Ma questo non vuol dire che non ci siano vie per porre fine alla violenza umana.
Come potete leggere nei testi che vi segnalo (‘Why Violence?’ e ‘Fearless Psychology and Fearful Psychology: Principles and Practice’) la violenza può manifestarsi in tante forme, e può essere fermata, ma perché ciò avvenga occorre che molti di noi si impegnino a lavorare a questo scopo. Come notava Gandhi, “il futuro dipende da ciò che facciamo nel presente”.
In altre parole, perché la violenza umana abbia fine, occorre che individui e associazioni si dedichino a unire i loro sforzi per questo fine. Vi propongo allora qualche esempio di persone che in varie parti del mondo si sono impegnate in questa impresa, ciascuno a modo suo. E tutti/e voi siete invitati/e a seguirli.
Sua Altezza il Principe Simbwa Joseph è nato a Kampala, in Uganda, da una famiglia di stirpe regale. Egli aborrisce la violenza ed è impegnato in molte realtà associative: alcune si occupano di aiutare le persone in difficoltà, altre sono attive nel campo dei diritti umani. Attualmente ricopre la carica di dirigente della “Nsambu and Company Advocates”, uno dei più antichi e prestigiosi studi legali in Uganda e Africa Orientale, fondato nel 1970.
Tra i suoi impegni annovera anche quello di presidente della African Federation Association in Uganda, che fa parte del World Federalist Movement Institute for Global policy. Grazie alla collaborazione del Principe Simbwa il World Sustainability Fund e i suoi partners hanno accettato di dare un cospicuo sostegno finanziario (1,5 milioni di Euro) per aiutare l’Uganda a conseguire gli obiettivi di sviluppo fissati dalle Nazioni Unite (UN Millennium Development Goals). Come ha detto il Principe Simbwa:
“Oggi il mondo è in uno stato di tensione per tanti problemi causati da disparità sociali, economiche, politiche, e per le minacce di guerre nucleari. Siamo preoccupati, come cittadini globali, perché, se si verifica una escalation della violenza o delle guerre, tutti ne saranno intrappolati, quelli che sono coinvolti e anche quelli che non lo sono”.
Lily Thapa è la fondatrice e presidente, dal 1994, dell’Associazione “Women for Human Rights” (WHR) in Nepal. Questa Organizzazione Non Governativa è impegnata a creare una rete attiva di donne ‘singole’ a livello regionale, nazionale e internazionale. Lavora esclusivamente con e per queste donne sole, con l’obiettivo di difendere i diritti delle donne e di creare società giuste ed eque in cui la vita di ogni singola donna possa essere protetta e difesa.
Il WHR propone ufficialmente a livello nazionale di rifiutare l’appellativo di ‘vedova’ (“bidhwa” in Nepali) che ha una connotazione negativa e fa sentire umiliate le donne, e cerca di dare potere e dignità soprattutto alle donne che vivono sole. Come fa notare Lily, ci sono nel mondo 285 milioni di donne ‘singole’: le condizioni economiche di 115 milioni di loro sono al di sotto della linea della povertà, e 38 milioni di loro non hanno accesso alla giustizia per risolvere i conflitti in cui sono coinvolte. Di recente Lily è stata insignita di un riconoscimento – il South Asian ‘Dayawati Modi Stree Shakti Samman – che viene conferito ogni anno a una donna che abbia avuto il coraggio di sognare e sia riuscita a tradurre il suo sogno in realtà. Per sapere di più sulle attività del WHR si può consultare il loro sito.
L’impegno di John McKenna è invece dedicato a superare tutte le forme di discriminazione nei confronti di persone che hanno delle disabilità. In un suo recente articolo ( ‘What’s App?’) ha passato in rassegna una varietà di tecnologie messe a punto per mitigare certe difficoltà, per esempio dare assistenza a chi non vede, o ha dei problemi a esprimersi con la parola, o a chi incontra problemi con l’avanzare dell’età.
Durante una azione nonviolenta realizzata per portare l’attenzione del pubblico sull’orrore dei droni assassini, una nonna statunitense, Joy First, è stata arrestata insieme ad altri tre attivisti davanti alla sede della Wisconsin Air National Guard Base (Volk Field) durante una delle manifestazioni che ogni mese, ormai da 5 anni, vengono organizzate dalla “Wisconsin Coalition to Ground the Drones and End the Wars”. Il Volk Field è una delle sedi in cui si realizza il programma di guerra con i droni condotto dal governo USA in vari Paesi del Medio Oriente e dell’Africa. Al Volk Field il personale viene addestrato a operare con il RQ-7 Shadow Drone, che viene utilizzato per azioni di riconoscimento, sorveglianza e acquisizione del bersaglio. Per saperne di più su questo tema si può leggere l’ articolo di Joy Fist ‘Four Citizen Activists Arrested at Volk Field as they Attempt to Identify the Base as a Crime Scene’.
Father Nithiya è il coordinatore del Programma Nazionale dell’Associazione delle Famiglie Francescane in India (Association of Franciscan Families of India – AFFI). Il loro lavoro è concentrato su due campagne: una contro la violenza della povertà estrema, l’altra contro la violenza verso le donne (“Violence of Extreme poverty and hunger and the Right to Food Campaign” , “ National Campaign to Stop Violence Against Women”).
L’AFFI, grazie a una estesa rete di contatti a livello educativo, sociale e medico, ha messo in atto varie strategie per formare la violenza contro le donne – agendo specialmente nelle scuole e nei college – e operando contro numerose forme di violenza: selezione di genere, feticidio femminile, matrimonio di bambine, abusi, sfruttamento e prostituzione, violenza domestica (soprattutto legata all’alcoolismo maschile), disoccupazione femminile, ecc. L’AFFI ha prodotto anche un DVD e un fascicolo ricco di dati, tra cui anche suggerimenti per consulenze legali.
Uno dei numerosi campi in cui è attualmente impegnata, dal Nord Irlanda, Mairead Maguire, Premio Nobel per la Pace, è quello di sostegno al gruppo etnico dei Rohingya, attualmente bersaglio delle violenze del governo del Mayanmar e delle sue forze militari. In un recente appello firmato da Mairead e da altre quattro Premi Nobel e rivolto ad Aung San Suu Kyi le si chiedeva
“ quanti Rohingya ancora devono miìorire, quande donne stuprate, quante comunità annientate prima che tu alzi la voce in difesa di chi non ha voce? Il tuo silenzio non è in linea con la visione di ‘democrazia’ che tu stessa hai espresso per il tuo Paese, e per la quale tutti noi ti abbiamo sostenuta in questi anni”.
La Carta dei Popoli per creare un mondo nonviolento
Se qualcuno tra voi, lettori e lettrici, ha voglia di unirsi alle persone che vi ho presentato, e a tanti altri, individui e organizzazioni, che in 101 Paesi del mondo hanno preso l’impegno di lavorare per porre fine alla violenza umana, può firmare l’appello presente sul sito.
E se condividete la convinzione di Gandhi, che “la Terra offra a sufficienza per soddisfare le necessità di base di ogni persona, ma non l’avidità di ciascuno”, potete prendere in considerazione la possibilità di partecipare al Progetto “The flame tree Project PROJECT
To Save Life on Earth”, lanciato fin dal 2008 e indirizzato alle persone che intendono ridurre i loro consumi, aumentare la propria capacità di contare sulle proprie forze, e conseguire salute personale e sicurezza ecologica. Questo Progetto è dedicato alla memoria di Mohandas K. Gandhi, per la sua guida visionaria e il suo amore senza paura.
Ci saranno abbastanza persone a impegnarsi per porre fine alla violenza umana? E voi, ci sarete? Come ammoniva Gandhi, “ il timore di non ottenere il successo non è una scusa per non agire”. Non possiamo sapere quali saranno gli esiti delle nostre azioni, ma se non facciamo nulla non ci saranno risultati.
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Titolo originale: Gandhi’s Truth: Ending Human Violence One Commitment At A Time
Traduzione di Elena Camino per il Centro Studi Sereno Regis
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